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Agli sgoccioli

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Un accordo trovato all’ultimo minuto salva i piccoli risparmiatori di Nicosia ma crea un precedente dalle conseguenze incerte.

Il primo ministro cipriota Anastasiades ha accettato a pochi minuti dalla mezzanotte di domenica le condizioni, dettate dall’eurogruppo, per ricevere 10 miliardi di euro in aiuti e salvaguardare quel poco che resta del paradiso fiscale sul Mediterraneo.

S&D

La Banca centrale europea, in mancanza di un accordo, avrebbe cessato di fornire il supporto necessario per la sopravvivenza delle due principali banche del Paese, la Bank of Cyprus e Laiki, che insieme controllano circa la metà dei depositi dell’isola. Senza l’assistenza dell’istituto guidato da Mario Draghi le due banche che formano l’ossatura dell’economia cipriota non sarebbero sopravvissute a lunedì, rendendo impossibile agli isolani accedere agli sportelli bancomat. Già nel fine settimana, la scarsità di denaro contante aveva portato alla temporanea chiusura di diversi esercizi commerciali tra cui le pompe di benzina, incapaci di pagare i propri fornitori.

In base alla nuova intesa, i piccoli risparmiatori con depositi sotto i 100 mila euro non sono più esposti ad alcun prelievo straordinario o partecipazione nelle perdite. Chi detiene depositi sopra i 100 mila euro nella Bank of Cyprus o in Laiki invece sarà colpito, e duramente. Quest’ultima sarà semplicemente chiusa e a rimetterci saranno obbligazionisti e grandi risparmiatori. La Bank of Cyprus invece sarà ristrutturata e ricapitalizzata. In questo caso i prestatori più ricchi perderanno circa il 30 per cento dei loro depositi. Inoltre, sono stati imposti controlli sui capitali in uscita dal Paese, allo scopo di evitare la fuga indiscriminata di risparmi dall’isola.

Per questa nuova soluzione non è necessaria l’approvazione del Parlamento (che martedì aveva respinto il precedente piano di salvataggio con 36 voti a 0) in virtù di una legge, approvata pochi giorni fa, che regola i fallimenti bancari e consente all’esecutivo di assumere decisioni in merito.

L’accordo rettifica molti errori contenuti nel piano negoziato dieci giorni fa, anche se non potrà salvare il defunto sistema finanziario cipriota e la sua attrattività per i grandi capitali esteri (in particolare russi). Infatti, a differenza di quanto emerso in precedenza, i piccoli risparmiatori non perderanno nulla e saranno oggetto del provvedimento solamente le due banche più problematiche.

Tuttavia, alcune dichiarazioni del presidente dell’eurogruppo, l’olandese Dijsselbloem, hanno seminato non poca preoccupazione nei mercati europei. Il ministro delle Finanze dei Paesi Bassi ha innalzato la ristrutturazione di Bank of Cyprus e Laiki a modello per il resto dell’eurozona, suscitando preoccupazione in chiunque abbia a cuore la solvibilità delle banche nei Paesi periferici o detenga risparmi sufficienti a essere bersaglio di un provvedimento del genere. A conferma di ciò, i titoli di Unicredit, Intesa SanPaolo e Société Générale sono tutti scesi del 6 per cento.

Poco dopo lo stesso portavoce di Dijsselbloem ha smentito le dichiarazioni più forti del ministro ma il messaggio è comunque passato. Se questo sarà un nuovo modello per le future crisi bancarie sarà certamente più equo e fiscalmente sostenibile, ad esempio, del salvataggio che ha dovuto sostenere l’Irlanda a partire dal 2008. Infatti, finora si è sempre cercato di evitare l’imposizione di perdite sui creditori degli istituti in difficoltà e nel caso irlandese gli enormi costi delle ristrutturazioni dovettero essere sostenuti dallo Stato, gravando sulle finanze pubbliche e imponendo una politica economica improntata all’austerità. Non è qui però che potrà trovarsi una soluzione alla debolezza delle banche europee.

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