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Cordoni ombelicali scomparsi da una bio banca svizzera, coinvolte 15mila famiglie italiane

Immagine di copertina
Un bambino appena nato Credit: Centro Nazionale del sangue

Le autorità indagano per capire dove sia finito il sangue cordonale affidato alla società Cryo-Save. Il business è stato trasferito in Polonia

Cordoni ombelicali scomparsi in Svizzera, coinvolte 15mila famiglie italiane

Sono scomparsi da Ginevra circa 15 mila cordoni ombelicali conservati, a pagamento, da coppie italiane nella bio banca privata svizzera Cryo Save. Dovrebbero essere stati trasferiti a Varsavia, negli spazi di un’altra società.

S&D

Il caso della Cryo Save è avvolto nel mistero: l’autorità giudiziaria svizzera ha aperto un’inchiesta e già da qualche giorno cerca di verificare cosa sia successo con tutto quel materiale e soprattutto dove sia finito.

Le notizie alle famiglie arrivano solo a metà, attraverso qualche mail della stessa Cryo-Save, azienda elvetica che sembra navigare in cattive acque, ma anche della Famicord, che sembrerebbe aver rilevato l’attività dell’ex concorrente.

Nella video-inchiesta “Caro Cordone” TPI è entrato in diverse banche private di conservazione del sangue cordonale e ha rivelato tutte le bugie con cui  riescono a truffare migliaia di genitori.

> “Proteggi il tuo bambino dalle malattie future, conserva il cordone”: l’inchiesta di TPI svela tutte le bugie delle banche private | VIDEO

Il fallimento della Cryo Save

Nella primavera scorsa la Cryo-Save ha iniziato a comunicare ad alcuni clienti che avrebbe trasferito in Polonia il materiale biologico da lei custodito. Il problema è che a molte delle famiglie italiane che hanno chiesto notizie non sono date informazioni.

Nel frattempo Cryo-Save Italia sarebbe fallita. Il risultato è che buona parte di quei 15mila non sanno che fine abbia fatto il cordone, che in base ai contratti stipulati avrebbe dovuto essere conservato per almeno 20 anni.

La Bioscience Institute con sede a San Marino è una concorrente di Cryo-Save e ha dichiarato in una nota: “Sembrerebbe esserci un accordo di subappalto con laboratori polacchi per il proseguimento della conservazione. Molte famiglie, però, non sono riuscite a rintracciare il sangue che avevano consegnato alla società per la crioconservazione”.

L’ipotesi è quella di buchi nel bilancio, che la società svizzera Cryo Save sperava di coprire con l’incasso di nuovi clienti con un sistema cosiddetto “Ponzi”. I conti dell’azienda non sono però mai stati risanati.

La conservazione del cordone ombelicale a pagamento è illegale in Italia

Quello del sangue a pagamento è un business che vale miliardi di euro in tutto il mondo. Conservare il sangue a pagamento per se stessi è una pratica che affascina, pur essendo priva di qualsiasi fondamento scientifico. In Italia, anche per questo motivo, viene vietata, così come in Francia: di fatto gli unici due Paesi europei che, attraverso la legge, hanno tentato di porre un freno alle attività di chi offre questo servizio per finalità commerciali.

Un freno che di certo, però, non è bastato. Pur mantenendo le loro sedi all’estero, sono riuscite a dare vita ad una fitta rete di informatori, testimonial famosi e filiali che operano in tutto il Belpaese.

Si stima infatti che siano almeno 60mila i genitori italiani che dal 2009 ad oggi, secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, conservano il proprio tesoretto biologico in una cella frigorifera all’estero.

Il fatto è che queste banche, pur di vendere, propongono falsi miracoli. Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, lo spiega chiaramente ai microfoni di TPI: “Il cordone non si usa per curare lo stesso bambino a cui appartiene poiché non risponde sul piano biologico alle sue necessità terapeutiche, ma le probabilità di cura aumentano se, paradossalmente, utilizziamo le cellule staminali emopoietiche di un altro donatore non famigliare”.

Ma soprattutto Nanni Costa denuncia il vero motivo della loro inutilità: “Il piccolo porta già iscritta nel suo dna la malattia del sangue di cui si ammalerà, ed è anche per questo non ha alcun tipo di senso conservare del materiale che sappiamo già essere portatore di una patologia. Ad ogni, anche per altri tipi di patologie, per cui il trapianto autologo viene suggerito dalle banche private, non esiste alcun tipo di letteratura scientifica che possa convalidare questa pratica”.

E non solo, sempre secondo Nanni Costa, nessun ematologo utilizzerebbe mai un campione conservato all’estero, indipendentemente dagli standard con cui si svolge tutta la procedura. Fino ad oggi, infatti, a parte un caso, come riferisce un documento ufficiale del Centro nazionale trapianti, in Italia non è mai rientrato per scopo terapeutico nessun campione di sangue cordonale conservato privatamente all’estero. In venticinque anni solo un caso è stato autorizzato, ma le cellule si sono rivelate comunque inutilizzabili perché già malate.

Nel frattempo le donazioni pubbliche di questa risorsa, utile alla cura di leucemia, linfomi e altre malattie, stanno calando. E a rimetterci è la salute di tutti.

 

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