Bari, ragazzina di 12 anni morta dopo un intervento al femore: in sala operatoria mancava il termometro
La temperatura si è alzata improvvisamente e i medici non se ne sarebbero accorti in tempo
Bari, ragazzina morta dopo un intervento: in sala non c’era un termometro
Una ragazzina di 12 anni è morta in sala operatoria dopo un intervento al femore a Bari perché mancavano il termometro e il farmaco salvavita, rimosso qualche settimana prima perché era scaduto. La giovanissima barese Zaraj Tatiana Coratella Gadaleta è morta il 19 settembre 2017 per le conseguenze di una “ipertermia” (temperatura molto alta) maligna diagnosticata troppo tardi. E per i consulenti del tribunale questi elementi sono da considerare “deficit organizzativi dell’azienda”, ovvero dell’ospedale Pediatrico Giovanni XXIII.
È questa la conclusione cui giunge la consulenza medico-legale depositata nei giorni scorsi e disposta dal Tribunale Civile di Bari nella causa per il risarcimento danni relativo alla morte della 12enne, sul quale la mamma con le due nonne della ragazza e il Policlinico sono al momento in disaccordo sulla quantificazione.
Nel procedimento penale per omicidio colposo, invece, l’anestesista Vito De Renzo ha chiesto il patteggiamento a 14 mesi mentre per il primario del reparto di Anestesia e Rianimazione, Leonardo Milella, il pm Bruna Manganelli sta valutando se chiedere il rinvio a giudizio.
Le principali responsabilità vengono ricondotte alla mancata diagnosi da parte dei medici. L’alterazione di un valore (CPK) avrebbe dovuto indurre a sospettare che si potesse trattare di ipertermia maligna. In particolare il dottor De Renzo avrebbe potuto scegliere “una tecnica anestesiologica ‘triggers free’ ovvero priva di agenti scatenanti” scrivono i consulenti.
Durante l’intervento a Bari della ragazzina morta, poi, non fu possibile monitorare la temperatura corporea della paziente perché “erano assenti in sala operatoria sonde termometriche o altri presidi”, “anche un semplice termometro funzionante”.
Altri valori, però, iniziavano ad alterarsi e quindi fu richiesto l’intervento del primario Milella, il quale inizialmente diagnosticò una tromboembolia polmonare e solo dopo tre ore l’ipertermia maligna, ad intervento ormai concluso. Il farmaco salvavita, però, non era disponibile e fu necessario andarlo a prendere nella farmacia ospedaliera.
Nel frattempo la 12enne fu trasferita in terapia intensiva. Lì, con la temperatura ormai a 43,6 gradi, le fu somministrato il farmaco ma era troppo tardi. I consulenti concludono che i due medici e il Policlinico “sono tutti co-responsabili, a vario titolo, egualmente, del decesso” della ragazza.