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    Coronavirus: primo detenuto positivo, nel carcere di Voghera

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 17 Mar. 2020 alle 16:41 Aggiornato il 17 Mar. 2020 alle 16:42

    Primo detenuto positivo al Coronavirus: è un uomo del carcere di Voghera

    C’è il primo detenuto positivo al Coronavirus: si tratta di un uomo nel carcere di Voghera, in provincia di Pavia. Proprio a Pavia, nei giorni scorsi,  alcuni detenuti hanno anche appiccato un incendio come protesta contro la riduzione dei colloqui con i parenti. Da più parti arrivano appelli alla calma e alla responsabilità da parte dei carcerati. Le associazioni (fra cui Antigone) che si occupano di carcere, invitano anche i direttori a concedere più tempo per le telefonate con l’esterno e a spiegare ai reclusi che le misure sono temporanee e utili a tutelare la salute dei detenuti stessi.

    Intanto il governo sta prendendo le contromisure per evitare la diffusione del virus nelle sovraffollate carceri italiane. Fino al 30 giugno 2020, potrà essere ottenuta la detenzione domiciliare dai detenuti che devono scontare una pena, o residuo di pena, fino a 18 mesi, come già previsto dalla normativa vigente, ma con una procedura semplificata. È quanto spiega una nota del ministero della Giustizia, illustrando le misure contenute nel decreto approvato oggi in Consiglio dei ministri.

    Per i detenuti che devono scontare una pena da 7 a 18 mesi è previsto il ricorso ai braccialetti elettronici o altri strumenti tecnici. I braccialetti elettronici, spiega il ministero, saranno resi disponibili secondo un programma di distribuzione adottato dal capo dell’amministrazione penitenziaria, d’intesa con il capo del dipartimento di pubblica sicurezza, tenuto conto della capienza dei singoli istituti, del numero dei detenuti ristretti, nonché delle concrete emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti.

    I reati particolarmente gravi, come ad esempio quelli richiamati dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, i maltrattamenti in famiglia o lo stalking, sono esclusi dalla norma che prevede l’accesso alla detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare una pena fino a 18 mesi. Esclusi anche i detenuti che hanno partecipato alle rivolte dei giorni scorsi in molte carceri italiane. Nei giorni scorsi, l’emergenza Coronavirus aveva fatto scattare non poche rivolte da nord a sud Italia nei centri penitenziari.

    Da lunedì 9 marzo è esplosa la rivolta dei detenuti in seguito alle nuove disposizioni sulle visite messe in campo per l’emergenza Coronavirus. Sono 27 gli istituti di pena dove si stanno registrando i disordini, ha riferito il Sindacato di polizia penitenziaria, tra cui quello di Foggia, quello di Prato, l’Ucciardone di Palermo e San Vittore a Milano.

    Salgono a 9 i detenuti morti nel carcere di Modena per abuso di farmaci durante la rivolta nel penitenziario. A questi si aggiungono 3 detenuti morti nel penitenziario di Rieti, devastato nella notte, per i quali si parla sempre di decesso per abuso di farmaci.

    A Foggia, durante le contestazioni, decine di persone – come hanno fatto sapere fonti investigative – sono riuscite a evadere facendo scattare la caccia all’uomo. Più tardi, 41 detenuti evasi sono stati arrestati, mentre 34 sono ancora in fuga. I danni finora riportati riguardano due reparti e la sala informatica della casa circondariale, devastati durante le proteste, oltre a numerose vetrate infrante. Sarebbero inoltre una quarantina i posti letto inutilizzabili. “La situazione sembra essere però tornata sotto controllo”, ha detto il prefetto di Foggia Raffaele Grassi.

    Nel video esclusivo di TPI si sentono le urla dei detenuti che sbattono pentole contro le sbarre.  Ad un certo punto si vede un’altissima colonna di fumo. I detenuti, saliti sul tetto, hanno iniziato a bruciare pezzi di cartone. È stato necessario l’arrivo dei carabinieri per spegnere il fuoco. I detenuti sono poi stati fatti scendere dal tetto. Alla fine, il bilancio è tragico: 3 detenuti morti e altri due in rianimazione.

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