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La profezia di Sartre sulla morte della sinistra

Immagine di copertina
Jean-Paul Sartre

Sartre morte sinistra – È il 20 marzo 1980, quando Jean-Paul Sartre viene ricoverato presso l’ospedale Broussais di Parigi; sono trascorsi tredici anni dal suo rifiuto del Premio Nobel e sette da quando ha perso la vista.

Morirà soltanto ventisei giorni dopo, il 16 aprile, all’età di 75 anni. Nonostante la sua salute fosse compromessa da tempo, egli non rinuncerà mai all’idea di elaborare una nuova filosofia morale, ma anche di ricercare i veri fini sociali della morale utili per un ripensamento della sinistra.

Progetto mai pienamente realizzato che, tuttavia, ha lasciato le sue tracce grazie alle interviste curate da Benny Lévy, segretario personale di Sartre nonché uno dei fondatori del movimento maoista francese, ora pubblicate per i tipi di Mimesis con il titolo La speranza oggi (trad. it. di Maria Russo).

Con lo slogan “La force tranquille”, circa un anno dopo François Mitterrand vincerà le elezioni presidenziali e la coalizione fra socialisti e comunisti conquisterà la maggioranza parlamentare.

Eppure, poco prima della sua dipartita, Sartre aveva diagnosticato la morte della sinistra non solo francese ed europea, ma anche mondiale.

Con l’Unione Sovietica macchiata di numerosi crimini e ridotta a mera conservazione di un apparato burocratico da una parte, e i partiti socialisti occidentali impegnati quasi esclusivamente in lotte intestine per la spartizione di poltrone dall’altra, il filosofo francese aveva prefigurato esattamente quello che sarebbe accaduto vent’anni dopo: l’estinzione della sinistra.

È proprio in quella “tranquillità” desolante innalzata a maturità ideologica che Sartre intravide l’inizio del tramonto.

Non perché la strada della lotta armata fosse per il filosofo ancora percorribile, tutt’altro, ma perché iniziava ad esserci una totale assenza di pensiero e di azione: “Questa sinistra che ha lasciato andare tutto, e che è attualmente schiacciata, che lascia trionfare una destra disgraziata [e puttana, aggiungeva Lévy]”.

A questo punto, verrebbe da chiedersi cosa penserebbe oggi Sartre se fosse ancora in vita? Perché se l’autore de La nausea ha prodotto tali riflessioni in un momento storico di conquiste sociali e con una classe dirigente nemmeno lontanamente paragonabile a quella attuale, sarebbe sconfortante immaginare Sartre commentare la sinistra odierna, una sinistra scarsa di idee e che ha obliato completamente i diritti sociali.

Sbagliando o meno, a ragione o a torto, un uomo di sinistra negli anni ’80 poteva ancora svegliarsi al mattino e sperare in un futuro migliore e in un mondo più giusto. Oggi cosa resta? Un pezzo di carta con sopra dei nomi da mettere in un’urna e la scongiura del peggio.

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