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    Galli a TPI: “Non possiamo permetterci le riaperture. Le interviste? Troppe, mi impediscono di lavorare”

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 30 Nov. 2020 alle 16:42 Aggiornato il 30 Nov. 2020 alle 16:52

    Mancano pochi giorni alla scadenza dell’attuale Dpcm con le norme per contenere la pandemia da Covid-19 in Italia: il 3 dicembre i cittadini si aspettano un nuovo provvedimento, che stabilirà il perimetro di azione di ognuno di noi nel periodo del Natale. E proprio in vista delle festività, secondo le ultime indiscrezioni, il governo sarebbe ormai orientato a imporre un nuovo divieto di spostamento tra Regioni che si andrebbe a sommare alle restrizioni previste per contenere gli assembramenti.

    Le vie dello shopping prese d’assalto ieri in alcune città italiane passate da zona rossa ad arancione lascia sconcerti e mette in allarme virologi e politici. TPI ne ha parlato con Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano.

    Assembramenti, si parla di una nuova stretta per i controlli: è sufficiente?
    L’impressione, da ciò che ho visto, è che le cose non vanno bene. Purtroppo sembra che appena si riapre qualcosa, si vanno a riproporre le stesse situazioni già ben note e questo non ce lo possiamo permettere in questo momento. Non potevamo permettercelo d’estate, quando la situazione era molto meglio dal punto di vista di numero infezioni nel Paese, e non ce lo possiamo permettere adesso, perché sarebbe la cronaca di una ripresa dei contagi annunciata.

    Lei ha parlato di possibile terza ondata.
    Non contano i numeri, seconda o terza, con le riaperture ci potrebbe essere la continuazione della seconda ondata che non si riesce a tenere frenata.

    C’è da considerare che non è ancora scoppiata l’influenza stagionale.
    Ancora non sappiamo se il fatto che per ora l’influenza non sia scoppiata dipende da “santa mascherina” o dal fatto di non avere tutti i sistemi di valutazione nei vari paesi europei, e questo perché i medici sono occupati da altro.

    Ci sono zone in Italia che la preoccupano maggiormente?
    Mi preoccupano le situazioni dove c’è più infezione e dove più rapidamente possiamo avere un’inversione di tendenza. In Lombardia abbiamo una concentrazione del problema molto marcata ma la tendenza alla decrescita in Lombardia è migliore di quella di altre regioni italiane, stranamente. Tanto da somigliare a quella che abbiamo visto con il grande lockdown. Purtroppo il discorso è che se si ricomincia a fare di tutto e di più, si riavranno tutti i problemi connessi.

    Parliamo dei vaccini, secondo alcuni sondaggi lo scetticismo degli italiani tocca punte del 40%, cosa pensa di queste percentuali, la preoccupano?
    Sempre, anche se non vorrei stare ad enfatizzarlo. Perché è sempre un dato ballerino. Se ho visto bene in Francia è peggio, ma questo non consola.

    Cosa dire alle persone che manifestano perplessità? Non parliamo di negazionisti ma di persone scettiche.
    Non ha idea di quante persone hanno anche semplicemente paura dell’ago, o delle cose più banali e che comunque hanno una robusta diffidenza per altri medici di ordine e grado, quindi non sono meravigliato in maniera eccessiva. Certo la cosa, in una circostanza come quella che stiamo vivendo, è preoccupante.

    La sovraesposizione mediatica dei virologi è un tema, come la pensa? Questa sovraesposizione la sta danneggiando?
    Fisicamente sì, non ne posso più. Mi state disturbando le attività di lavoro praticamente ogni giorno, tra poco ripeterò quello che ho già dichiarato, saluto e torno alle mie attività. Lei sarà la ventesima che mi chiama e non parliamo del numero di televisioni che sto rimbalzando.

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