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Home » Esteri

Come è andato il primo dibattito pubblico fra i candidati democratici alla Casa Bianca

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Nella sera del 13 ottobre, i 5 candidati democratici alle presidenziali si sono scontrati in diretta tv sul canale americano Cnn

I cinque candidati per la nomination democratica alle presidenziali americane del 2016 si sono riuniti la sera del 13 ottobre all’hotel Wynn di Las Vegas per il primo dibattito televisivo in diretta nazionale sulla Cnn

A dominare la scena per tutta la serata sono stati Hillary Clinton e Bernie Sanders, ai quali sono stati concessi rispettivamente 31 e 28 minuti di tempo dal moderatore del dibattito Anderson Cooper, nettamente superiori rispetto, ad esempio, ai 9 di Lincoln Chafee.

L’ex segretario di Stato Clinton, secondo i maggiori quotidiani statunitensi e internazionali, ha vinto questa prima sfida pubblica, dimostrando sicurezza ed esperienza non solo in politica, ma anche davanti a microfono e platea.

Bernie Sanders è riuscito comunque a distinguersi, soprattutto grazie al gesto di cavalleria con cui ha chiuso il dibattito riguardo allo scandalo delle mail che nei mesi scorsi aveva investito Hillary Clinton, accusata di aver spostato su un server privato la posta d’ufficio nel momento in cui ricopriva incarichi istituzionali.

La Clinton, incalzata sull’argomento, aveva risposto al conduttore, che le chiedeva chiarimenti in merito, sottolineando come quella fosse materia d’attacco da parte dei Repubblicani e assolutamente ininfluente in un dibattito tra i Democratici. Interrogando gli altri candidati, Anderson Cooper si è sentito rispondere da Sanders che si trattava di un argomento marginale su cui i media si erano focalizzati anziché preoccuparsi “della gente che perde il lavoro, del crollo del ceto medio e dei 27 milioni di americani che versano in condizioni di indigenza”.

La Clinton è riuscita così a evitare l’argomento più spinoso che avrebbe potuto dover affrontare durante la serata e ha stretto con calore la mano al suo avversario per ringraziarlo.

L’ex segretario di Stato ha comunque dovuto affrontare un tema che temeva e che nel 2008 le è costato la nomination contro Barack Obama: l’errore di aver sostenuto la guerra di George Bush del 2003 contro Saddam Hussein.

Sanders ha mostrato incertezze sui due argomenti su cui era considerato più attaccabile: le armi e il socialismo. La Clinton non ha mancato di sottolineare l’atteggiamento permissivo del suo avversario democratico, che venendo dallo stato rurale del Vermont dove quasi ogni famiglia possiede una pistola o un fucile, è più aperto di lei riguardo al diritto degli americani di tenere un’arma da fuoco nelle proprie abitazioni. Ha poi consigliato a Sanders, che aveva divagato parlando delle proprie visioni socialiste, di “pensare a riformare il capitalismo, anziché alla rivoluzione”.

I due candidati si sono trovati in disaccordo quando hanno commentato l’operato di Obama in Siria. Sanders, molto più cautamente, ha rispettato la scelta presidenziale di non istituire una no fly-zone sul territorio per non correre il rischio di lasciare troppo potere alla Russia che sta lanciando raid aerei contro l’Isis. Clinton invece ha sottolineato come un divieto di sorvolo in Siria sia una necessità.

Quando il moderatore ha chiesto a tutti i candidati quale fosse la propria particolarità, Hillary Clinton non si è sottratta dal dire che lei diventerebbe la prima presidentessa degli Stati Uniti, ma durante il dibattito ha sottolineato come questo non debba dipendere dal proprio cognome, ma dal fatto che possiede le capacità e le caratteristiche richieste per questo ruolo. 

Lo scontro ha scatenato meno polemiche della scelta della location, visto che l’hotel in cui si è tenuta la diretta della Cnn appartiene al miliardario ultraconservatore Steve Wynn. La decisione di organizzare il dibattito a Las Vegas, comunque, è simbolica e importante, visto che guadagnarsi il consenso nello stato del Nevada è fondamentale per vincere la poltrona alla Casa Bianca e perché dal 1912 a oggi tutti i presidenti eletti tranne uno avevano ottenuto la maggioranza dei voti in quello stato, prima che nell’intera nazione.

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