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Afghanistan, la statua di un leader hazara ucciso dai talebani è stata fatta saltare in aria a Bamiyan

Immagine di copertina

I talebani hanno fatto saltare in aria una statua dedicata ad Abdul Ali Mazari, leader della minoranza sciita perseguitata hazara, nella provincia di Bamiyan, nel centro nord dell’Afghanistan, la stessa dove nel 2001 i cosiddetti “studenti coranici” distrussero le famose statue del Budhha, risalenti a 1.500 anni fa, perché considerate “idoli degli infedeli”. L’accusa arriva dai residenti locali della città afghana, che accusano i talebani di aver distrutto la scultura, mentre i combattenti respingono ogni addebito.

Abdul Ali Mazari, di etnia hazara, è stato un leader di spicco nella lotta contro i talebani. L’uomo, attirato a Kabul nel 1995 per una serie di finti colloqui di pace, fu sequestrato e poi ucciso dai combattenti fedeli al mullah Omar e il cadavere fu lanciato da un elicottero a Ghazni.

Fondatore del Partito dell’unità islamica dell’Afghanistan, Mazari è ancora considerato dagli hazara un campione nella lunga guerra che ha sconvolto il Paese: nel 2016 il leader fu insignito dal governo afghano del titolo di “Martire dell’Unità Nazionale” per aver sostenuto “la parità dei diritti per tutti i gruppi etnici”.

Tra gli hazara si contano per lo più fedeli musulmani sciiti, considerati eretici dai talebani che nel corso degli anni Novanta imposero una dura repressione contro questa comunità pretendendo persino il pagamento della jizya, un’imposta gravante su ogni cittadino non di fede islamica.

La minoranza sciita, che secondo diverse stime equivarrebbe una cifra compresa tra il 9 e il 12 per cento della popolazione afghana, è stata ripetutamente oggetto di attentati terroristici in Afghanistan durante gli ultimi 20 anni. Come l’attacco compiuto il 12 maggio 2020 presso il reparto maternità di un ospedale del distretto di Dasht-e-Barchi, nell’ovest di Kabul, abitato per lo più dalla comunità hazara.

Allora, nella struttura in cui operava anche Medici senza frontiere, furono trucidate in modo sistematico 16 partorienti, un’ostetrica di Msf, 2 bambini di sette e otto anni e altre 6 persone presenti sul posto al momento dell’attacco.

In questo stesso quartiere della capitale, dopo la caduta di Kabul, un gruppo di esponenti talebani ha partecipato negli scorsi giorni a una cerimonia sciita in vista della festività islamica di Muharram, che commemora la battaglia di Kerbala, nel corso della quale cadde il figlio di Alì, Husayn ibn Ali.

La notizia sembrerebbe confermare – almeno all’interno della capitale – la volontà del movimento dei cosiddetti “studenti coranici” di coesistere con la minoranza hazara in vista della rifondazione dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, nel rispetto di quella “amnistia” proclamata ieri dal portavoce Zabihullah Mujahid in tutto il Paese.

Di tutt’altro segno invece quanto accaduto nella provincia di Bamiyan, il che fa temere per le sorti della minoranza nel Paese, soprattutto alla luce delle accuse dei residenti locali. Eppure, un esponente talebano ha voluto smentire ogni responsabilità del gruppo nella distruzione della statua di Mazari.

In un’intervista al quotidiano locale online Etilaat-e RoozMaulvi Farooqi, un agente delle forze di sicurezza talebane a Bamyan, ha confermato la distruzione della scultura ma ha affermato che l’azione non è stata opera del gruppo. “Noi (talebani) non agiremmo mai in questa maniera, senza rivendicare l’atto”, ha sottolineato Farooqi. L’uomo ha poi aggiunto che il gruppo è alla ricerca dei responsabili.

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