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Migranti, accordo Roma-Tirana: l’Italia gestirà due centri in Albania

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Migranti, accordo Roma-Tirana: l’Italia gestirà due centri in Albania

“L’Albania darà la possibilità all’Italia di utilizzare alcune aree del territorio albanese nelle quali l’Italia potrà realizzare a proprie spese e sotto la propria giurisdizione due strutture dove allestire centri per la gestione dei migranti illegali”. Lo ha dichiarato Giorgia Meloni, annunciando la firma del protocollo d’intesa tra Italia e Albania in materia di gestione dei flussi migratori.

S&D

“L’immigrazione illegale di massa è un fenomeno che gli Stati membri dell’Unione europea non possono affrontare da soli. Da questo punto di vista la collaborazione tra Stati Ue e Stati, per ora, extra Ue può essere decisiva”, ha detto la presidente del Consiglio al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con il primo ministro albanese Edi Rama. Un accordo nato quando la premier è andata in vacanza in Albania a Ferragosto. “Giorgia avrebbe dovuto essere in vacanza”, ma c’erano le notizie degli “sbarchi di migranti” e noi volevamo “capire come aiutare”, ha detto Rama.

L’accordo, che sarà operativo entro la primavera 2024, prevede la realizzazione di due strutture in cui potranno essere confinati fino a 3mila immigrati, per un totale di 39mila persone nell’arco di un anno.

Saranno inviati in Albania solo gli immigrati salvati in mare da navi italiane e non da ong mentre, secondo Meloni, saranno esclusi minori, donne in gravidanza e soggetti vulnerabili.

“Queste strutture potranno accogliere inizialmente fino a 3mila persone, che rimarranno in questi centri il tempo necessario per poter velocemente espletare le procedure per la trattazione delle domande d’asilo ed eventualmente ai fini del rimpatrio”, ha detto la presidente del Consiglio.

A Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening, mentre a Gjader sarà realizzata una struttura modello Cpr per le successive procedure. “L’Albania collaborerà con le sue Forze di polizia per la sicurezza e sorveglianza”, ha proseguito Meloni illustrando i contenuti dell’intesa.

Secondo la premier, sono tre gli obiettivi del protocollo: “contrastare il traffico di esseri umani, prevenire i flussi migratori irregolari e accogliere solamente chi ha davvero diritto alla protezione internazionale”.

Il protocollo d’intesa è un “accordo di respiro europeo”, ha sottolineato Meloni, osservando che Tirana “si conferma amica dell’Italia e della Ue”. Nonostante l’Albania non sia ancora formalmente parte dell’Ue, “si comporta già come uno Stato membro”, ha continuato la premier, secondo cui l’Italia è da sempre uno dei maggiori sostenitori dell’ingresso di Tirana nell’Unione e investe molto nel rapporto con i Balcani occidentali, “per cui riteniamo più corretto parlare di riunificazione dell’Europa anziché di allargamento”.

“Se l’Italia chiama l’Albania c’è”, è stato il commento di Edi Rama. Albania non ancora nell’Ue, “ma questo non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei”, ha detto il premier albanese, che ha voluto parlare in italiano nelle dichiarazioni dopo l’incontro. “Noi non avremmo potuto fare questo accordo con nessuno altro stato dell’Ue”, ha proseguito, sottolineando che l’Albania non potrà mai ripagare il suo debito verso l’Italia. “Non credo che nei prossimi anni, per quegli anni che pensiamo di avere davanti, riusciremo a ripagare il debito verso l’Italia, il popolo italiano, le istituzioni italiane, per quello che hanno fatto per noi sin dal primo giorno in cui siamo arrivati su questa sponda del mare per trovare rifugio, per scappare dall’inferno, per immaginare una vita migliore. Questo debito non si può ripagare”.

“Se l’Italia chiama l’Albania c’è”, ha ribadito. “Non sta noi giudicare il merito politico su decisioni prese. Noi rispondiamo presente quando possiamo dare una mano. Ed è chiaro che dare una mano vuol dire dare un pizzico di respiro in più, è una situazione difficile per l’Italia. La verità che la geografia è diventata la maledizione dell’Italia, perché quando si entra in Italia si entra nell’Ue, ma quando si tratta di gestire questa entrata come Ue sappiamo come vanno le cose”.

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