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Home » Economia

Focolaio Covid in Cina, tre porti paralizzati: “Peggio della crisi di Suez”

Immagine di copertina
Il porto di Yantian, in Cina meridionale. Credit: EPA/ADRIAN BRADSHAW/ANSA

Un nuovo focolaio nel cuore industriale della Cina meridionale rischia di aumentare i ritardi e i costi del commercio marittimo internazionale

La diffusione della variante Delta del nuovo Coronavirus in Cina meridionale sta mettendo a dura prova il commercio marittimo mondiale, provocando quella che gli esperti considerano una crisi peggiore di quella del Canale di Suez, bloccato a marzo dalla Ever Given per ben sei giorni.

S&D

Da un paio di settimane, decine di navi sono ferme davanti allo Yantian International Container Terminals, nel porto di Shenzhen, in attesa di poter scaricare le proprie merci, mentre altre in arrivo sono state dirottate verso diversi scali, dove però comincia a farsi sentire l’epidemia di Covid. La crisi è legata a un focolaio di Coronavirus emerso a maggio nella provincia meridionale cinese del Guangdong, da cui passa quasi il 24 per cento delle esportazioni totali del Paese asiatico.

I primi casi sembravano coinvolgere per lo più le comunità vicine allo scalo di Yantian, ma il focolaio si è poi esteso anche al porto di Shekou e al resto del capoluogo Shenzhen. L’epidemia ha quindi raggiunto il cuore industriale della provincia cinese, costituito dalle città di Guangzhou e Foshan, arrivando a provocare una serie di restrizioni anche nel porto di Nansha, uno degli scali in più rapida crescita della regione che avrebbe dovuto gestire parte del traffico deviato da Yantian.

Secondo una nota diramata di recente dal governo regionale di Shenzhen, lo Yantian International Container Terminals è diventato uno scalo fondamentale per la Cina, l’Europa e gli Stati Uniti, transitandovi ogni settimana circa 100 navi, di cui il 60 per cento dirette verso il vecchio continente e l’America. All’inizio di giugno, in porto vi erano almeno 23 mila container in attesa di essere esportati.

Le autorità locali hanno confermato per un’altra settimana le misure adottate per contenere l’epidemia, rallentando ulteriormente le operazioni. Stando all’ultimo bollettino diramato dal colosso danese Maersk, i ritardi previsti per il transito da Yantian ammontano ormai ad almeno 15 giorni. Secondo un’analisi della piattaforma logistica Project44, si va da un minimo di uno a un massimo di 18 giorni di attesa per lo scarico dei container nello scalo cinese.

Oltre alle decine di imbarcazioni all’ancora fuori dal porto, a Yantian sarebbero in arrivo almeno altre 47 navi porta-container, di cui circa un terzo già in ritardo, facendo temere per un prolungarsi della congestione del traffico marittimo nella regione anche nelle prossime settimane. Così, la crisi degli scali cinesi ha causato crescenti ritardi nelle spedizioni marittime internazionali, andando ad acuire il problema dell’aumento dei costi in tutto il mondo.

Secondo la rivista di settore Maritime Executive, nell’ultimo anno i costi di trasporto navale tra la Cina e la costa occidentale degli Stati Uniti sono cresciuti del 156 per cento, quelli per le spedizioni marittime verso la costa orientale statunitense hanno registrato un aumento del 162 percento, mentre i prezzi delle merci trasportate via mare dalla Cina al Nord Europa hanno subito un incremento addirittura del 535 per cento.

Quest’impennata è dovuta in particolare al combinato disposto tra la ripresa della domanda mondiale e il sussistere delle restrizioni per contenere la Covid-19 che alternativamente causano ritardi o aumentano singole voci di costo. Il blocco del cuore industriale cinese, impegnato alacremente a gestire i volumi record delle esportazioni verso il resto del mondo, non può che acuire il problema.

La combinazione di un elevato livello della domanda internazionale, una contenuta capacità di gestione dei carichi e un aumento dei tempi di permanenza lungo la costa cinese rischia infatti di ridurre ulteriormente l’offerta di container destinati a trasportare merci in Europa e negli Stati Uniti, inasprendo una situazione non rosea.

Attualmente, secondo il Corriere Marittimo, oltre 300 navi porta-container attendono di entrare nei porti di tutto il mondo, pari al circa il 5,5 per cento della flotta globale di queste imbarcazioni, che ammonta a 5.400 unità. La congestione non riguarda soltanto la Cina ma anche i porti statunitensi di Los Angeles/Long Beach e Seattle e i più importanti scali del Nord Europa.

Tuttavia, la congestione dei porti della Cina meridionale ha sicuramente avuto un effetto negativo su di un panorama internazionale già in difficoltà. Secondo l’esperto Lars Jansen, citato dal Corriere Marittimo, il tasso dei noli per il trasporto marittimo tra l’Asia e la costa orientale degli Stati Uniti sul Freightos Baltic Container index (FBX) è salito a 8.964 dollari per container, in aumento di 1.495 dollari in un solo giorno, dopo i record raggiunti alla metà del mese di maggio, già ai massimi da 12 anni.

 

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