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    “Io oggi non credo più in questo Stato: il vaccino per mio padre è arrivato nel giorno in cui è morto”: parla Giorgio Airaudo

    Giorgio Airaudo. Credit: ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

    Il segretario della Fiom Piemonte racconta la terribile beffa: suo padre, 87 anni, malato di Alzheimer, è stato convocato per il vaccino lo stesso giorno in cui è morto di Covid. Sua madre, 82 anni, malata di Parkinson, lotta tra la vita e la morte in ospedale. E lui dice: "Il governo deve intervenire subito avocando a se la tutela dei più fragili. Nel Lazio mio padre e mia madre sarebbero stati già vaccinati"

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 27 Mar. 2021 alle 10:11 Aggiornato il 27 Mar. 2021 alle 15:13

    Mio padre 87 anni, malato di Alzheimer, e la convocazione per il vaccino è arrivata nel giorno del decesso. Mia madre in lotta tra la vita è la morte. Anziani fragili abbandonati. La mia è una storia semplice e drammatica. Purtroppo simile a quella di molti altri. La beffa che fa provare rabbia.
    Quale?
    La convocazione per il vaccino è arrivata a mio padre il giorno stesso in cui è morto. E io oggi ho perso la fiducia in questo Stato. Nelle istituzioni che non sono riuscite a garantire il più elementare dei diritti.
    Parole che suonano strane in bocca ad uno come Giorgio Airaudo: segretario della Fiom Piemonte, sindacalista da una vita. Ex parlamentare della Repubblica.
    Vedo in queste ore, dentro la mia tragedia privata, il segno di un paradosso assurdo che sta vivendo tutto il paese. La nostra folle storia pandemica di questi mesi.
    Spieghiamolo.
    Mio padre Agostino, 87 anni, soffriva di Alzheimer. Mia madre, Lina, 82 anni, malata di Parkinson è rimasta con lui, al suo fianco nel deserto della pandemia, l’unica ad assisterlo quotidianamente. E si è ammalata anche lei.
    Terribile.
    In un paese civile, un paese in cui si dichiara che i più deboli sono la priorità, due persone come mio padre e mia madre avrebbero dovuto essere state vaccinate almeno da un mese.
    E invece?
    Invece nulla. Mio padre è morto quando gli arrivava un appuntamento, dopo mesi di silenzio. Mia madre sta lottando contro la morte. Con il casco Cpap e i grandi flussi di ossigeno in un reparto Covid.
    Che cosa ti fa più male di questa storia?
    Che si poteva evitare. Si doveva evitare. Sia per loro sia per tanti altri che non hanno e non trovano voce. Ora si può salvarli.
    Rispetto alla primavera scorsa, intendi.
    Certo. Nel 2020 non sapevamo nulla di questa malattia, adesso abbiamo un vaccino. Paesi con me Israele e il Regno Unito si sono già del tutto immunizzati, noi non siamo riusciti a farlo neanche con una categoria anagrafica. Quella più esposta come gli anziani fragili.

    Teoricamente erano una priorità.
    In Germania hanno iniziato a vaccinarli subito, con il personale sanitario, e non solo nelle Rsa.
    Che cosa è accaduto a loro negli ultimi mesi?
    Quello che mi fa più male. È accaduto che si sono ritrovati soli. Il centro diurno in cui mio padre era assistito ha chiuso le sue porte, giustamente, per via delle misure anti-Covid.
    Risultato?
    Tutte le famiglie dei fragili hanno dovuto rispondere correndo e facendo correre dei rischi ai loro anziani.
    E loro due?
    Erano stati segnalati come “prioritari” dal loro medico di base. Nessuno ha ritenuto di doverli convocare tra i primi.
    Tu fai una riflessione importante, che supera il caso personale.
    Questa generazione, quella di mio padre, di mia madre, di tanti altri, è una generazione che ha costruito l’Italia di oggi. È la nostra memoria storica.
    Cosa abbiamo sbagliato?
    Tutto. Se io vado a vedere i numeri assoluti della campagna vaccinale scopro che abbiamo raccontato una cosa e ne abbiamo fatta un’altra.
    Perché?
    Il racconto delle istituzioni nella lotta al virus è l’opposto della realtà.
    Cioè?
    Abbiamo, anzi, hanno detto, di aver tutelato gli anziani, e i più deboli. Ma in realtà hanno vaccinato in prevalenza più giovani.
    E come te lo spieghi?
    Ha prevalso il caos, la mancanza di coordinazione, il battere i pugni di questa o di quella categoria, questo o quel colore politico. Ma il dato finale è quello, e non si può negare.
    Quelli che volevano il vaccino hanno fatto pressione.
    Esatto. Solo che per loro, i più giovani, intendo, il vaccino è la differenza fra ammalarsi o meno. Per questi anziani fragili questo vaccino è la differenza tra la vita è la morte. Possibile che non ci ci si renda conto di questo?
    Come è potuto accadere?
    Questa generazione, quella dei settanta – ottantenni, non fa manifestazioni di piazza. Non è protetta da gruppi di interesse. Aveva fiducia nelle istituzioni. Ha sperato invano.
    Hanno atteso il loro turno. Lo stanno ancora facendo.
    Per mia madre e mio padre, come per tanti altri, non è arrivato. E non arriverà mai.

    Giorgio Airaudo, segretario dei metalmeccanici della Cgil del Piemonte è calmo, pacato, nei toni. Ma si dichiara “umanamente distrutto”. E sceglie di parlare, da uomo e da cittadino, perché pensa che questa denuncia sia utile. Non più per se o per la sua famiglia (purtroppo), ma per gli altri. Quelli che ancora oggi rischiano.
    Cosa pensavano loro, prima di questa tragedia?
    Ci era stato detto che in Piemonte tutti gli ottantenni sarebbero stati vaccinato entro metà marzo. Loro ci avevano creduto.
    Così non è stato.
    Esatto. Ma in Piemonte, come in tanti altri luoghi, non si sono nemmeno avvicinati all’obiettivo.
    È un pensiero che ti fa male in queste ore.
    Certo. Se lo avessero fatto, oggi mio padre sarebbe ancora vivo. Mia madre non sarebbe in un letto di ospedale a combattere.
    Ha avute idea di come si siano contagiati?
    Pensiamo che il virus possa essere arrivato da una persona che li assisteva. Che ovviamente non ha nessuna colpa. E qui c’è un altro tema.
    Quale?
    Se le strutture pubbliche ti abbandonano perché si blindano, bisogna vaccinare anche i caregiver, chi aiuta, le badanti, i volontari. Altrimenti si vanifica tutto.
    Sono tanti.
    Questa, per me, insieme agli operatori sanitari deve essere la sola priorità. Ripeto: proteggere chi rischia la vita.

    E le regioni?
    Un fallimento enorme. Che è sotto gli occhi di tutti. Se non riescono a tutelare i più fragili, a chi servono? A cosa? È una domanda da farsi. Il decentramento è utile se avvicina le istituzioni ai cittadini, se aumenta la velocità di risposta. Non se diventa latitanza e lontananza. Ma soprattutto: nel Lazio mio padre è mia madre sarebbero già vaccinati.
    E dunque?
    Il tema della parità di accesso alla cura viene riproposto prepotentemente dalla pandemia. In tutti i suoi aspetti, ma soprattutto sulla campagna vaccinale.
    Ovvero?
    Ho diritto ad essere protetto perché sono anziano e fragile e perché sono un cittadino italiano. Non perché sono un piemontese, un veneto o un campano. Magari in modi e com priorità diverse.
    Che cosa vorresti?
    Che il governo intervenisse subito avocando a se la tutela dei più fragili. Passando sopra qualsiasi ridicola pretesa di autonomia. Uguali nei diritti di fronte alla malattia.
    Hai scritto una toccante lettera pubblica per denunciare questa ingiustizia.
    Lo ripeto, dobbiamo molto a questi nostri anziani. Per me questa è la generazione che è cresciuta con il boom, che ha fatto le fortune industriali di questo paese, che ha pagato le tasse fino all’ultimo centesimo. Non se le meritano. Non meritano di morire così, abbandonati al virus.

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