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“Salvini, mi sento tradita: non eravamo amici?”: la lettera di una straniera al ministro dell’Interno

Immagine di copertina

Elizabeth Arquinigo Pardo, una 28enne peruviana residente in Italia da 18 anni, ha rivolto al ministro una lunga lettera nella quale parla soprattutto del decreto Salvini

“Vorrei chiedere al ministro che cos’è cambiato. Perché questo accanimento anche nei miei confronti? Perché aumenteranno a 48 mesi i tempi di attesa dell’istruttoria per la cittadinanza? Perché ha previsto la revoca di un diritto civile nonchè fondamentale come quello della cittadinanza? Non eravamo suoi amici?”.

S&D

Questo uno dei passaggi più forti della lettera redatta da Elizabeth Arquinigo Pardo, una 28enne peruviana residente in Italia da 18 anni, che ha rivolto al vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini queste righe nelle quali parla soprattutto del decreto Salvini recentemente approvato (qui il nostro articolo che spiega cosa contiene).

lLa lettera è stata inzialmente pubblicata sul sito di Possibile. Elizabeth sarà anche ospite agli Stati Generali delle Donne di Possibile il 27 ottobre a Bologna, per raccontare la sua storia e ricevere anche la tessera onoraria del partito. L’abbiamo contattata, e ci siamo fatti spiegare cosa l’ha spinta a esporsi pubblicamente.

Ecco il testo completo:

Il mio nome è Elizabeth Arquinigo Pardo e sono una cittadina peruviana, residente in Italia da oltre 18 anni. Sono nata a Lima e mi sono trasferita qui quando avevo dieci anni.

Scrivo perché mi sento tradita dalla nazione in cui vivo e della quale faccio parte integrante. Ma sono anche molto arrabbiata. Arrabbiata, con quella parte di “sinistra” che ha dato inzio alla deriva (con l’affossamento dello Ius Culturae) ma arrabbiata anche con chi continua a creare legami inesistenti tra un fenomeno naturale e strutturale, com’è il fenomeno migratorio, e la criminalità organizzata. Facendo passare il messaggio che tutti gli stranieri dal primo all’ultimo arrivato siano dei “clandestini”.

“Clandestino”: parola che, grazie ad un astuto provvedimento, viene poi associata a un reato: il reato di clandestinità. Reato di cui, stando ai sempre più  frequenti tweet del nostro ministro dell’interno nonchè vice primo ministro, ci saremo macchiati tutti, dal primo all’ultimo, e che ci porta ad essere più propensi al crimine, per l’appunto.

Ed è soprattutto a lui che vorrei rivolgere alcune “segnalazioni”. A lui, che durante la campagna elettorale creava dei cittadini extracomunitari serie A (coloro regolarmente residenti) e extracomunitari di serie B (richiedenti asilo politico), asseriva: “tutti i cittadini extracomunitari, che lavorano, pagano le tasse, studiano e sono ben integrati sono miei amici” e ancora “i cittadini extracomunitari regolari non hanno nulla di che preoccuparsi: sono tutti amici miei”. Vorrei chiedere al ministro che cos’è cambiato. Perché questo accanimento anche nei miei confronti? Perché aumenteranno a 48 mesi i tempi di attesa dell’istruttoria per la cittadinanza? Perché ha previsto la revoca di un diritto civile nonchè fondamentale come quello della cittadinanza? Non eravamo suoi amici?

Io, signor ministro, rappresento il suo perfetto “prototipo” di immigrata. Sono residente nel belpaese da oltre 18 anni, mi sono laureata, come può ben notare faccio un uso corretto sia scritto che parlato dell’italiano e sono (anche) un’onesta contribuente. Ho inizato a lavorare stabilmente (con contratti regolari sia da dipendente che da partita iva) subito dopo l’università.

Non ho potuto per motivi familiari presentare la domanda di cittadinanza a carico dei miei genitori. Quindi, questa cittadinanza non solo me la sono conquistata, in quanto è il coronamento di un percorso di integrazione, per l’appunto, ma questa cittadinanza me la sono anche sudata e guadagnata. Ho presentato domanda con i miei redditi infatti. Sono sicura che approverà questa mia scelta, dato che lei ama affermare nei suoi comizi che la cittadinanza deve essere conquista e guadagnata.

Ecco signor ministro, sta proprio qui il paradosso che mette in luce tutte le sue contraddizioni: io, una cittadina perfettamente regolare, contribuente in regola, laureata e con la voglia di proseguire con i suoi studi, rischio di non avercela questa cittadinanza.

Eh già, mi piacerebbe continuare gli studi con un master all’estero. Ora, purtroppo, per via di quest’ultima sua riforma non sono libera, sono in trappola, prigioniera della burocrazia nostrana. Per colpa della burocrazia e della legge vigente sono obbligata a rimanere in Italia fino alla fine dell’istruttoria, che ora  a causa del nuovo decreto durerà 4 anni. Mi trovo infatti costretta a non poter cambiare residenza per i prossimi 4 anni. Non potrò quindi accedere a molte opportunità lavorative ed accademiche all’estero.

Trovo il suo provvedimento ingiusto (per molti altri motivi), inadeguato a governare il fenomeno ma soprattutto ipocrita, perché viene meno alla parola data in campagna elettorale a noi  suoi “amici regolari”.

Spesso dimentico che la sua parola è valida (forse) solo per i cittadini italiani, e io ai suoi occhi non lo sono ancora. E, molto probabilmente non lo sarò mai a causa del suo provvedimento, nonostante gli anni di contributi versati, l’investimento in educazione e il contributo economico e sociale. Insomma, nonostante io me la sia sudata e quasi conquistata questa cittadinanza, io così come altri, anzi moltissimi altri ragazzi rimarremo in una gabbia burocratica“.

La lettera, ripresa da Repubblica, è diventata virale tanto da giungere al ministro Matteo Salvini che ha poi risposto:

Cara Elizabeth, ho letto con attenzione la tua lettera dell’altro giorno a Repubblica.

Confermo: chi arriva in Italia per lavorare, rispetta le leggi e si comporta bene è il benvenuto ed è un amico. I tempi per la concessione della cittadinanza si sono dilatati per l’alto numero di domande (circa 300mila), che fatichiamo a smaltire anche per i numerosi casi di documenti contraffatti.

Pensa che nel 2018 circa il 60 per cento delle istanze è stato rigettato e ci sono 4.500 ricorsi pendenti. Una situazione che mi sono ritrovato sulla scrivania e che, dopo meno di cinque mesi al Viminale, sto cercando di sistemare. I quattro anni di tempo sono il limite massimo che ci siamo dati, con l’auspicio di essere più rapidi. Prima, col limite dei 24 mesi, troppi uffici finivano per collassare. P

er la questione del master all’estero: brevi periodi di studio o di esperienze fuori dall’Italia non sono un problema, anzi, ma è evidente che la richiesta di cittadinanza presuppone una continuità di residenza sul territorio nazionale che viene meno se ci si allontana per lunghi periodi. E su questo punto la legge è rimasta uguale. Per concludere.

Di certo serve più efficienza da parte dello Stato, cara Elizabeth, ma anche meno furbetti da parte degli stranieri, aspiranti cittadini italiani, che penalizzano gli amici come te.

Tienimi aggiornato. Buona vita”.

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