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“Il traffico delle vite. La tratta, lo sfruttamento e le organizzazioni criminali”: su TPI un’anticipazione del libro di Fabrizio Floris

Immagine di copertina

In occasione della Giornata mondiale contro la tratta, pubblichiamo su TPI un’anticipazione del libro “Il traffico delle vite. La tratta, lo sfruttamento e le organizzazioni criminali”, di Fabrizio Floris, per l’editore Franco Angeli.

 

Ci sono fenomeni e attività che la pandemia del covid_19 non ha fermato: la tratta degli esseri umani rientra in questa rosa ristretta. Lo sfruttamento è continuato, ma ha assunto nuove forme e altre rotte. Si è spostato di più verso il Medio Oriente e la penisola arabica e nel contempo nei Paesi occidentali si è trasferito nei canali online nascosto nei siti di appuntamenti (Elmaz, Twoo, Gepime, ecc.) oppure nelle chat private di Facebook, instagram dove vi sono indirizzi email riservati alle “richieste professionali”, ma anche su Twitter e in portali come Badoo, Tinder e Okcupid.

La tratta di esseri umani è un processo complesso durante il quale le vittime attraversano una serie di fasi o nodi (reclutamento, trasporto, sfruttamento e dismissioni), spesso in diversi Paesi. È essenziale secondo l’Osce considerare la tratta di esseri umani come un processo e non concentrarsi esclusivamente sulla fase di sfruttamento. Le violazioni dei diritti umani a cui sono sottoposte le persone vittime di tratta «comprendono la privazione della libertà, l’incolumità e la sicurezza, la mancanza di accesso all’assistenza sanitaria o ai servizi medici, l’istruzione e il contatto con le loro famiglie […]. Includono minacce, furto di documenti o proprietà, privazione illegale della libertà, aggressione aggravata e/o sessuale, prostituzione forzata, stupro e persino morte». È in sintesi una gravissima violazione dei diritti umani. La tratta può contemplare l’utilizzo di mezzi legittimi (es. trasporto) oppure la corruzione della polizia di frontiera o il personale delle ambasciate. I trafficanti possono essere singoli individui, piccoli gruppi e organizzazioni che attivano reti complesse in grado di coinvolgere numerosi individui.

La tratta inizia con una fase che potremmo chiamare di reclutamento. Questo avviene secondo diverse modalità a seconda dei luoghi di provenienza delle vittime. In Nigeria, ad esempio, il reclutamento avviene nelle aree periferiche di Benin City e in villaggi rurali dove i reclutatori sono persone spesso conosciute dalle vittime e dalle loro famiglie e dove il ruolo dei familiari è cruciale nello spingere le giovani figlie verso un percorso migratorio “mascherato”, così come avviene anche nel caso di persone di nazionalità cinese o est europea. Le vittime dell’Est Europa possono essere anche reclutate da partner o presunti compagni. Spesso viene offerto un lavoro legittimo e adeguatamente retribuito sia per quanto riguarda la tratta a scopo di sfruttamento sessuale sia lavorativo, anche con i canali presenti nel web (annunci online, social network, ecc.). Il reclutamento online può avvenire, ad esempio, attraverso pagine di Facebook dove sono offerti servizi completi con differenti opzioni di lavoro, viaggio e tipologie di documenti. Non solo, lo stesso social network e le pagine correlate in cui donne e ragazze postano foto che le ritraggono in situazioni di benessere e agio possono rappresentare un forte fattore attrattivo per coloro che lasciano il proprio paese di origine.

Sfruttamento vs prostituzione

Una delle maggiori sfide nell’analisi del traffico degli esseri umani è l’intreccio tra lo sfruttamento sessuale e la prostituzione. Fenomeni non facilmente distinguibili a livello empirico perché spesso convergono negli stessi milieux. Questo anche perché vi è un diverso approccio alla prostituzione nei diversi Paesi della Comunità Europea. Vi sono Paesi (ad es. Paesi Bassi, Germania, Austria, Ungheria, Lettonia) dove la prostituzione è considerata lavoro sessuale e come tale regolamentata mentre in altri (Svezia, Irlanda) la prostituzione è vietata e in altri ancora (Italia) non è vietata, ma è vietato lo sfruttamento.

Le azioni di contrasto

L’altra sfida è il contrasto che sconta due principali difficoltà: in primis essendo un reato commesso in più fasi e spesso in più Paesi vi è il problema di una scarna legislazione in materia in alcuni dei territori che le vittime attraversano e questo lascia ampi spazi di manovra alla proliferazione delle reti criminali. Secondo a fronte di mercati criminali sempre più transnazionali, quale è la tratta di persone, non solo risulta indispensabile pensare strumenti innovativi capaci di colpire le risorse economiche degli attori coinvolti, ma diventa anche necessario rafforzare la cooperazione in ambito finanziario a livello europeo e soprattutto con i paesi terzi.

Follow the money

Seguire il denaro, follow the money, attraverso più Paesi richiede una cooperazione stretta tra Paesi ed enti internazionali e legislazioni adeguate. La tratta genera ogni anno, secondo ILO, profitti per 150 miliardi di dollari. Dato che la redditività è particolarmente significativa per gli attori criminali, il potenziamento delle capacità degli Stati nel settore delle indagini finanziarie ha ricevuto crescente attenzione negli ultimi anni. «Sono state attivate, come spiega l’Osce, diverse iniziative per sviluppare partenariati, processi innovativi e attività di formazione. Tuttavia, questi sforzi rimangono in gran parte frammentati, sottoutilizzati o limitati alle singole giurisdizioni; in sintesi, la possibilità di solide indagini finanziarie come strumento per combattere la tratta rimane non realizzata». Le sfide principali per le indagini contro la tratta sono la difficoltà a raccogliere prove sufficienti nei confronti dei colpevoli, il pesante affidamento sulla testimonianza e la cooperazione delle vittime, la mancanza di coordinamento tra le forze dell’ordine e la presenza di leggi ancora inadeguate. Pertanto, al fine di tenere conto di queste sfide e costruire indagini e azioni penali efficaci e di successo, le forze dell’ordine e i pubblici ministeri dovrebbero prestare maggiore attenzione alla possibilità di raccogliere prove in ambito finanziario. Sono prove che possono anticipare la denuncia della vittima o agire in sua assenza; possono fornire indicazioni sulla portata dell’attività criminale e confermare testimonianze; aiutano a identificare soci e istituzioni che potrebbero essere complici del crimine.

In secondo luogo, le indagini finanziarie, abbinate a politiche ponderate, possono supportare i sistemi di protezione delle vittime. Ad esempio, in alcuni Paesi è previsto che i sequestri finanziari dei trafficanti di esseri umani siano indirizzati ai servizi che supportano e riabilitazione delle vittime, contribuendo in tal modo a proteggere le vittime, riparare i danni arrecati dai trafficanti e contribuire all’empowerment delle stesse. In terzo luogo, l’integrazione delle indagini finanziarie con altre azioni anti-tratta può contrastare l’idea di impunità dei trafficanti e far crescere la percezione del rischio per gli attori criminali. I sequestri amplificano i rischi dei trafficanti minando la redditività della tratta.

Il ritorno in Nigeria di Jane

Jane è una ragazza africana che mi ha chiesto di accompagnarla nel suo Paese dopo aver trascorso 10 anni in Italia. Ho comprato un volo aereo per Benin City e siamo partititi. Il viaggio è stato confortevole in dodici ore siamo arrivati all’aeroporto Murtala Muhammed di Lagos. Dato che la coincidenza era per il giorno dopo abbiamo deciso di visitare la città. Un conglomerato di 23 milioni di abitanti dove niente pare essere concepito per piacere ai visitatori. Ti abbraccia fino a soffocarti, ti travolge con il suo movimento di auto, di persone, di edifici, ti fa immergere in una corsa frenetica ed affannosa come se fossi il corridore di una gara podistica senza traguardo. Arriviamo solo fino a Oshodi e Surulele, ma non abbiamo il tempo per una visita approfondita perché l’aereo per Benin City ci aspetta. In 45 minuti siamo nella capitale di Edo State. Pensavo che all’arrivo avremmo trovato decine di parenti e amici a darle il benvenuto, invece non c’era nessuno. Jane ha detto solo che voleva andare a casa. Abbiamo preso un autobus e siamo arrivati di notte a Ekpoma una piccola città di 200 mila abitanti nello Stato di Edo. Qui Jane è andata in un angolo della strada vicino alla stazione degli autobus tra le bancarelle di legno di quello che di giorno dovrebbe essere un mercato e si è messa a dormire per terra. Io sono stato seduto sotto la pensilina dell’alakowe bus mentre alcuni ragazzi incuriositi dalla presenza di un oyibo (bianco) sono venuti a parlarmi. Abbiamo dialogato lentamente tutta la notte mentre aspettavo che Jane desse qualche segnale di vita, ma i minuti e le ore passavano così con i ragazzi ci siamo addentrati nei discorsi più disparati: c’era chi chiedeva se in Europa le zanzare sono bianche, se i cani ti ascoltano solo se parli in inglese, se mi piace la carne di coccodrillo, se è vero che c’è gente che attraversa il fiume (mar Mediterraneo) con la piroga, se è vero che in Libia ci sono le prigioni per i wunna africa (persone africane), se le ragazze nigeriane in Italia fanno ashawo (prostituzione) poi non ricordo perché devo essermi addormentato. Il mattino seguente Jane è voluta ritornare in Italia. Niente feste africane, balli, vino di palma, benedizioni di Oba Ewuare e piante della foresta di Sambisa per rinvigorirci, solo il silenzio di una donna che ha voluto guardare per l’ultima volta il suo passato per non rimpiangerlo più.

L’autore – Fabrizio Floris, laureato in Economia, dottore di ricerca in Sociologia, ha insegnato Antropologia economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino e Sociologia generale presso le Università di Milano e Betlemme. Ha condotto ricerche sul campo nelle baraccopoli di Nairobi, nei campi profughi del Kenya e alla periferia di Torino. Tra le sue pubblicazioni recenti si segnalano Periferie esistenziali. Da rispettare, superare, distruggere (Robin&Sons, 2018) e Gino Filippini. Uomo per gli altri (Gabrielli, 2021).

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