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Home » Economia

La singletudine è un salasso (ignorato dalla politica)

Immagine di copertina
Credit: Unsplash

Persone non sposate o fidanzate. Ma anche vedove e separate o divorziate. I nuclei unipersonali in Italia rappresentano ormai un terzo delle famiglie. E spendono 564 euro al mese in più rispetto a chi divide le spese con altri. Eppure la politica e il mercato sembrano ignorarli

Single mio, quanto mi costi. Bollette, affitti, mutui: far quadrare i conti e riuscire ad arrivare a fine mese, magari mettendo qualcosa da parte, diventa per molti italiani sempre più un complesso gioco di equilibrismo, con il costo della vita via via più alto, specie nelle grandi città, e gli stipendi fermi al palo da decenni. 

Non è un caso, se in Italia si assiste ad un ormai costante calo del tasso di fecondità, come confermano i dati Istat pubblicati nelle scorse settimane. Con 1,18 figli per donna nel 2024, è stato superato il minimo di 1,19 del 1995, anno in cui vennero alla luce 526mila bambini, a fronte dei 370mila dello scorso anno. Quei pochi figli che si fanno, arrivano in età sempre più adulta. L’età media al parto, infatti, si attesta nel 2024 a 32,6 anni. 

Diminuiscono inoltre sempre più i matrimoni e soprattutto si registra un netto calo del numero dei componenti delle famiglie. Oggi oltre un terzo dei nuclei è formato da una sola persona (il 36,2%), mentre vent’anni fa questa tipologia rappresentava appena un quarto del totale (25,5%). Insomma, siamo un Paese formato sempre più da single. Con tutto ciò che ne consegue anche a livello economico. 

Chi sono
Chi convive può dividere le spese e dunque risparmiare, mentre chi vive da solo deve sobbarcarsi tutti i costi: casa, trasporti, spese alimentari e gli immancabili imprevisti. 

Essere indipendenti, dunque, ha un costo. Eppure gli italiani che vivono da soli continuano ad aumentare: sono, secondo l’Istat, oltre 8,8 milioni, circa il 15% della popolazione, con un balzo di oltre un punto percentuale in un solo anno. 

Il nucleo familiare tradizionale perde sempre più quota, quindi, lasciando spazio a modelli di vita alternativi. Una percentuale destinata a crescere anche nel futuro, per l’effetto combinato della crisi economica e dell’invecchiamento della popolazione. 

Ma chi sono i single oggi? La definizione di “persona sola” include diverse categorie: ci sono, infatti, i single da sempre, ovvero coloro che non si sono mai sposati, e rappresentano la maggioranza, il 41%, pari a oltre 3,6 milioni di persone. Seguono i vedovi, che costituiscono il 35% delle persone sole, vale a dire 3 milioni di italiani. Infine, ci sono i separati/divorziati che non si sono risposati, e rappresentano il 24%, più di 2 milioni di concittadini. 

A livello anagrafico, quasi la metà delle persone sole (il 47%) ha più di 65 anni, con una forte prevalenza di donne vedove a causa della maggiore longevità femminile. Tuttavia, è interessante notare come tra gli under 45 gli uomini single siano il doppio rispetto alle donne, un rapporto che tende a riequilibrarsi con l’età. 

Il gap con chi convive
La scelta di non sposarsi o convivere ha conseguenze non trascurabili dal punto di vista finanziario: è evidente, infatti, che diverse spese fisse, se divise a metà in una coppia, pesano molto meno rispetto a chi deve farci fronte da solo. 

Alcuni recenti studi hanno provato a calcolare qual è il costo di essere single. Secondo Moneyfarm, nota società di consulenza finanziaria, complici i livelli elevati di inflazione registrati negli ultimi anni, la spesa media mensile per chi vive da solo è passata dai 1.796 euro del 2021 ai 1.972 euro del 2023, con un minimo di 1.825 euro per gli over 65 e un massimo di 2.156 euro per chi è in età da lavoro, tra i 35 e i 64 anni. Cifre decisamente superiori rispetto a quelle stimate per una coppia, che affronta costi mensili pari a 2.816 euro, quindi, nell’ipotesi di suddivisione equa delle spese tra i due partner, 1.408 euro a testa. 

Mantenere la propria autonomia e libertà, vivendo da soli, può quindi essere considerato quasi un lusso. Secondo questi calcoli, infatti, i single spendono circa 564 euro al mese in più rispetto a chi convive. 

Dalle spese per la casa a quelle per gli svaghi o i ristoranti, sono diverse le voci in cui la differenza nei costi da affrontare tra single e coppie è più marcata. Chi è da solo spende innanzitutto molto di più per l’abitazione, tra gli affitti o i mutui e le bollette, con una differenza di ben 345 euro in più al mese (+65%). Se si sommano anche le spese destinate a mobili ed altri servizi per la casa, chi vive in due spende mediamente 587 euro a testa al mese, contro i 949 euro di chi vive da solo. 

Il risparmio per chi è in due riguarda anche le vacanze o le cene fuori, per il cosiddetto effetto “dessert con due cucchiaini”, che permette a una coppia di spendere “solo” 71 euro al mese per alberghi e ristoranti. Al contrario, per la pizza con gli amici o una camera in hotel, i single devono mettere in conto 100 euro al mese, e cioè 29 euro in più (+41%). 

I single sono penalizzati anche per quanto riguarda l’acquisto di generi alimentari, visto che il costo al chilo aumenta al diminuire della quantità acquistata: per cibo e bevande, chi vive solo spende in media ben 337 euro al mese, contro i 266 euro a testa di chi convive, con un maggior costo di 71 euro (+27%). 

Per le spese “indivisibili”, cioè legate alla persona, invece, il costo mensile non varia sensibilmente: ad esempio i single devono sostenere spese per trasporti e servizi sanitari superiori di appena, rispettivamente, il 6% e il 15% rispetto a chi è in coppia. 

Più si convive, quindi, più si riesce a mettere qualcosa da parte a fine mese. Moneyfarm ha calcolato quanto avrebbero messo da parte, al compimento dei 50 anni, tre persone che avessero deciso di andare a convivere in età diverse e di dividere a metà le spese con il proprio partner. I risultati sono incredibili: chi inizia a convivere a 45 anni, quando ne avrà 50 avrà risparmiato 33.839 euro. Chi mette su casa con il partner a 35, arriverà a 50 con un gruzzolo di 101.516 euro. Chi parte a 25 anni, si ritroverà ben 169.194 euro di risparmi. 

Inoltre, se il risparmio – citato sopra – di 564 euro mensili venisse investito, a 50 anni si potrebbe disporre di un capitale di addirittura 240.268 euro. 

«Quello che emerge dall’analisi – ha spiegato al Corriere della Sera Davide Cominardi, Investment Consultant Manager di Moneyfarm – è che la solitudine è una scelta che può avere conseguenze importanti anche dal punto di vista economico. La vita di coppia, al contrario, consente di ammortizzare diverse voci di spesa, con un risparmio che aumenta al crescere del periodo di vita insieme. E che diventa particolarmente efficiente se accompagnato da un piano di investimenti».

Dati simili vengono forniti anche da un’altra analisi, realizzata da Coldiretti. Secondo l’associazione per gli oltre 8,8 milioni di persone che vivono da sole in Italia il costo della vita è più alto del 40% rispetto alle coppie e può arrivare al +80% se si confronta con un nucleo familiare medio di tre componenti. 

Cittadini di serie B
I single, come detto, rappresentano ormai una famiglia italiana su tre. Un tema di cui, anche nel dibattito politico, si parla molto poco. Nell’ampio ombrello delle persone sole, è bene ricordarlo, ci sono anche i vedovi, i separati e i divorziati. Milioni di italiani per i quali il fatto di non stare in coppia non è una scelta legata alla voglia di indipendenza. 

A causa, inoltre, del costante invecchiamento della popolazione, aumenta sempre più il numero di anziani rimasti in casa da soli che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. A subire maggiormente il divario sul costo della vita, infatti, sono proprio gli anziani, con gli over 65 che nella categoria delle famiglie unipersonali sono oltre 4,1 milioni di persone. 

«A prescindere dalla natura della scelta dello stare soli, è un fatto che dal punto di vista economico la vita da single diventa sempre più complicata. La spesa media per alimentari e bevande di un single – sottolinea Coldiretti – è di 337 euro al mese, mentre quella a testa di una coppia è di 266 euro, che scende a 220 per una famiglia tipo di tre persone». 

Secondo gli esperti di Coldiretti, chi vive da solo sarebbe più propenso ad acquistare pietanze già pronte o a ordinarle a domicilio, piuttosto che cucinare, disincentivato dal fatto di non dover preparare per altre persone, oppure per il poco tempo a disposizione in mancanza di qualcun altro con cui dividere le faccende di casa. 

«Basta guardare al divario tra la spesa per le pietanze già confezionate per essere consumate e quello, ad esempio, per la carne. Nel primo caso i single spendono il 60% in più rispetto a quella pro-capite di una coppia, mentre nel secondo il divario è di appena il 18%. Un problema per le tasche ma anche per la salute – lancia l’allarme l’associazione – considerato che si tratta spesso di cibi ultra-formulati, con l’aggiunta di aromi, esaltatori, di sapidità, emulsionanti, edulcoranti, addensanti, agenti anti-schiuma, glassanti e molto altro, in varie fasi della produzione».

Se si guarda all’abitazione e alle bollette per le persone sole – continua Coldiretti – l’aumento di costi è di oltre il 60% rispetto alle coppie, e del 156% se confrontato con la media pro capite di un nucleo tipo di tre persone. 

Insomma, dall’abitazione alle spese alimentari, passando per le vacanze e gli svaghi, vivere da soli – che sia una scelta o meno – ha un impatto significativo sulle finanze personali. Con evidenti conseguenze sulla qualità e lo stile di vita. Temi di cui anche lo Stato dovrebbe occuparsi, mentre invece le politiche a favore di queste famiglie unipersonali sono quasi nulle. Vivere soli costa moltissimo anche perché la maggior parte delle agevolazioni e bonus riservati ai ceti medio-bassi riguardano famiglie o persone con figli. 

«Il problema vero è che la nostra società, e non parlo solo della politica, ma anche del mercato, non si è ancora adattata a questa nuova realtà. Se da una parte le misure sociali e assistenziali si rivolgono solo alla ormai mitologica famiglia tradizionale, escludendo chi vive solo dai benefici fiscali e politiche attive, dall’altra, anche le aziende ignorano o quasi chi è solo. Pensiamo alla spesa alimentare, le monoporzioni sono un miraggio, e quando ci sono hanno prezzi da capogiro. In più, vivere da single in un contesto disegnato per nuclei di più persone, comporta inevitabilmente degli sprechi, che incidono sul bilancio personale», ha spiegato a Rame il vicepresidente di Federconsumatori Fabrizio Ghidini. 

Il rischio concreto è dunque quello di creare cittadini di serie B, con milioni di persone costrette ad affrontare una vera corsa ad ostacoli nella vita quotidiana per riuscire a far quadrare i bilanci.

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