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Home » Economia

Morti misteriose, lingotti d’oro, guerre di potere: ecco tutti i segreti della famiglia Agnelli-Elkann

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ANSA

Del fascino di Gianni Agnelli e della raffinata delicatezza di suo padre Umberto, Andrea Agnelli ha davvero poco. Il monociglio, una lieve esoftalmia, una strana ineleganza anche quando veste sartoriale. Nel suo ultimo libro “Agnelli Coltelli”, una bibbia di 728 pagine sulla famiglia più famosa d’Italia (editore Vallecchi), Gigi Moncalvo riporta l’efferato giudizio di Michele Masneri: «L’Agnelli sbagliato».

S&D

Sbagliato di sicuro è stato il momento storico in cui il quarto Agnelli della famiglia ha presieduto la squadra più titolata del Paese. Perché, sempre per dirla con Moncalvo, «sul suo cammino ha trovato John Elkann». Andò meglio agli altri tre Agnelli che guidarono i bianconeri: Edoardo, padre di Gianni, era diventato presidente della Juventus nel 1923 e lo rimase sino al 1935, quando perse la vita in un incidente aereo.

Dopo di lui Gianni, dal 1947 al 1954. Poi suo fratello, Umberto, che, nel 1956, a soli 22 anni fu il più giovane presidente bianconero.

È nel 2010, invece, che Andrea assume la presidenza della Juve, mentre sul trono dell’impero di famiglia siederà suo nipote Jaki. Nipote e non cugino. Infatti John Jakob Philip Elkann, è il figlio primogenito del giornalista bon vivant Alain e di Margherita Agnelli, cugina prima del dimissionato presidente della Juventus e figlia di Gianni e Marella Caracciolo di Castagneto. 

Proprio Jaki, amministratore delegato di Exor, ha costretto Andrea alle dimissioni per poi immediatamente indicare alla guida bianconera una vecchia conoscenza degli Agnelli: il commercialista di famiglia, Gianluca Ferrero detto, amichevolmente, “il Contabile”. 

Silenzio
Il cinismo a Jaki non manca. Non è mai mancato a tutta la famiglia, per la verità. A cominciare dalle terribili storie sepolte nella memoria. Una per tutte la misteriosa morte di Giorgio Agnelli, il sesto dei sette figli di Edoardo, primogenito del capostipite, il senatore Giovanni, e della principessa Virginia Bourbon del Monte di San Faustino. Dunque fratello di Gianni e di Susanna, che richiesero per lui il ricovero coatto in una clinica per malati psichiatrici.

Lo dicevano matto, ma pare che volesse solo vendere a estranei il suo pacchetto azionario. Lo trovarono senza vita sotto la finestra della stanza della clinica per malattie mentali dove lo avevano rinchiuso. Le circostanze della sua morte non furono mai chiarite.

Così come misterioso rimane il ritrovamento del cadavere del figlio maggiore dell’Avvocato, Edoardo. L’agnello nero. La sua morte, avvenuta il 15 novembre del 2000, fu assai frettolosamente archiviata come suicidio. Avrebbe dovuto aver fatto un volo di oltre 70 metri, lanciandosi da un viadotto della Torino-Savona.

Eppure il corpo fu ritrovato integro, le scarpe ai piedi, la cinta dei pantaloni chiusa, il motore della macchina con cui era arrivato per compiere il suo ultimo gesto, acceso. Nessuna ferita sul volto. La scorta che lo teneva sotto controllo notte e giorno, non si era accorta che fosse uscito. Anzi, da quattro giorni lo aveva perso di vista. Stranezze vere, come quelle che avevano riguardato 35 anni prima suo zio. 

Ma la più curiosa caratteristica di famiglia è il silenzio. Quello che avvolse la morte di Giorgio. Quello che ha immediatamente coperto la tragica scomparsa di Edoardo, a soli 46 anni. Quello che riguarda la guerra senza esclusione di colpi che, dalla scomparsa di Gianni Agnelli nel gennaio del 2003, vede l’un contro l’altro armati nonne, mamme, figli, nipoti in una guerra per i soldi che neppure Hollywood avrebbe potuto immaginare. Una vicenda rigorosamente tenuta sotto un silenzio osservato da tutta la stampa italiana, tranne poche eccezioni. 

Gli “usurpatori”
Certo, il gruppo capitanato da Jaki Elkann di giornali ne possiede tanti, dall’house organ storico della Fiat, La Stampa, a La Repubblica, Il Secolo XIX, oltre che testate locali e radio come Deejay, Capital, M2o. Se non bastasse, direttamente o indirettamente, Exor alimenta e foraggia con la sua pubblicità tutto il (povero) sistema informativo nazionale.

Facile, dunque, che ci si autocensuri nel riferire e raccontare la saga nata intorno alla infinita eredità di Gianni Agnelli e alle ancora più strane modalità con cui suo nipote è stato incoronato successore, a dispetto degli altri, altrettanto legittimi, pretendenti.

Roba grossa, a giudicare dalle stesse parole documentate, nero su bianco, da Margherita l’unica erede vivente, pardon, figlia, di Gianni Agnelli.

«Oggi, quello che mi lascia stupefatta non è la mia ingenuità, né la mia fiducia, ma la malafede, l’astuzia, la violenza morale e psicologica, la disonestà con cui tutto quest’affare è stato condotto», dice Margherita Agnelli, già Elkann, ora contessa de Pahlen, nella prefazione del libro inedito di Marc Hürner, “Les Usurpateurs, l’histoire scandaleuse de la succession de Giovanni Agnelli”.

Un libro edito dalla casa editrice Des Syrtes, di proprietà del secondo marito di Margherita, il conte russo Serge de Pahlen, e tirato solo in una decina di copie. Opera nella quale, con un’incredibile quantità di documenti, citazioni, testimonianze e retroscena Margherita racconta quello che, se fosse vero, sarebbe il raggiro del secolo: l’accordo con il quale, il 18 dicembre 2003, lei stessa ha rinunciato a pretendere quello che le spettava, cioè il 50% di tutti i beni del defunto padre, in cambio di qualche spicciolo, un miliardo e 166 milioni di euro, più un altro centinaio di milioni per i beni paterni in Italia, oltre la nuda proprietà di un ricchissimo patrimonio immobiliare e una collezione di arte moderna e contemporanea di 115 quadri. Collezione che oggi è valutata in oltre 2 miliardi di euro. 

La vicenda è straordinariamente complessa ed intricata. Margherita sostiene di essere stata ingannata sul reale valore dei beni appartenuti al padre: della società cassaforte, la “Dicembre”, le sarebbe stato nascosto il reale valore, mentre le sarebbe stato occultato un preciso inventario di quello che Gianni Agnelli aveva accumulato negli anni.

Margherita si rivolse già nel 2007 alla giustizia, ma perse la causa con cui chiedeva il rendiconto delle proprietà. Oggi, dopo la morte della madre Marella Caracciolo, avvenuta nel febbraio del 2019, la sua unica figlia ha impugnato i tre testamenti svizzeri lasciati dalla nobildonna, nei quali solo i tre nipoti Elkann sono indicati come eredi.

E lo ha fatto anche davanti alla giustizia italiana, convinta che ci sia un complotto volto ad escludere lei e i cinque figli avuti dal suo secondo matrimonio.

L’avvocato milanese Dario Trevisan, che assiste Margherita in questa nuova bordata contro suo figlio John, sostiene che la vedova Agnelli «sia stata indotta a rilasciare i testamenti, nonostante non ne potesse comprendere la portata, minata nella sua effettiva capacità naturale a testare». 

Burattinai
La guerra comincia da più lontano, però. Quando Margherita, dopo la morte del padre, punta il suo indice accusatore contro i due principali collaboratori di Gianni Agnelli: Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti. I due grandi vecchi sospettati di essere gli straordinari costruttori di una realtà parallela, volta a mantenere alla guida del gruppo industriale torinese un solo soggetto, controllabile per la sua giovane età e per la sua inesperienza: John Jakob Philip Elkann.

Certo è che le circostanze note fanno pensare che Margherita non abbia tutti i torti. Gianni Agnelli, infatti, lasciò un solo testamento, redatto il 20 aprile del 1999, con il quale istituiva come suoi eredi i figli, Edoardo e Margherita, e riservava a sua moglie Marella l’usufrutto vitalizio del patrimonio. Anche dopo la morte prematura di Edoardo, avvenuta un anno dopo il testamento, Gianni non sentì l’esigenza di modificare le sue ultime volontà.

Il nipote Jaki non era citato nel testamento, né lo sarà. Come Jaki diventi il dominus incontrastato di tutta la galassia non è chiaro. 

Le chiavi dell’intera complessissima architettura societaria che controlla l’impero Agnelli sono custodite in una società semplice che si chiama “Dicembre”. La fondarono nel 1984 Gianni e Umberto Agnelli, oltre ai due soggetti che Margherita ritiene i veri burattinai della vicenda, Grande Stevens e Gabetti. Fino al 2021 è stato impossibile per chiunque sapere chi e come controllasse la Dicembre.

Per anni, sebbene la legge italiana disponga espressamente, anche per le società semplici, l’iscrizione in Camera di Commercio e oneri di pubblicità societaria, Elkann ha rifiutato di adempiere e di rivelare la composizione della società controllore.

La vischiosità del sistema torinese, che ha consentito inspiegabilmente agli eredi Agnelli di non pubblicare le notizie sulla Dicembre, è stata superata da un intervento degli organi di controllo della borsa di New York, in cui le società del gruppo Fca sono quotate. Così da un anno si sa che John Elkann è il socio di maggioranza della cassaforte: ha il 60% delle azioni.

Suo fratello Lapo e sua sorella Ginevra Elkann si spartiscono il restante 40%. La Dicembre, a sua volta, è proprietaria del 38% della Giovanni Agnelli Bv. Che detiene il 53% di Exor, società di diritto olandese, quotata in borsa. 

Exor è la holding che controlla il 14,4% di Stellantis.  Il 22,9% di Ferrari. Il 26,89% di Chn Industrial. E il 63,77% della Juventus. Nella Giovanni Agnelli Bv, oltre al citato 38% dei fratelli Elkann, Andrea e sua sorella Anna Agnelli posseggono l’11,85%.

Il cugino Alessandro Nasi è il referente di un gruppo collaterale della dinastia: in tutto un altro 21,16%. Insomma, a guidare il gruppo ci sono un sovrano incontrastato, Jaki Elkann, suo nipote Andrea Agnelli, suo cugino Giovanni Nasi. Hanno un anno di differenza tra loro. Comanda Jaki, che, proprietario di una partecipazione di neppure 62 milioni di euro, determina le sorti di una galassia che capitalizza 40 miliardi di euro.

Il patriarcalismo maschilista che fu del senatore Agnelli e di suo nipote Gianni è rispettato: comandano gli uomini, e lo fanno uno alla volta.  Se qualche familiare protesta o accampa pretese, gli si lancia qualche briciola. Più dell’onor poté il digiuno. 

Troppe sopracciglia
Ma su questa strada c’è Margherita e la sua mordace, inesausta, inarrestabile voglia di vendetta. D’altro canto, la figlia dell’Avvocato ha dimostrato di essere risoluta anche con la sua nuova famiglia. I figli di primo letto della sua primogenita, Maria, sono stati “trattenuti” contro il volere della madre proprio da Margherita.

Dopo una lunga battaglia legale, l’ennesima cui ha dato impulso la contessa de Pahlen, il Tribunale dei minori di Morges, sul lago di Ginevra, proprio davanti ad Evian, ha privato Maria de Phalen della patria potestà sui piccoli Anastasia e Serghey Maevskiy. Altre pagine di dolore e di litigi, di cinismo e di incomprensibile acrimonia di una famiglia che ha avuto tutto per farne niente. 

Ma cosa vuole Margherita che, dopo la scomparsa della madre Marella nel 2019, è diventata ancora più ricca, con un patrimonio che sfiora i 4 miliardi di euro?  Vuole altro.

Nonna Marella ha lasciato un’eredità di circa altri 4 miliardi di euro, che andrebbero divisi in parti uguali tra i tre nipotini Elkann: 1,3 miliardi a Jaki, 1,3 miliardi a Lapo, 1,3 miliardi a Ginevra. Se Margherita riuscisse ad insinuarsi nella successione, i suoi cinque figli di secondo letto dividerebbero il malloppo con i fratellastri.

Ma il 50% spetterebbe, per legge, alla unica figlia. Proprio Margherita, che così sommerebbe al denaro che possiede, altri 2 miliardi.

Le basterebbe? No. Margherita rivendica anche la sua parte dell’ingente quantità di oro, ben 138 tonnellate, che fu il bottino che il senatore Agnelli guadagnò per le forniture belliche della seconda guerra mondiale.

Lingotti d’oro per un valore di 9,2 miliardi di euro, spicciolo più, spicciolo meno, che sono conservati nel caveau del Port Francs et entrepots di Ginevra. Il più protetto museo del mondo, nella zona sudovest del lago Leman, è il luogo in cui Gianni Agnelli trasferì l’oro che suo nonno gli aveva lasciato e di cui nessuno degli altri eredi fu mai informato. Una riserva, diceva il senatore, per eventuali tempi di magra. Un fiume di soldi.

Secondo i famosi Panama Papers, Marella disponeva di 5,8 miliardi di euro all’estero, oltre all’oro di Ginevra. Ecco cosa reclama Margherita. 

Ma è possibile che l’Agnelli sbagliato e l’Elkann giusto siano anche loro in contrasto e che John abbia profittato delle indubitabili guasconerie finanziarie dello zio coetaneo per farlo fuori? È verosimile che uno dei (quasi) cinquantenni più ricchi e potenti del mondo, sia disturbato dal prestigio di nove scudetti di fila o è più probabile che sia, ancora una volta, il trionfo della razza padrona che protegge se stessa?

Gigi Moncalvo racconta che il vecchio Gianni Agnelli, che non ebbe mai molta consuetudine con il nipote Andrea, dicesse: «Quel ragazzo ha troppe sopracciglia e troppi denti. Andrea è davvero di un’altra razza: ruvido e senza classe».  Il nonno condannò e il nipote John, ora, esegue la sentenza?

LEGGI ANCHE: Stellantis piange miseria e chiede soldi allo Stato, ma intanto gli Agnelli intascano 500 milioni di dividendo

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