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Il sacro oltre la fede: svelati i segreti del volume d’arte Menarini su Cimabue

Immagine di copertina

Un eccelso precursore del Rinascimento, autore di opere che spianarono la strada ad una rappresentazione del sacro molto più realistica e umana che in passato. È Cimabue il grande maestro raccontato quest’anno dal Volume d’Arte Menarini, presentato ad Arezzo.

Nella seconda metà del Duecento il talento di questo sommo interprete della pittura ha segnato il suo tempo e i secoli a venire, portando innovazioni che spiccano anche nel celebre Crocifisso della Chiesa di San Domenico di Arezzo. E proprio al cospetto di questo capolavoro l’autrice Miriam Fileti Mazza, storica dell’arte e per quarant’anni docente alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha presentato al pubblico l’ultima monografia della collana d’arte del Gruppo Menarini. La presentazione del Volume, edito da Pacini Editore, ha visto anche la partecipazione della storica dell’arte Liletta Fornasari, che ha fatto riscoprire ai presenti la storia e le bellezze della maestosa basilica gotica.

Nell’essenzialità di un’armonia silenziosa, Cimabue è stato capace di emozionare e condurre verso un sentimento di riflessione per la religiosità, al di sopra di ogni fede o dogma – dichiara Miriam Fileti Mazza Il Volume d’Arte Menarini su questo grande maestro ripercorre il racconto visivo di colui il quale, uscendo dalla primitiva pittura bizantina, aprì la strada alla nuova arte che avrebbe condotto poi al Rinascimento. La sua pittura lontana nel tempo si riappropria della percezione, donando ancora mistero, naturalezza e il fascino antico delle origini“.

Da Botticelli a Caravaggio, da Leonardo da Vinci a Raffaello: come ogni anno, dal 1956, Menarini rinnova così l’appuntamento con la cultura per far conoscere, attraverso i suoi Volumi d’Arte, gli straordinari capolavori italiani.

Portare avanti la tradizione dei Volumi d’Arte Menarini significa coltivare la bellezza come parte della vita quotidiana – commentano Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, azionisti e membri del Board di Menarini – Da più di mezzo secolo queste monografie, che si contraddistinguono per il loro linguaggio semplice, avvicinano all’arte anche chi non pensava di potersene innamorare”.

Nel corso degli anni la vocazione artistica del Gruppo si è evoluta con il progetto multimediale Menarini Pills of Art, brevi video pillole in cui esperti del settore raccontano aneddoti e curiosità delle opere protagoniste dei Volumi d’Arte Menarini. Questi contenuti sono disponibili sul canale YouTube di Menarini in otto lingue.

Cimabue, la vita e le opere

L’artista di cui niente conosciamo attraverso le fonti documentarie, era nato molto probabilmente a Firenze intorno al 1240 con il nome di Bencivieni di Giuseppe, soprannominato Cimabue. La sua formazione si deve a Coppo di Marcovaldo, il pittore di maggior fama del momento. Mentre l’anno della sua morte è verosimile che fosse il 1302 basandoci, in questo unico caso, su alcune testimonianze scritte. Sono pochissime le opere certe giunte fino a noi; a rendere difficoltoso lo studio della sua arte è stato anche lo stato conservativo molto precario nella maggior parte dei casi e addirittura pessimo quando al deterioramento del tempo – si pensi agli affreschi di Assisi dove al posto della lucente biacca di quei lontani giorni, arrivò ben presto il nero dell’ossido di piombo – si era unita la terribile offesa di un’alluvione o del terremoto. Ma la forza espressiva dell’arte di Cimabue è stata più forte di un destino avverso e il racconto della Fede che le sue opere narrano, dettaglia ancora oggi l’assoluta novità di una pittura proiettata verso il naturalismo di Giotto.

Chiesa di San Domenico (Arezzo)

La prima opera di Cimabue, databile intorno al 1270, è il Crocifisso di legno sagomato, dipinto a tempera e oro, posta in alto sopra l’altar maggiore della chiesa gotica di San Domenico ad Arezzo. Luogo consacrato quale basilica minore da Giovanni XXIII solo nel 1960, prezioso scrigno di altre testimonianze artistiche che dai primi decenni del Trecento ebbero voce fino al Cinquecento. Alla sua costruzione concorsero i contributi finanziari delle famiglie aretine degli Ubertini e dei Tarlati. Nel gennaio 1276, solo parzialmente completata, la basilica ospitò quello che per la Chiesa di Roma fu il primo conclave della storia.

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