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    Chi è Raffaele D’Alessandro, uno dei carabinieri condannati per il pestaggio di Stefano Cucchi

    Credit: Anna Ditta
    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 14 Nov. 2019 alle 20:33 Aggiornato il 15 Nov. 2019 alle 08:51

    Chi è Raffaele D’Alessandro, uno dei carabinieri condannati per il pestaggio di Stefano Cucchi

    Raffaele D’Alessandro è uno dei carabinieri condannati, insieme al collega Alessio Di Bernardo, del pestaggio nei confronti di Stefano Cucchi, il 31enne romano trovato morto la mattina del 22 ottobre 2009 in una stanza del reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Cucchi era stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti sei giorni prima, la sera del 15 ottobre.

    D’Alessandro e Di Bernardo sono stati accusati, a nove anni di distanza dalla morte di Cucchi, dal collega Francesco Tedesco, testimone chiave nel processo Cucchi bis. Oggi, 14 novembre 2019, sono stati condannati in primo grado a 12 anni di carcere.

    Caso Cucchi, condannati i carabinieri accusati del pestaggio: 12 anni per Di Bernardo e D’Alessandro

    Ma chi è Raffaele D’Alessandro?

    Di origine campana, D’Alessandro nel 2009 era in servizio alla stazione di Roma Appia, per poi passare a quella di San Martino al Cimino, nel viterbese, dove è rimasto fino al settembre del 2014.

    Ad accusarlo è stata anche l’ex moglie, Anna Carino, che nel 2016 riferì alla stampa che l’ex marito le aveva raccontato – riferendosi a Stefano Cucchi – di aver picchiato “quel drogato di m..”. La donna ha detto che l’uomo si vantava di quello che faceva mentre lavorava.

    Carino, che da D’Alessandro ha avuto due dei suoi tre figli, ha ripetuto le sue dichiarazioni due anni dopo davanti al giudice.

    “Si sentiva come Rambo – ha detto nel corso di un’udienza del processo Cucchi bis – con quella divisa addosso diventava aggressivo, una volta mi disse ‘a Cucchi quante botte gli abbiamo dato’. Me lo disse in dialetto. Dopo alcuni mesi ricevette una convocazione e mi aggiunse che anche altri erano stati pestati da lui ed altri, specie extracomunitari”.

    In un’intercettazione datata 26 settembre 2015, i due parlano al telefono di Cucchi. In quel caso, D’Alessandro non ammette il pestaggio, ma all’ex moglie che gli dice, parlando del pestaggio, “ma lo hai raccontato a tutti”, risponde furibondo: “Cosa ho raccontato? Che ho avuto a che fare con quella persona?”.

    In un’altra intercettazione, D’Alessandro risponde a un collega che gli chiede, parlando di un’eventuale espulsione dall’Arma a causa delle indagini: “Raffaè, se ti buttano fuori tu che lavoro vai a fare?”, “Vado a fare le rapine agli orafi”.

    Oggi, secondo quanto riferito dalla sua avvocata all’udienza del 12 novembre 2019, D’Alessandro ha perso tutto: la moglie, si è ricostruita una vita con un altro uomo, un pizzaiolo di san Martino al Cimino, che era amico di D’Alessandro era amico.

    Il carabiniere, ora sospeso dal servizio, “guadagna 600 euro al mese, ne paga alla moglie 470 di mutuo”, ha detto l’avvocata, “è tornato a casa dai genitori, gli unici che posso provvedere al suo mantenimento e presto a Viterbo si aprirà un nuovo processo perché la moglie lo ha denunciato per aver sospeso gli alimenti ai figli”.

    In totale sono cinque i carabinieri imputati nel processo Cucchi-bis. Il pm Giovanni Musarò aveva chiesto la condanna per omicidio preterintenzionale a 18 anni di carcere nei confronti di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, a 8 anni di carcere per falso nei confronti di Roberto Mandolini. Per l’imputato-testimone Francesco Tedesco, il pm aveva chiesto l’assoluzione dall’accusa di omicidio preterintenzionale con la formula “per non aver commesso il fatto”, ma la condanna a tre anni e mezzo di reclusione per l’accusa di falso. Il pm aveva chiesto inoltre il non doversi procedere per prescrizione dall’accusa di calunnia per Vincenzo Nicolardi, Francesco Tedesco e Roberto Mandolini.

    Qui le reazioni dopo la sentenza di primo grado:

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