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“Gli animali soli in casa sono morti tra le fiamme”: storie degli abitanti del grattacielo bruciato a Milano

“È morto il cane Ernesto, qui nel palazzo lo conoscevamo in tanti. Non è vero che non è morto nessuno qui, ci sono gli animali che erano soli in casa e grattavano la porta mentre il palazzo prendeva fuoco…”. È mercoledì pomeriggio, i condomini hanno recuperato un po’ di voglia di raccontare il dramma. La sagoma annerita del grattacielo di Via Antonini, circondata da enormi detriti come resti di un Boeing precipitato o rifiuti spaziali, pare ciò che resta di una guerra appena finita.

Impiegati, avvocati, operai, medici, architetti, studenti (70 famiglie in tutto) abitavano i 18 piani del palazzo, più qualche villetta staccata a piano terra. Oggi sono tutti lì, con dei borsoni vuoti, attendendo che i vigili del fuoco li scortino nel loro appartamento, per recuperare qualcosa. E loro sono quelli fortunati. I più sfortunati non possono entrare in case ormai inaccessibili o sotto sequestro perché situate nell’area in cui si è sviluppato l’incendio (14esimo,15esimo, 16esimo piano).

Qualcuno non può salire, ma un vigile del fuoco va a cercare gli effetti personali al posto suo. C’è una ragazza seduta per terra, sull’asfalto, che è in videochiamata con un pompiere, lei lo guida nelle stanze della sua casa, gli dice quale anta aprire, “nel secondo cassetto c’è un pigiama con dei topolini”. “Noi abitavamo al quinto piano, questo è quello che è rimasto della nostra vita, recuperato con una videochiamata col pompiere”, mi racconta una coppia che siede sul marciapiede davanti a un mucchietto di gioielli anneriti, poggiati su una busta di plastica blu.

Credits: Selvaggia Lucarelli

Speravo di recuperare i diamantini, nemmeno quelli. Tutto il quinto piano è andato completamente distrutto. Eravamo fuori, stavamo rientrando in casa e per strada abbiamo visto il fumo. Eravamo qui dal 2011, ora siamo nel residence qui vicino. Abbiamo ancora l’automobile nel garage interrato, sembra che le auto si siano salvate. Solo che le chiavi si sono sciolte col fuoco, non sappiamo come la estrarremo”. “Abbiamo perso 10 anni della nostra vita, le foto, i ricordi la casa che ci eravamo arredati dopo sposati come ci piaceva, scegliendo ogni singolo pezzo…Non abbiamo più niente”, mi dice lei, affranta.

“Io ho recuperato i miei due gatti, sono a mio modo fortunata”, mi racconta Solange, avvocato, che viveva in una delle villette ai piedi del grattacielo. “Ho chiesto ai pompieri di entrare subito per cercarli, non li avrei mai lasciati lì e sono stata fortunata perché le camere si sono salvate, e con loro i mici che ora puzzano terribilmente di fumo ma sono salvi”. E aggiunge: “Io vorrei che si restituisse verità alla storia di queste famiglie perché i giornali hanno fatto passare questo grattacielo come “il grattacielo dei ricchi”, ma non è così. Ci sono persone normali, semplici, coppie, ragazzi giovani, famiglie con bambini piccoli ma nessuno che navighi nell’oro”.

Si aggiungono altri condomini per raccontarmi, come fa Roberto, che “non è come si sta raccontando, io per dire vivevo in 70 mq e ho comprato questa casa a 3000 euro al mq. Qui non ci sono grandi appartamenti, c’è solo l’attico più grande, che è di un medico con cui abbiamo avuto anche dei contenziosi”. “Questo palazzo è una cattedrale nel deserto, intorno c’è traffico, ci sono prostitute, non è l’oasi per ricchi come si sta descrivendo”, aggiunge Nicola.

Credits: Selvaggia Lucarelli
Credits: Selvaggia Lucarelli

Chiedo se hanno un’assicurazione, come sia la situazione di chi pagava ancora un mutuo: “Del materiale del rivestimento non sapevamo nulla, non ce lo siamo chiesti dico la verità. Davamo per scontato che fosse ignifugo, trattandosi di un palazzo alto più di 50 metri a forma di vela e quindi sensibile al vento. Un inquilino forse recupererà le mail che ha scambiato durante la trattativa di acquisto, in cui si parlava dei materiali. Comunque, un ingegnere mi spiegava che se va bene, se lo stabile si può recuperare, si potrà rientrare nel palazzo tra minimo tre anni. Poi ci sono le indagini sull’origine del fuoco che chissà quanto dureranno, su cui si regoleranno le assicurazioni.

Ci sono le assicurazioni del condominio, del soggetto che ha innescato l’incendio, dell’appaltatore, di chi ha fatto i lavori e poi quelle individuali. Il mio massimale però è di 75mila euro su un appartamento che ho pagato 210mila euro. Chi paga il mutuo sospenderà il pagamento per un anno, un anno e mezzo ma comunque si accumulano le more”. Faccio notare che la situazione è diversa a seconda dei piani e dei singoli appartamenti, il vento soffiava in una direzione, avvolgendo con maggior forza un fianco del palazzo.

Roberto mi spiega: “Alcuni hanno l’appartamento quasi intatto, è vero, ma non potranno comunque abitarlo. Alcuni non possono neppure entrare a recuperare due mutande, perché tre piani (14, 15, 16) sono sotto sequestro per le indagini. Terzo, quarto e quinto piano sono quasi tutti distrutti, chissà perché poi. Io stamattina ho pianto perché sono entrato l’ultima volta dentro casa con i pompieri, ho chiuso la porta dicendo “ti amo”. Ho lasciato la mia vita lì dentro. Penso a quel pompiere che mi ha aiutato a mettere l’aceto nel frigo, a quell’ultimo gesto d’amore per la mia casa”.

Credits: Selvaggia Lucarelli

Tra le inquiline anche una giornalista di Rete 4, scappata in fretta durante l’incendio con il marito e il cane in braccio. “Mi sono accorta dell’incendio all’ultimo, quando già dalle finestre cadevano pezzi della facciata. Dicono che non è morto nessuno qui dentro ma degli animali non ce l’hanno fatta. Io ho fatto in tempo a prendere il mio cane, ma alcuni animali erano soli in casa. Ci sono anche loro in questa tragedia”. “Il cane Ernesto è morto lì dentro, era un giocherellone, lo conoscevamo in tanti, siamo affranti”, mi racconta Solange.

E del resto, dai racconti di chi correva per le scale in fretta abbandonando il palazzo già in fiamme, emerge che si sentiva grattare dietro ad alcune porte. Un vigile del fuoco mi spiega che non hanno ancora il numero preciso degli animali morti, ma che per loro esiste un ordine assoluto che è “persone/animali/cose” e hanno fatto tutto quello che hanno potuto. Infine, si parla delle raccolte fondi nate in tutta fretta e parallelamente per aiutare le famiglie sfollate.

Chiedo se non sia prematuro avviare una raccolta senza spiegare come verranno spesi questi soldi, come verranno rendicontati, come si terrà conto delle esigenze dei singoli. Mi risponde Roberto: “Io faccio l’avvocato, ma non guadagno quello che si potrebbe pensare. Qui si è raccontato del palazzo dei ricchi, ma posso garantire che ci conosciamo quasi tutti e ricchi non ce ne sono. Ci sono famiglie con bambini che devono ricomprare tutto. Qualcuno si è sistemato da amici, da parenti, in case fuori città o nel residence che nessuno ci paga, tantomeno il comune”.

Credits: Selvaggia Lucarelli

Nicola, un altro inquilino, aggiunge: “Forse abbiamo avviato questa raccolta troppo in fretta, senza avere ancora una struttura alle spalle, ma l’Iban è quello del condominio e la raccolta ufficiale è solo quella, le altre non sono avviate da noi e non vogliamo che qualcuno si approfitti della situazione. Terremo conto delle esigenze dei singoli in base al reddito, ai figli, a un principio di equità. Ci sono delle spese vive a cui far fronte, stiamo pagando il residence col fondo cassa del condominio, ci è stato chiesto un anticipo di 5mila euro. Siamo stati ingenui, ma saremo trasparenti”.

Solange aggiunge: “Nel residence abbiamo cercato di tenere uniti e vicini i nuclei familiari che avevano i bambini che giocavano insieme nel cortile, così non sentono troppo il cambiamento, anche se paradossalmente i bambini la vivono meglio, si adattano meglio a qualcosa che sembra loro una novità”. Prima di andare via chiedo di Mahmood, se qualcuno lo ha visto. Percepisco una lieve insofferenza per le sue frasi delle prime ore. “Ha scritto che la vita è bella”, mentre noi qui piangevamo disperati.  Certo che la vita è bella e siamo tutti vivi, ma forse era il momento di dire qualcos’altro…”, mi dicono in coro gli inquilini con cui scambio due parole prima di andare via.

Intanto, un pompiere rimprovera una mamma, tra i curiosi di passaggio o in tour, che sta fotografando il figlio piccolo tra le macerie. “Signora, si può fare male, lo faccia allontanare di lì, non è un parco giochi”. Ci sono persone che scattano foto ricordo davanti a un palazzo che ha divorato i ricordi di 70 famiglie. Dovevamo vedere anche questo.

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