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“Maschi e femmine, unitevi contro il patriarcato”: intervista a Victoire Tuaillon

Immagine di copertina
Credit: Alice Murillo

“In Europa viviamo un paradosso: le donne non sono mai state tanto libere ma sono spesso escluse dalla classe dirigente. E la violenza viene generalmente dagli uomini. Per cambiare le cose bisogna lottare insieme. Meloni? Non è femminista. Sta dalla parte di chi domina”

«Giorgia Meloni dimostra che si può essere donne e stare dalla parte di chi domina». Lo dichiara a TPI la giornalista e scrittrice francese Victoire Tuaillon, autrice del libro “Fuori le palle. Privilegi e trappole della mascolinità” (Add Editore). Il volume è stato presentato dalla stessa Tuallion, in un dialogo con Vera Gheno, lo scorso 26 novembre a Firenze nell’ambito del festival de “L’Eredità delle Donne”, evento in collaborazione con l’Institut Français Italia. 

S&D

Il suo libro nasce da un podcast di successo, “Les Couilles sur la table”. Come mai ha avvertito l’esigenza di raccontare e di interpretare con un’analisi accurata e approfondita il dominio maschile?
«Se da un lato è vero che gli stupri, l’incesto, la violenza domestica, lo sfruttamento, le guerre e altre calamità ci disgustano, dall’altro bisogna ammettere che gli autori di tutti questi atti sono in genere uomini, e quindi bisogna chiedersi perché. Che legami ci sono tra mascolinità e dominio? È questa l’indagine che conduco nel mio podcast, intervistando decine di studiose e studiosi che hanno tentato di rispondere alla domanda. Il libro parte dalle loro riflessioni». 

Che cosa vuol dire essere uomo oggi, in un mondo che assiste a una così rapida rivoluzione nei rapporti di genere?
«È un momento in cui si mette in discussione cosa vuol dire essere uomini. Oppure essere uomini perbene. Che cosa succede quando rifiutiamo di dominare gli altri? Come ci comportiamo con le donne, con i figli, con gli altri uomini? E invece che cosa dice della nostra mascolinità subire altri rapporti di dominio (per esempio, essere sfruttati come operai, emarginati in quanto persone razzializzate…)? Penso che, in fin dei conti, gli uomini abbiano tutto da guadagnare da una piena parità fra i sessi e dalla scomparsa del patriarcato (nonché degli altri sistemi di dominio – capitalismo, colonialismo – vigenti sul pianeta). Sia nel libro che nelle puntate del podcast si analizzano i comandamenti imposti agli uomini, perché la virilità è allo stesso tempo un privilegio e una trappola: mostrarsi forti in tutte le circostanze, non piangere, opprimere l’altro, negarsi tante emozioni e relazioni, sacrificare tutto per il lavoro eccetera. È ora di dire basta». 

E cosa significa invece essere donna, in un momento in cui, malgrado le trasformazioni e le evoluzioni dei rapporti fra generi, perdura la drammatica situazione degli stupri, dei femminicidi e della violenza sulla donna?
«Si cambia molto lentamente. L’emancipazione da millenni di dominio maschile non avverrà da un giorno all’altro. In Europa viviamo una situazione paradossale, per cui in teoria le donne non sono mai state tanto libere; d’altro canto, il potere e le ricchezze continuano a non essere distribuite equamente. Le classi dirigenti di Paesi, imprese, istituzioni restano in gran parte maschili. I mestieri fondamentali, come quelli di cura (infermiere, operatrici socio-sanitarie, educatrici…), restano per lo più appannaggio delle donne, e malpagati. La violenza che gli uomini esercitano sulle donne è enorme, e questo limita nei fatti la loro libertà». 

In quale modo, secondo lei, le donne possono affrontare, combattere e superare il predominio maschile?
«Le donne, e anche tutti gli uomini che vogliono cambiare un mondo ingiusto! Lo strumento principale è l’azione collettiva e informata. Come primo passo, consiglio di studiare e cercare di comprendere come funziona il patriarcato. Sostenersi a vicenda contro la violenza e il machismo che subiamo nelle nostre vite è un aspetto basilare. E poi possiamo entrare in gruppi, associazioni, collettivi: insieme siamo più forti. Come nell’ecologismo, bisogna tenere presente che i piccoli gesti contano quanto le grandi azioni: nella nostra vita di tutti i giorni, come possiamo avanzare verso un mondo meno violento?». 

Lei sostiene che è in atto una rivoluzione. Ci spieghi meglio perché.
«Nel 2017 c’è stato il movimento Me Too, che ha origini lontane ed è attivo ancora oggi: è un movimento di denuncia delle violenze sessiste e sessuali, che mira alla riappropriazione del corpo femminile. Sono riflessioni che generano una temperie culturale di rinnovamento femminista, un rinnovamento ancora in corso. Quando c’interroghiamo sulla violenza sessuale nei rapporti di lavoro, nella famiglia, nella coppia, siamo obbligate a mettere tutto in discussione! Le donne, più o meno giovani, e i loro alleati stanno cambiando i rapporti che hanno con il loro corpo, con la maternità, gli amici, il lavoro, eccetera».

Lei è una giornalista e scrittrice. Ha avuto difficoltà ad affermarsi nel suo lavoro proprio per il suo essere donna?
«Sì, com’è comune che accada. Più di una volta sono stata sessualizzata sul posto di lavoro, da docenti, capi o colleghi, in modo più o meno insidioso. Le mie idee erano spesso sminuite e liquidate. Spesso ho dubitato della mia intelligenza, delle mie competenze, della mia legittimità, mentre notavo che gli uomini erano meno insicuri (anche quando non erano all’altezza): sono tutti effetti del patriarcato».

In Italia abbiamo la prima presidente del Consiglio donna, che però ha scelto di utilizzare il maschile per designare sé stessa e indicare le sue funzioni. Come giudica questa decisione?
«La vostra presidente, a mio avviso, è la prova che non basta essere donna per essere femminista e non basta che le donne accedano al potere perché il mondo cambi in meglio. Con le sue prese di posizione e le sue azioni, Giorgia Meloni dimostra che si può essere donne e stare dalla parte di chi domina, realizzando politiche razziste, sessiste, omofobiche. In una parola: fascistoidi». 

Si dice che spesso le donne non solidarizzino tra di loro: è d’accordo? E se sì, come mai secondo lei?
«Pensi a com’è difficile per gli operai riunirsi per fare sciopero, creare un rapporto di forza per ottenere condizioni di lavoro migliori! Nella nostra cultura, nel caso sia delle donne che di tutti i gruppi oppressi, la solidarietà incontra tantissimi ostacoli. Ad esempio, ci viene inculcata l’ossessione per il matrimonio e per l’amore degli uomini. Essere la più bella, la più sexy, la più dolce, avere una buona reputazione: tutto questo implica entrare in rivalità con le altre donne, per essere scelte dall’uomo più forte, più ricco, eccetera. E poi, considerato che spesso si accollano tutto il lavoro domestico oltre a quello stipendiato, le donne hanno semplicemente meno tempo per fare gruppo e ribellarsi. Ma i pensieri e le lotte femministe permettono di uscire da questa rivalità e capire che abbiamo un destino comune, e che insieme possiamo liberarci l’un l’altra».

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