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    Crisanti: “Avevo previsto l’aumento di contagi, hanno ignorato il mio piano: ora piangiamo”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 8 Ott. 2020 alle 09:46 Aggiornato il 8 Ott. 2020 alle 15:45

    “Venticinquemila tamponi in più sono acqua fresca, o una pezza calda. Io ne suggerivo 3-400 mila al giorno”, Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova fautore del modello “tamponi a tappeto”, è critico verso le modalità messe in atto dalle autorità sanitarie per testare i casi di Covid in Italia. Ad agosto aveva sottoposto al governo un piano per quadruplicare i tamponi, ma in un’intervista a Repubblica ha dichiarato di non averne saputo più nulla dopo che il viceministro Pierpaolo Sileri aveva consegnato il documento al Cts.

    Crisanti aveva previsto che la ripresa delle scuole e delle attività produttive avrebbe generato un notevole aumento delle richieste di tamponi, e per questo suggeriva “la necessità di un investimento logistico importante” che si sarebbe potuto realizzare in 2-3 mesi, la creazione di aree mobili di supporto sul territorio e tamponi low cost da 2 euro come quelli usati a Padova. “Lo dico contro me stesso: forse ad agosto eravamo già in ritardo e ora ne paghiamo le conseguenze”, ha dichiarato al quotidiano, convinto che il Paese abbia perso “4 mesi preziosi”.

    “L’aver pensato che era tutto finito perché avevamo 100 casi al giorno è stata un’illusione e nel frattempo non s’è fatto nulla. Abbiamo speso miliardi per il bonus bici e i banchi, invece di investirli per creare un sistema sanitario di sorveglianza che ci avrebbe messo in sicurezza”, ha sottolineato critico il microbiologo, secondo cui in Italia ci si è concentrati troppo sul “contact tracing“. “Con la ripartenza di scuola e lavoro, abbiamo dato più opportunità al virus di trasmettersi, sono aumentati i casi e siamo saturi di richieste di tracciamento. Il sistema italiano è chiaramente in affanno. Ma non c’è sistema sanitario in Europa in grado di reggere 4-5 mila richieste al giorno di contact tracing”, ha aggiunto Crisanti.

    E sulle modalità differenti per ogni Regione di gestire il contagio, ha affermato: “C’è una disorganizzazione totale. Il piano di sorveglianza non può essere lasciato a iniziative locali perché se sbagliano, l’impatto è disastroso su tutto il Paese. I test devono essere certificati e coordinati dallo Stato. Altrimenti aggiungiamo altro Far West alla babele di norme”. Nell’intervista a Repubblica Crisanti ha anche ricordato che “i soldi del Mes sono disponibili ora” e che è necessario usarli per investire in sanità perché “non si può scaricare tutto sulle spalle degli italiani” con l’inasprimento delle regole che si rivelerà sempre più duro.

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