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L’amica di Martina Scialdone: “Bonaiuti era diventato un cane rabbioso”

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L’amica di Martina Scialdone: “Bonaiuti era diventato un cane rabbioso”

Martina Scialdone, l’avvocata 34enne uccisa nella notte del 13 gennaio, aveva confidato alle amiche più care i sentimenti che provava in quegli ultimi giorni, pensando alla sua relazione con Costantino Bonaiuti, 61 anni. Un misto di delusione e angoscia per quelle sfuriate improvvise del partner. Lo scrive il Corriere della Sera.

S&D

La persona forse più vicina a Martina, descrive nel dettaglio questo stato d’animo agli investigatori: “Qualche settimana fa Martina — si legge nell’ordinanza della gip Simona Calegari — mi confidò di essere un po’ stanca e di sentirsi presa in giro da Costantino. A quel punto ho pensato che, finalmente, avesse preso la decisione di terminare la loro relazione e infatti, qualche giorno fa, forse domenica scorsa, Martina mi disse che ne avevano parlato”.

Prosegue l’amica: “Martina mi diceva che quando litigavano volavano parole pesanti ma nulla più”. Ma la decisione definitiva stentava ad arrivare. Soprattutto perché quando Martina provava a essere chiara, Bonaiuti impazziva: “Ricordo — continua — che una volta Martina mi raccontò di essersi un po’ spaventata in quanto durante una lite Costantino era divenuto un cane rabbioso”. Riporta ancora il Corriere.

Tutto conferma la volontà di uccidere

La gip Simona Calegari ribadisce l’importanza della testimonianza fornita agli inquirenti dall’amica, oltre a quella oculare del fratello di Martina, Lorenzo Scialdone, presente al momento dell’omicidio.

“Le dichiarazioni di C.M. — scrive la gip — hanno trovato immediato riscontro nei messaggi che le due donne si sono scambiate nel corso della serata. Dal contenuto dei predetti messaggi emerge, in modo chiaro e inequivocabile, la fondata paura di C.M. in ordine alla possibilità che Bonaiuti potesse far male all’amica tanto da raccomandarle di mandarle la posizione e avvertire i familiari dell’incontro programmato”, riporta il Corriere della Sera.

Quella notte, infatti, C.M. si trovava a una festa. Uscita dal locale, però, decide di passare da “Brado”, il ristorante in cui si trovava l’amica insieme a Bonaiuti. Credeva che li avrebbe trovati a discutere, magari chiusi in macchina, invece era già  tutto accaduto. “Quando ho visto la polizia inizialmente non mi sono avvicinata, ma poi ho chiesto di poter passare perché cercavo un’amica e lì ho scoperto quello che era successo”.

L’avvocato Fabio Taglialatela, difesa di Bonaiuti, annuncia che ricorrerà al Riesame e spinge sulla tesi del suicidio mancato, descrivendo anche la traiettoria del proiettile, dall’alto verso il basso. La gip Calegari, però, sottolinea “come sia palesemente e inequivocabilmente emerso che l’unico obiettivo perseguito da Bonaiuti fosse esclusivamente quello di uccidere la Scialdone”.

“Ciò si evince non solo dalle modalità di svolgimento dei fatti così come descritte dal fratello della vittima, testimone oculare, ma dalla circostanza che Bonaiuti pur potendo anche successivamente rivolgere l’arma nei suoi stessi confronti ha con estrema lucidità, una volta uccisa la donna, diretto la sua azione esclusivamente alla fuga”, conclude la gip.

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