“Il caso Milano-Cortina ci dimostra che uniti si corre più veloce”: intervista all’ing. Pellegrini (Mit)
“I Giochi ci lasceranno una cultura di accelerazione nei tempi di realizzazione delle opere. Tutti gli enti hanno fatto quadrato per centrare gli obiettivi. E mai come stavolta i benefici saranno estesi su più territori”. Colloquio con Elisabetta Pellegrini, prima donna a capo della Struttura Tecnica di Missione del Mit
Ingegner Pellegrini, dal punto di vista dei Paesi ospitanti, la storia ci dice che le Olimpiadi in alcuni casi hanno lasciato dietro di sé buchi finanziari ed ecomostri e in altri hanno rappresentato invece una formidabile leva di rilancio. A sette mesi dal via ai Giochi invernali di Milano e Cortina, quale strategia è stata adottata per fare in modo che si verifichi il secondo scenario?
«I Giochi del 2026 saranno i più diffusi di sempre. Saranno Olimpiadi e Paralimpiadi estese su una superficie che va da Milano a Cortina, fino anche a Trento e Bolzano, coprendo un’area di oltre 22.000 chilometri quadrati. Si tratta di una strategia deliberata, per distribuire i benefici e le opere su più territori, sia in luoghi di città sia in luoghi di montagna: questo dovrebbe rappresentare la garanzia che otterremo un risultato positivo. In più, ci siamo dotati di Simico, una società in house del Ministero, costituita con il compito di gestire la realizzazione delle opere necessarie allo svolgimento dei Giochi e di altre infrastrutture che resteranno in eredità ai territori coinvolti. La collaborazione con Simico ci consente di monitorare puntualmente lo stato di attuazione dei lavori e di rilevare tempestivamente eventuali inconvenienti di carattere sia finanziario sia tecnico che dovessero verificarsi».
In che modo il Ministero si interfaccia con Simico?
«Simico, come detto, è una società in house, cioè una società controllata interamente dallo Stato, che opera come una sorta di “braccio operativo”. Tutti gli atti fondamentali che emana passano da un comitato che fa capo al Ministero, il quale è chiamato a validare l’azione della società. L’amministratore delegato (Fabio Massimo Saldini, ndr) è in continuo contatto con il Mit, nello specifico proprio con la Struttura Tecnica di Missione, che, per decreto formativo, porta avanti un’azione di monitoraggio costante di tutte le opere strategiche per il Paese».
E che rapporto avete con gli altri enti coinvolti nei lavori connessi alle Olimpiadi?
«Ottimi: in pieno spirito olimpico, siamo riusciti a giocare di squadra e in sinergia con tutti. Le Regioni Lombardia e Veneto e le Province Autonome di Trento e Bolzano, che hanno avuto un ruolo molto importante nella fase della candidatura e nell’ottenimento dell’assegnazione dei Giochi, oggi sono socie sia di Simico sia della Fondazione Milano Cortina: abbiamo con loro, così come con i Comuni interessati, un rapporto diretto, anche perché le opere, sebbene commissariate, devono essere approvate in Conferenza di Servizi, una sorta di tavolo dove tutti gli enti si riuniscono per esprimere i propri pareri su un progetto. C’è una grande unità di intenti anche con le altre Amministrazioni centrali coinvolte, penso ai Ministeri della Cultura e dell’Ambiente. In generale, tutti hanno dimostrato sin da subito grande disponibilità nel valutare insieme, già in fase di progettazione, le soluzioni tecniche più efficaci per ottenere i pareri necessari e ridurre i tempi di realizzazione. Insomma, si è affermato un forte spirito di collaborazione, peraltro abbastanza inedito nel caso delle opere ordinarie. Qui si è capito che era necessario fare quadrato per centrare i tempi».
Le Olimpiadi, quindi, sono anche un’occasione per velocizzare i tempi di realizzazione di certi lavori pubblici attesi da anni. È così?
«Certo. Con questi Giochi terminiamo, sblocchiamo e finanziamo opere necessarie, anche sfruttando ciò che abbiamo imparato dal Pnrr, applicando procedure agevolate. Non solo: ritengo che sia stato molto importante anche utilizzare tecnologie innovative come il Bim (Building Information Modeling, un processo e una metodologia che sfrutta modelli 3D intelligenti, ndr). Il ricorso al Bim ha ricevuto alcune critiche, ma è una risorsa importante da un punto di vista tecnico, sia nella realizzazione sia, ancor più, nella gestione. Simico ha investito molto su questo».
A sette mesi dal via, però, sul sito online di Simico si legge che 40 cantieri su 94 (il 42%) devono ancora partire. Sarà tutto pronto in tempo per la cerimonia inaugurale?
«Sì. I dati aggiornati ad oggi, che speriamo di riuscire a rappresentare presto, parlano chiaro: per quanto riguarda le opere olimpiche, quelle cioè che devono necessariamente essere pronte entro la data di inizio dei Giochi, su 45 infrastrutture sportive abbiamo 24 cantieri aperti e 8 già conclusi. In altre parole, oltre il 70% delle opere è già pienamente in corsa. Nei giorni scorsi, inoltre, sono stati appaltati i lavori per la nuova funivia Apollonio-Socrepes a Cortina e per il restauro del trampolino storico di Cortina. Ci sono poi altre infrastrutture, quelle che noi definiamo di “legacy” perché resteranno in eredità ai territori. Molte persone non sanno che in molti casi abbiamo valutato, soprattutto per le opere stradali, che fosse più opportuno effettuare i lavori dopo l’evento olimpico e paralimpico, in modo da evitare di avere cantieri aperti durante i Giochi. Insomma, nell’opinione pubblica i Giochi sono la fine di tutto, mentre noi li abbiamo intesi come un’opportunità di rilancio. In questo senso, mi lasci aggiungere che gli investimenti pubblici hanno dato la “stura” anche a una serie di investimenti privati: basta andare oggi nelle località coinvolte per rendersene conto. Cortina, per esempio, aveva un parco alberghi fortemente identitario ma anche piuttosto vetusto: grazie al traino delle Olimpiadi, molti albergatori hanno deciso di avviare profondi interventi di rinnovamento. Entrando in paese, fa effetto vedere tutte quelle gru. E molti altri investimenti privati matureranno in scia all’evento olimpico».
Rispetto alle stime di partenza, i costi sono lievitati: nel 2019 si parlava di 1,5 miliardi di euro, adesso si è arrivati oltre quota 5 miliardi. Com’è stato possibile?
«Sui costi bisogna fare chiarezza: non è avvenuto nulla di anomalo. Nel 2019, ai tempi della candidatura di Milano Cortina, le Regioni presentarono al Comitato Olimpico Internazionale un dossier che prevedeva, sì, la realizzazione di una serie di opere, ma sulla base di valutazioni parametriche di massima. Non c’erano ancora dei progetti veri e propri: solo negli anni seguenti, dopo l’assegnazione dei Giochi, si è passati a una progettazione più puntuale con previsioni di costi effettive. In secondo luogo, come è noto, dal 2019 a oggi la pandemia, le guerre e altri fattori hanno determinato un forte aumento dei prezzi che ha investito praticamente tutti i settori a livello mondiale. Quindi, se consideriamo questi fattori e l’inflazione che ha provocato rincari ovunque, direi che i costi di Milano Cortina sono cresciuti in misura non anomala».
Quando si tratta di realizzare un grande piano di lavori pubblici, scatta spesso l’accusa di «colata di cemento». Nella realizzazione del Piano delle opere olimpiche, in che modo viene tutelata la sostenibilità ambientale?
«L’intero evento ha superato la Valutazione Ambientale Strategica. In più, ogni singola opera rientrante nella casistica prevista dal Codice dell’Ambiente è stata sottoposta a Valutazione di Impatto Ambientale e a Valutazione di Incidenza Ambientale, con tutte le prescrizioni del caso. È ovvio che qualsiasi intervento si faccia sul territorio ha un costo non solo in termini finanziari ma anche di carattere ambientale, ma questa non è una buona ragione per non fare più niente. Anche l’assoluta immobilità ha un impatto di carattere ambientale. Posso farle un esempio?».
Prego.
«Pensiamo all’impianto a fune di Socrepes, che ha avuto alcune contestazioni. Chi ci accusa di non tutelare i prati di quella salita dimentica che, se non facessimo la funivia, tutti coloro che vogliono raggiungere la stazione di mezzo per poter andare a sciare o per assistere alle gare olimpiche di discesa femminile dovrebbero arrivare con le loro auto private a mezza costa, lasciandole parcheggiate nei prati della stazione di mezzo. Faccio sinceramente fatica a comprendere quale possa essere il danno di questa infrastruttura, che ha superato una Valutazione di Impatto Ambientale e rispetta tutta una serie di prescrizioni sia durante l’esecuzione dei lavori sia a opera ultimata».
Un altro tema su cui occorre prestare molta attenzione è quello dell’accessibilità, in particolare in vista delle Paralimpiadi. Gli impianti e le nuove infrastrutture saranno alla portata di tutti?
«Per questi Giochi, la progettazione paralimpica ha guidato quella olimpica. Abbiamo applicato il principio del “design for all”, avviando una stretta collaborazione con il Ministero per le Disabilità, e in particolare con la ministra Locatelli, sempre molto attenta e sensibile a questo aspetto, e posso dire con orgoglio che ogni infrastruttura sarà pienamente accessibile. Vorrei ricordare in particolare il caso dello Sliding Centre “Eugenio Monti”, che abbiamo inaugurato la scorsa primavera, e che è l’unica infrastruttura sportiva al mondo di questo tipo che permette il pieno accesso alle persone con disabilità. Un altro esempio che cito volentieri, anche perché sono di lì, è quello dell’Arena di Verona, che ospiterà la cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici. In passato, diverse persone con disabilità hanno presentato dei ricorsi – poi accolti – perché lamentavano l’impossibilità di fruire correttamente dell’infrastruttura durante gli eventi. Abbiamo colto l’occasione dei Giochi per intervenire: è prevista l’installazione di un ascensore che consentirà anche a chi ha difficoltà motorie di raggiungere il punto più alto dell’anfiteatro, e saranno realizzati ulteriori interventi per migliorare l’accessibilità complessiva dell’infrastruttura, non solo all’interno dell’Arena ma anche lungo i percorsi cittadini che vi conducono. Ormai il tema dell’accessibilità – che riguarda anche le persone anziane, soprattutto in una società come la nostra in cui l’età media avanza sempre più – è entrato nel Dna di chi gestisce e realizza questi eventi e queste opere. È un grandissimo valore aggiunto per questi Giochi e un’eredità culturale che l’evento olimpico lascerà dietro di sé nei territori coinvolti».
Per concludere, cosa resterà ai territori del Nord-Est dopo la fine dei Giochi?
«Rimarranno certamente le infrastrutture, sportive e non. Poi ci sarà un grandissimo indotto economico. Ma io credo che le Olimpiadi e le Paralimpiadi invernali porteranno anche una cultura di accelerazione nei tempi di realizzazione dei lavori, oltre a una perizia per opere di questo tipo. Tutti gli enti coinvolti hanno fatto quadrato per poter accelerare sia gli iter approvativi sia quelli realizzativi. Inoltre, i Giochi lasceranno dietro di sé Simico, una società già rodata e testata in grado di affrontare, chissà, qualche altra avventura o sfida: sarebbe un peccato, da un punto di vista tecnico, perdere le professionalità e l’organizzazione che sono state costruite all’interno della società. Vedremo se questa eredità sarà raccolta».