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La rivoluzione idroponica parte dalla Puglia, dove sorgerà la prima fattoria acquaponica d’Europa

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Allevare pesci e coltivare verdure. Ma senza sprecare acqua. In provincia di Bari sorgerà la prima fattoria acquaponica d’Europa. Grazie al riciclo permetterà un risparmio idrico del 90%. In una zona d’Italia in perenne emergenza

Allevare pesci e coltivare piante in un unico ambiente, con uno sguardo alla sostenibilità e all’ecologia: sorgerà in Italia, più precisamente a Castellana Grotte, in provincia di Bari, la prima fattoria acquaponica d’Europa, che unisce l’acquacultura (l’allevamento del pesce) all’idroponica (la coltivazione di piante senza suolo) in un ambiente a riciclo idrico chiuso e continuo grazie a un impianto innovativo capace di riutilizzare i reflui. Il progetto sperimentale si servirà delle acque depurate dall’Acquedotto Pugliese (Aqp) per la produzione agricola di lattuga e l’allevamento della Tilapia, il pesce più consumato al mondo, con un risparmio idrico del 90%, un consumo di energia elettrica limitato, bassissime conseguenze negative sull’ambiente e la completa eliminazione dei reflui e dei trattamenti chimici (pesticidi, diserbanti, fertilizzanti, etc).

S&D

Lo scopo è quello di dimostrare che ciò che viene generato dall’impianto con acque reclamate sia qualitativamente e produttivamente equiparabili a quello di un impianto con acque “naturali”, ugualmente sicuro e sano per il consumatore e per l’ambiente, attraverso una tecnica che contemperi l’equilibrio tra le esigenze umane e quelle della natura. Il progetto, chiamato Aware (Aquaponics from Wastewater Reclamation), nasce da un protocollo d’intesa tra diverse realtà: la società di sviluppo tecnologico Innova-Eu, l’Autorità idrica pugliese (Aip) come coordinatore istituzionale, l’Acquedotto Pugliese come gestore dell’impianto di depurazione e affinamento, e il Comune di Castellana Grotte. A questi si sono aggiunti altri partner nazionali e internazionali che sostengono l’iniziativa, tra cui l’Università del Salento, aziende private, organizzazioni no profit e istituzioni governative.

Come funziona
L’idea è nata tra gennaio e febbraio 2022 durante incontri preliminari tra Università del Salento, Aip e Innova-Eu, nel corso dei quali è stato proposto di effettuare sperimentazioni in tema di idroponica e acquacoltura a partire dai reflui depurati. Considerato che i risultati conseguibili erano pienamente in linea con quanto indicato dal programma di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030, il progetto è stato successivamente sviluppato nel dettaglio individuando nuovi partner e, verso fine febbraio, ne è stata formalizzata la candidatura per un bando europeo. A giugno la proposta è stata ritenuta meritevole di finanziamento da parte della Commissione Ue, i lavori hanno quindi formalmente preso il via il primo novembre: a questi seguiranno poi le attività sperimentali vere e proprie, relative all’installazione della cupola geodetica e di una serra contenenti le tre vasche di produzione da tre metri cubi: due di queste saranno alimentate con le acque reclamate, mentre una con acque “naturali”.

I tre impianti sono progettati per produrre circa cinquanta pesci l’uno, ma se i risultati ottenuti avranno un riscontro positivo, a partire dal 2025 ci sarà un’espansione con un impianto più grande con vasche di 7,5 metri cubi capaci di contenere 250 pesci circa. Le piante cresceranno nutrendosi delle sostanze rilasciate dal metabolismo dei pesci, evitandone l’accumulo e mantenendo dunque l’ambiente abitabile.

Oltre alla componente animale e vegetale, i sistemi di aquaponica sono anche dotati di una componente batterica che consente una manipolazione delle concentrazioni di carbonio, fosfato e azoto nell’acqua, che oltre ad essere elementi necessari per la crescita sia dei pesci che delle piante, possono rivelarsi tossici per entrambi se in concentrazioni troppo elevate. «Un sistema del genere favorisce il ricircolo delle risorse e consente di allevare il pesce con quantità di acqua molto ridotte rispetto all’acquacultura tradizionale», dichiara a TPI Fabio Ugolini di Innova-Eu, coordinatore del progetto. «Questo è di particolare rilievo per l’acquacultura di acqua dolce – aggiunge – che in genere attinge dai bacini idrici naturali o dalle risorse potabili. Inoltre, la coltivazione di piante in idroponica consente di preservare il suolo e le sue risorse naturali».

Un vantaggio dell’acquaponica è che questo tipo di coltivazione può essere messa in pratica in qualsiasi parte del mondo: l’agricoltura idroponica può infatti adattarsi a diversi climi e zone, comprese le aree aride. In una regione come la Puglia in cui la richiesta d’acqua supera di gran lunga le disponibilità del sistema idrico e si assiste a un progressivo fenomeno di salinizzazione della falda acquifera, qualsiasi sistema in grado di favorire il riutilizzo delle acque depurate rappresenta un obiettivo a cui tendere in un’ottica di economia circolare.

Con la nuova fattoria «saranno migliorate l’impronta ambientale e l’efficienza delle risorse dell’acquacoltura d’acqua dolce – assicura a TPI Antonio Matarrelli, presidente di Autorità idrica pugliese – così come saranno stimolati la crescita economica sostenibile e la creazione di posti di lavoro nel settore della bioeconomia dell’acqua dolce, migliorando le capacità e le competenze professionali nell’ambito dell’economia blu».

Assetati
Oggi infatti l’Italia vive una condizione di crisi idrica dovuta a diversi fattori: il nostro Paese è il secondo in Europa più idrovoro dopo la Grecia, con un prelievo annuo per abitante di 154 metri cubi, il doppio della media continentale. Questo consumo si aggrava se si tiene conto della stessa disponibilità di acqua,  che – secondo i dati forniti nel 2022 dall’Ispra – si è ridotta del 19% negli ultimi trent’anni. La scarsa efficienza delle infrastrutture, inoltre, genera una dispersione del 36% tra acqua immessa nelle reti e acqua effettivamente erogata, un fenomeno che affligge maggiormente il Sud Italia (51%). Completano l’arido e desolante quadro due conseguenze dirette del cambiamento climatico come l’aumento delle temperature medie e le piogge sempre più scarse.

«La Puglia – puntualizza Matarrelli – non è immune a questa emergenza, ma, proprio in forza di una grande consapevolezza ed anche della responsabilità del governo del più grande acquedotto d’Europa, negli anni ha messo in campo una serie di azioni che hanno già prodotto i primi importanti risultati». Primo fra tutti, la graduale riduzione delle perdite delle condotte: portata al 48% nel 2020, arriverà al 45% entro l’anno, per raggiungere l’obiettivo del 38% nel 2028. Nello scorso mese di marzo, l’impegno congiunto della Regione Puglia, dell’Autorità Idrica Pugliese e di Aqp ha permesso il varo di un piano strategico di investimenti per restituire ai sistemi idrici adeguati standard di «resilienza e durabilità»: 7 miliardi di euro sono stati stanziati da qui al 2045 per risanare la crisi idrica della regione.

Un esempio su tutti è la realizzazione del dissalatore sul fiume Tara, in provincia di Taranto, che produrrà acqua per 350mila abitanti, pari al 9% della popolazione regionale. Se si considera che ad oggi soltanto il 10% delle acque immesse in rete è di provenienza pugliese, è evidente la portata di un’opera simile, che inciderà direttamente sull’approvvigionamento di acqua, un bene che con il passare del tempo sta diventando sempre più prezioso.

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