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Braccio di ferro ong-governo, la nave Humanity 1 resta ancorata al porto di Catania e annuncia ricorso al Tar

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La nave Humanity 1 della ong Sos Humanity è ancora ormeggiata al porto di Catania, in disobbedienza al decreto interministeriale firmato da Salvini (Infrastrutture), Piantedosi (Interni) e Crosetto (Difesa) che le imporrebbe di sostare in acque territoriali soltanto per il tempo “necessario” a completare le operazioni di assistenza per le persone fragili a bordo. Dopo lo sbarco di gran parte dei migranti che erano stati salvati in mare dall’imbarcazione, però, il comandante Joachim Ebeling, si è rifiutato di salpare portando con sé i 35 rimasti sulla nave: “Sarebbe contro la legge – spiega in un’intervista a Repubblica – se andassi via adesso violerei una serie infinita di leggi e convenzioni internazionali. Qui nel porto di Catania non sto facendo nulla di male”.

Humanity 1 ha annunciato ricorso al Tar del Lazio. “Secondo il diritto internazionale – sottolinea Mirka Schäfer, Advocacy officer di Sos Humanity – un’operazione di ricerca e soccorso si conclude con lo sbarco dei sopravvissuti in un luogo sicuro”. Entrambe le parti in causa rischiano: la Procura di Catania potrebbe contestare il reato di resistenza a pubblico ufficiale nei confronti dei comandanti che disobbediscono all’ordine della Capitaneria, mentre il governo ha provato ad evitare una eventuale imputazione per omissione d’atti d’ufficio e di soccorso facendo scendere a terra donne, bambini, anziani e malati. “La selezione è avvenuta in condizioni arbitrarie e inadeguate”, dice Till Rummenhohl, Head of Operations della ong.

Dei sopravvissuti, 36 sono stati classificati come ‘sani’ dagli ispettori inviati dal Ministero della Salute e hanno dovuto rimanere a bordo. Dopo che gli è stato detto che non potevano sbarcare, uno di loro ha perso conoscenza richiedendo l’intervento di un’ambulanza. Secondo gli avvocati “è illegale consentire lo sbarco solo a pochi eletti sopravvissuti”. Inoltre, “respingere tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali costituisce una forma di respingimento collettivo e quindi viola sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che il principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati”.

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