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    “Non permettete che i farmacisti somministrino i vaccini, è un pericolo per i pazienti”: parla l’Associazione Liberi Specializzandi

    Credit: ansa foto
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 31 Mar. 2021 alle 14:07 Aggiornato il 31 Mar. 2021 alle 14:54

    Via libera alle vaccinazioni anti-Covid nelle farmacie: i farmacisti possono somministrare direttamente il vaccino, previa frequenza di corsi di abilitazione organizzati dall’Istituto superiore di sanità, ma saranno esclusi dalla vaccinazione i soggetti ad estrema vulnerabilità o chi abbia avuto pregresse reazioni allergiche gravi. Le modalità operative per la partecipazione dei farmacisti alla campagna vaccinale sono indicate nell”Accordo quadro tra governo, regioni-ppaa, Federfarma eAssofarm per la somministrazione da parte dei farmacisti dei vaccini anti SarsCov2′, firmato ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza. A fare da apripista è stata la Liguria, con 52 farmacie che hanno aderito, e medici che vaccinano con l’assistenza dei farmacisti.

    Sarebbe pronto anche il Lazio con mille adesioni, che devono però prepararsi. Da metà aprile, secondo le intenzioni del governo, il progetto dovrebbe coinvolgere tutta Italia. Ma i passaggi da affrontare – dalla formazione degli operatori sia per le somministrazioni che per l’eventuale soccorso ai pazienti, dalla creazione di locali idonei alla “copertura assicurativa” per i vaccinatori che viene richiesta dagli stessi – sono ancora diversi. E non tutti sono d’accordo. L’associazione liberi specializzandi ha inviato a TPI una nota in cui spiega le ragioni per cui questo provvedimento è sbagliato:

    “La somministrazione di un vaccino è di competenza medica!”, scrivono. “Per svariati motivi che vanno dal rispetto delle competenze, fino alla sicurezza del paziente a cui si inietta un vaccino, che potrebbe anche causare delle gravi reazioni. Non risulta che i farmacisti siano preparati a gestire emergenze di questo tipo. E se succedesse qualcosa? Non è prevista neanche la supervisione medica ma il vaccino non è acqua calda! Questa è una grave violazione dell art.348 CP”.

    “Come associazione di giovani medici, ci siamo trovati per anni a dover lottare per veder premiati i sacrifici di un percorso di studi tra i più duri in assoluto: in Italia la laurea in medicina equivale all’ingresso nel mondo del precariato, a entrare nell’ormai celebre “imbuto formativo”. La politica, sempre generosa di promesse quanto avara di fatti (Borse di Specializzazione e di Medicina Generale), ha avuto bisogno di una pandemia per scoprire i frutti della assenza di programmazione.

    Gli specializzandi, quei fortunati che riuscivano a completare il percorso post-laurea in Italia, hanno per anni portato avanti il sistema ospedaliero: “studenti” che regolarmente sforavano le ore previste dal contratto senza alcuna retribuzione né tutela seria. Negli ultimi mesi, per essere riconosciuti come professionisti, come lavoratori, prima che come schiavi da corsia sottopagati come gratificazione siamo passati dall’essere chiamati “untori” alle minacce di “segnalazione al Prefetto”.

    Nel mentre, il ministro dell’università asseriva che la soluzione alla carenza di medici (il concetto di “specialista/MMG è una cosa diversa da “laureato in medicina” ndr) era “aumentare i posti a medicina”, ed esultava per l’arrivo di un numero di borse quasi doppio rispetto gli anni passati. Peccato che il suddetto incremento di borse fosse accompagnato da un bando assurdo e da un numero più alto di candidati, come risultato il rapporto Medici precari/Specializzandi è rimasto invariato ed in piena emergenza ci sia stato un ritardo di oltre un mese nella presa di servizio.

    Parallelamente, la storia della campagna vaccinale Italiana durante la pandemia del secolo sarà ricordata per il “supercommissario” che credeva di arruolare un “esercito” vaccinatore a tempo pieno, e che alla fine ha scoperto che il mondo del lavoro nel comparto sanità in Italia non è lo stesso delle super-aziende che era solito gestire. Non ha ritenuto necessario sentire gli addetti ai lavori per elaborare un piano valido, ed alla fine è rimasto con le primule in mano.

    Il 29 marzo scorso probabilmente abbiamo superato il punto di non ritorno. In un colpo solo si è mortificato un percorso di studi e si sono minate le basi del futuro della professione medica. Come giovani che hanno lottato tanto per vedersi riconosciuti come professionisti, subiamo l’ennesima pugnalata.

    Non sta a noi ripetere e riprendere le argomentazioni, su cui si è espressa ampiamente la FNOMCeO. Ma da oggi, per eseguire un atto medico, che non è l’iniezione sia ben chiaro, ma tutto quello che c’è attorno, prima e dopo, basterà fare un corso online di qualche ora. Tanto vale la laurea in medicina, con il numero chiuso e i suoi 50 esami.

    Da oggi il cittadino potrà fruire di una seduta vaccinale con un’anamnesi e di osservazione, oltre il consenso informato, di tipo “amatoriale”. Dopo l’ormai famoso gruppo Facebook che stila linee guida, viene legittimato dallo stato Dottor Google a tutti gli effetti.

    E quando ci verranno a raccontare che sono stati costretti perché “non c’erano abbastanza medici”, gli faremo vedere i numeri (vedasi adesioni al “bando Arcuri”), e gli spiegheremo che bastava fare un DL in cui si abolivano tutte le incompatibilità per i medici in formazione, attivare il part-time da subito, si poteva sfruttare appieno il settore Continuità Assistenziale della Medicina Generale (portato avanti da sempre dai giovani, formandi in medicina generale e non), che le soluzioni, insomma, c’erano già. Ma il parere degli addetti ai lavori in questo paese conta poco, anzi si può dire che l’importanza è inversamente proporzionale alla giovane età ed alla competenza.

    Si è scelto di nuovo di umiliarci, di calpestare la classe medica in toto, senza distinzioni. La politica italiana, che se prima poteva essere considerata patologicamente incapace di comprendere la differenza tra “medico” e “specialista”, oggi a noi sembra ormai francamente in malafede, strategicamente indirizzata a distruggere il SSN, o almeno le cure primarie. Si è scelto di calpestare il nostro passato di sacrifici, di avvelenare il nostro presente, di compromettere in maniera forse irrimediabile il nostro futuro professionale.

    Oggi le conseguenze in termini di salute le pagano i cittadini. Ma chi ne pagherà le conseguenze professionali tra 10-20 anni? Si potrebbe guardare treno del Recovery come una strada per rendere il SSN Italiano un esempio per gli altri, investendo in una seria Formazione-Lavoro in continuum con l’uscita dal CdL e potenziando la Medicina Generale.  Ma se questi sono i presupposti forse è meglio per i giovani iniziare(continuare) a fare le valigie”. 

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