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Home » Ambiente

La crisi climatica ucciderà 14,5 milioni di persone entro il 2050. E sarà un disastro economico

Immagine di copertina
Credit: Pixabay

Lo hanno calcolato i tecnici del World Economic Forum. Che avvertono: "I governi non si facciano trovare impreparati come col Covid"

Entro il 2050 la crisi climatica potrebbe causare 14,5 milioni di morti e 12,5 trilioni di dollari di perdite economiche in tutto il mondo. Lo hanno calcolato i tecnici del World Economic Forum in un rapporto che tenta di misurare l’impatto del surriscaldamento globale sulla salute umana.

S&D

Il documento è stato presentato oggi, martedì 16 gennaio 2024, nel secondo giorno della convention annuale della fondazione, in corso come sempre a Davos, in Svizzera, dove tradizionalmente si danno appuntamento i principali esponenti dell’élite politica ed economica mondiale.

Secondo l’analisi, il surriscaldamento globale rischia di generare nei prossimi venticinque anni 1,1 trilioni di dollari di costi aggiuntivi per i sistemi sanitari dei singoli Paesi, aggravando il peso su infrastrutture e medici che già oggi si trovano spesso in affanno.

Scendendo più nel dettaglio, gli autori del rapporto ritengono che l’evento climatico più pericoloso per la salute umana siano le inondazioni, che entro il 2050 potrebbero provocare ben 8,5 milioni di vittime nel mondo.

Al secondo posto, in questa macabra classifica di letalità, c’è la siccità, con una previsione di 3,2 milioni di morti nei prossimi cinque lustri.

Dal punto di vista economico, invece, sono le ondate di calore a provocare il tributo più elevato: la stima è di 7,1 trilioni di dollari di perdite economiche a causa della perdita di produttività.

Nello studio si mette anche in guardia sul fatto che la crisi climatica innescherà un aumento catastrofico di diverse patologie. Le temperature più calde, infatti, aumenteranno sia il periodo riproduttivo sia l’area geografica delle colonie di zanzare, vettori di virus, che porteranno così a una maggior diffusione di malattie come la malaria, la dengue e il virus Zika, anche in zone climatiche moderate e precedentemente meno colpite come l’Europa e gli Stati Uniti.

Si calcola che entro il 2050 mezzo miliardo di persone in più rispetto a oggi potrebbero essere a rischio di esposizione a malattie trasmesse da vettori.

Il surriscaldamento globale, inoltre, aggraverà le disuguaglianze sanitarie globali. Le persone più vulnerabili, tra cui donne, giovani, anziani, gruppi a basso reddito e comunità difficili da raggiungere, saranno le più colpite dalle conseguenze legate al clima.

Regioni come l’Africa e l’Asia meridionale saranno più esposte ai cambiamenti climatici, una condizione resa ancor più rischiosa dalle limitate risorse su cui queste popolazioni possono contare oggi in termini di infrastrutture adeguate e attrezzature mediche essenziali.

Secondo i tecnici del World Economic Forum, siamo ancora in tempo per limitare i danni ma “è imperativo che i politici riconoscano e affrontino l’insufficiente preparazione dei sistemi sanitari nel mitigare le conseguenze sanitarie” della crisi climatica.

Nel rapporto si legge: “A differenza del caso del Covid-19, che ha colto di sorpresa i governi e il settore sanitario globale, esiste una finestra unica per adattare e preparare le infrastrutture sanitarie, la forza lavoro e le catene di fornitura all’impatto crescente della crisi climatica. Gli sforzi di collaborazione che coinvolgono più parti interessate e industrie sono essenziali per affrontare queste sfide e ottenere una trasformazione approfondita e completa del sistema sanitario”.

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