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Home » Cronaca

Sono single e sto bene: perché in Italia le famiglie sono in estinzione

Immagine di copertina
Credit: Milan Popovic

Oggi in Italia le persone che vivono da sole sono più delle coppie con figli. Lo fanno per essere più indipendenti, per inseguire una passione senza dover rendere conto a nessuno. O semplicemente perché lo vogliono. Ma tra difficoltà economiche e pregiudizi devono affrontare molti ostacoli

L’Italia, un Paese di poeti, santi, navigatori e single: è quanto emerge da una ricerca dell’Istat realizzata nel 2022, secondo cui nel nostro Paese il 33,2 per cento delle persone vive da solo. Una percentuale che, per la prima volta nella storia, ha “superato” quella delle coppie con figli, che costituiscono il 31,2% delle famiglie. Secondo l’Istituto nazionale di Statistica, inoltre, se non verrà invertita la tendenza, nel 2045 il numero delle coppie senza figli supererà il numero di quelle con bambini. 

S&D

Il crollo della natalità, d’altronde, così come quello dei matrimoni, non è di certo una novità. Sempre secondo l’Istat, infatti, nel 2022 sono stati registrati 400mila nascite in meno rispetto all’anno precedente, mentre matrimoni e unioni civili sono sì in ripresa rispetto ad esempio al 2020, quando eravamo in piena pandemia e le funzioni erano state per forza di cose rimandate, ma in calo rispetto agli anni precedenti il Covid

Questo dimostra come il panorama sociale stia cambiando e con esso anche il concetto di vita adulta e famiglia. Sempre più persone tra i 30 e i 40 anni, infatti, stanno scegliendo di abbracciare consapevolmente uno stile di vita single. Questa scelta permette loro di gestire la propria esistenza con maggiore indipendenza, perseguire le proprie passioni e realizzare obiettivi personali senza il peso di una relazione romantica tradizionale con benefici per il proprio benessere. 

Secondo una recente ricerca effettuata da un team di psicologi, il non vivere in coppia per scelta può portare notevoli vantaggi. Essere single consapevoli – dice la scienza – aiuta ad amplificare le emozioni, sia positive che negative, e questo permette una gestione migliore delle emozioni stesse. Porta a una maggiore conoscenza di sé stessi, facendo aumentare anche la creatività e l’autostima.

Non solo: l’essere single, sempre secondo lo studio, riduce l’ansia e rende anche più predisposti all’ascolto. Questa propensione verso l’altro migliora le relazioni e permette di creare nuovi legami e solide amicizie. 

Ma chi sono e come vivono i single per scelta? E la loro è davvero una scelta consapevole o, al di là delle questioni romantiche e delle sfide nel trovare l’anima gemella, dietro questa decisione si nascondono le difficoltà di una società sempre più concentrata sul lavoro e sulla produttività? 

Compromessi addio

«Sono sempre stata una persona indipendente e ambiziosa», dichiara a TPI Laura, avvocato di 35 anni. «La scelta di rimanere single mi ha permesso di concentrarmi sulla mia carriera senza compromessi. Ho viaggiato, studiato all’estero e costruito una carriera gratificante. Io sono felice così perché ho imparato che la felicità può essere trovata anche nella libertà di essere me stessa».

Carriera, autorealizzazione e più tempo per sé stessi: sembrano essere queste le caratteristiche che inducono molti trentenni e quarantenni a intraprendere una vita da single. Lo si evince anche dalla testimonianza di Marco, 42 anni, che sottolinea molti degli aspetti già elencati precedentemente da Laura: «Ho investito tempo nella crescita personale e coltivato interessi che mi rendono felice, concentrandomi sul lavoro. La “singletudine” mi ha dato l’opportunità di vivere la mia vita senza compromessi». 

Fare una scelta consapevole, però, non significa non affrontare delle difficoltà. D’altronde, se pagare un affitto in una città come Milano o Roma è estremamente difficoltoso per una coppia, figuriamoci per una persona che vive sola. È vero che chi ha scelto di restare single lo ha fatto per concentrarsi sulla carriera e di conseguenza avere anche una maggiore sicurezza economica, ma è altrettanto vero che spesso le spese da affrontare non sono sempre sostenibili. 

«C’è un lato positivo nel gestire le proprie finanze da single: posso prendere decisioni in base ai miei gusti e preferenze senza dover consultare nessun altro», ammette Cristina, 44 anni, la quale, però, sottolinea anche l’importanza di «pianificare attentamente il mio futuro finanziario». Il riuscire a gestire tutto da soli, dunque, a volte si rivela una vera e propria sfida, anche con sé stessi. «Una delle sfide finanziarie più grandi per me è stata l’acquisto di una casa. Da single – continua Cristina – ho dovuto affrontare il mutuo e le spese. Se avessi avuto un partner, probabilmente, anzi quasi sicuramente, sarebbe stato tutto più semplice. Ma al tempo stesso posso prendere decisioni riguardanti il mio denaro senza dover consultare nessun altro, investendo le mie finanze nel mio sviluppo personale e nei miei hobby». 

Stigma

Non sono pochi i single che per sopravvivere sono costretti a dividere le case con altre persone, se non addirittura a vivere ancora sotto il tetto familiare con mamma e papà, magari contribuendo alle spese. In una società sì in evoluzione ma ancora profondamente radicata sul concetto di famiglia, inoltre, non sempre è semplice far passare il messaggio che si può essere felici anche senza una moglie o un marito o un figlio. 

Una delle sfide più grandi che devono affrontare i single per scelta è quella di combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pressioni sociali che li circondano. Nonostante le persone che scelgono consapevolmente di vivere da sole siano in aumento, ancora oggi molti subiscono quella che è stata definita la discriminazione del “single shaming”, letteralmente “far vergognare qualcuno di essere single”. A subirla spesso sono le donne, che spesso sono alle prese con battute e pregiudizi per non essersi conformate agli standard sociali. 

Gli stereotipi sociali spesso fanno credere che il non avere un partner equivalga a una mancanza che va colmata. E molto spesso le pressioni arrivano dalle prime persone che dovrebbero essere di supporto, ovvero genitori, parenti e amici. «Perché sei ancora single?», «Quando ti decidi a mettere su famiglia?», sono le domande, invadenti e scomode, alle quali molti single vengono ancora sottoposti. 

«Ho quasi 35 anni e sono single. Molti dei miei amici e parenti sono sposati e mi sento costantemente bombardata di domande riguardanti il mio stato sentimentale. Mi chiedono perché non ho ancora trovato qualcuno o che cosa sto aspettando per fidanzarmi», rivela Annarita. «Sono costantemente giudicata dagli altri, ma quello che le persone non riescono a capire è che io sono felice e soddisfatta della mia vita così com’è». 

Casi di single shaming, inoltre, spesso e volentieri si verificano sul luogo di lavoro, così come conferma la 44enne Ilaria, impiegata in un importante azienda di cosmetici: «I colleghi sposati spesso ricevono trattamenti preferenziali, come orari di lavoro più flessibili o giorni liberi per occasioni speciali legate alla famiglia. Io, da single, devo combattere per ottenere lo stesso trattamento per le mie esigenze personali che, con tutto il rispetto per chi ha famiglia, non sono di certo meno importanti di quelle degli altri». 

Il single shaming è un aspetto da non sottovalutare: può influenzare il benessere mentale ed emotivo delle persone coinvolte, che pur hanno fatto una scelta libera e consapevole. Una delle sfide che la nostra società dovrebbe affrontare in tal senso è quella di evitare di giudicare gli altri per le loro scelte personali riguardanti le relazioni, promuovendo l’accettazione e il rispetto della diversità di stili di vita e di scelte familiari. 

Anuptafobia

C’è anche un altro aspetto importante che riguarda i 30enni e 40enni single: la paura. Spesso, infatti, la scelta di restare da soli è anche dettata dalla paura per il futuro, spesso inconsapevole. Anche in questo caso un ruolo fondamentale, in negativo, lo gioca la società. Molte donne, infatti, temono che il formare una famiglia possa comportare una pausa o una riduzione della loro carriera professionale. La maternità, ad esempio, può comportare un periodo di congedo e un’eventuale riduzione dell’impegno lavorativo per occuparsi dei bambini, che potrebbe influenzare le prospettive di carriera. 

Un’altra preoccupazione può essere relativa a quella del bilanciamento familiare: questa si basa sulla preoccupazione di non riuscire a gestire entrambi gli aspetti in modo efficace senza sacrificare uno a vantaggio dell’altro. Senza tralasciare, anche in questo caso, le possibili discriminazioni sul posto di lavoro nell’ambito del quale una donna potrebbe avere timori riguardo al fatto di essere percepita come meno dedita all’impiego o meno ambiziosa a causa della maternità. 

C’è poi ancora un altro aspetto, non meno importante, legato alle questioni finanziarie. Se, come detto in precedenza, affrontare le spese in coppia può essere sicuramente più semplice, l’avere un figlio comporta un esborso maggiore per l’assistenza all’infanzia, l’educazione o le spese mediche.

«L’idea che una persona dipenda completamente dalle mie finanze mi spaventa non poco», ammette la 37enne Claudia. «Nel momento in cui vivi in coppia e a maggior ragione se hai figli, le responsabilità aumentano, in particolare a livello finanziario, e questo sicuramente non aiuta ad affrontare tutto ciò che potrebbe comportare il futuro con serenità». 

Questo, al tempo stesso, potrebbe portare a soffrire di anuptafobia, ovvero la paura di restare soli. Si tratta di una vera e propria fobia che colpisce soprattutto gli over 35, e in particolare modo le donne a causa del loro “orologio biologico” che le spinge a ricercare un partner con il quale avere figli il prima possibile, e i cui effetti si sono estesi soprattutto durante la pandemia di Covid. 

Quello che emerge, in conclusione, è che il nostro Paese è alle prese con un cambiamento sociale significativo, che comporta, o dovrebbe comportare, non solo un cambio di mentalità da parte dei singoli individui ma anche e soprattutto delle scelte radicali da parte della politica. Se da una parte le persone dovrebbero avere il diritto di scegliere il percorso di vita che le rende felici e realizzate, senza dover adeguarsi necessariamente agli standard sociali o familiari imposti dalla società, dall’altra parte è di estrema importanza che esse vengano adeguatamente supportate da un welfare sociale che permetta loro di vivere sia in coppia che da soli con un unico obiettivo: la ricerca della felicità e del benessere, che, è sempre bene sottolinearlo, possono essere trovati in diverse forme di relazioni e stili di vita.

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