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Sanremo 2022, le pagelle della quarta serata del Festival

Immagine di copertina
Credit: Ansa

Sanremo 2022, le pagelle della quarta serata del Festival

SANREMO 2022 PAGELLE – La quarta serata del Festival è dedicata alle Cover, e quella a cui abbiamo assistito è senz’altro una delle più belle e riuscite da diversi anni a questa parte. Ottima scelta musicale, ritmo, aria di festa ed esibizioni più che dignitose, in alcuni casi di grande qualità. Super ospite è Jovanotti, in coppia con Gianni Morandi in un medley che fa scatenare l’Ariston. Promossa anche la co-conduttrice di serata, l’attrice Maria Chiara Giannetta, altra scelta azzeccata da parte di Amadeus. A votare la sala stampa, la giuria demoscopica 1000 e il televoto da casa. Vince meritatamente Morandi, secondi Mahmood e Blanco, terza Elisa. In classifica generale dominano ancora Mahmood e Blanco, balza al secondo posto l’eterno ragazzo di Monghidoro, scala al terzo posto Elisa. La finale è ormai alle porte.

Noemi 8 – Con una voce del genere Noemi potrebbe anche cantare l’elenco del telefono. Sceglie un grande classico del soul come “You make me feel like a natural woman” che esalta le sue naturali doti vocali dalle tinte black. Da sola, al pianoforte, dimostra – qualora ce ne fosse bisogno – personalità, forza e stile. Interpretazione da brividi. Azzeccatissimo il look alla Jessica Rabbit.

Giovanni Truppi 6,5 – Truppi cambia la canottiera d’ordinanza, dal nero si passa al rosso. Al suo fianco un maestro come Vinicio Capossela, alla sua prima apparizione al Festival. Portano insieme a Mauro Pagani “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De André, non uno dei brani più nazionalpopolari di Faber. Cantautorato puro. Sobri ma coinvolgenti. Dei marziani rispetto a tutto il carrozzone festivaliero, sono già pronti per il prossimo Concertone del 1 maggio.

Yuman 6 – Per un ragazzo di 27 anni confrontarsi con un classicone come “My Way” di Frank Sinatra può sembrare un’impresa folle. Dopo un inizio stentato e con un vago sentore da pianobar, si scioglie e alla fine se la cava discretamente. La voce di Yuman è infatti una delle belle scoperte di questo Festival. Un consiglio? Svecchiarsi un po’.

Le Vibrazioni 7 – Si divertono e ci fanno divertire. Molto meglio nelle Cover che con il brano in gara. Accompagnati dai Sophie and The Giants, portano “Live and let die” di Paul McCartney. Interpretazione convincente, grazie soprattutto alla voce di lei. Le attenzioni del pubblico sono tutte per il ritorno del maestro Beppe Vessicchio.

Sangiovanni 6,5 – La montagna da scalare per il giovane e ambizioso Sangiovanni era il K2: “A muso duro” di Pierangelo Bertoli. L’ex concorrente di Amici si cala bene nel brano, con il rispetto dovuto nei confronti di certe pietre miliari della musica. Un’esibizione nobilitata dall’elegante presenza di Fiorella Mannoia.

Emma 5,5 – Girl Power: Emma con l’amica Francesca Michielin in uno dei duetti più attesi della serata, che nel complesso non convince. L’idea è carina. Loro si divertono e in fondo anche noi. Servirebbe un po’ di sicurezza e leggerezza in più. Il balletto è già virale, ma davanti a un pezzo che ha cambiato la storia del pop, l’esibizione appare troppo trattenuta, non spicca mai il volo.

Gianni Morandi 9,5 – Fuori categoria. Morandi si fa affiancare da Jovanotti in un medley irresistibile con i loro più grandi successi. Sono i super ospiti di stasera. Il pubblico si scatena, una hit dopo l’altra. Fanno gara a parte. Abbiamo aspettato tre anni per vedere Jova nel Sanremo del suo amico Amadeus, ne è valsa la pena. Travolgente.

Elisa 7 – Elisa nobilita con la sua voce un capolavoro di Giorgio Moroder. Artista poliedrica, dimostra di avere tante frecce nella sua faretra, dalla musica contemporanea a quella più datata, dall’italiano all’inglese. Aggiunge sensualità la coreografia della ballerina Elena D’Amario.

Achille Lauro 6,5 – Il messaggio è di quelli importanti, il rispetto delle donne. E allora quale canzone più adatta di Sei bellissima? Lauro ci crede, glielo si legge negli occhi. Al suo fianco c’è proprio Loredana Bertè, che vocalmente dà una pista non solo al povero Lauro, ma a gran parte delle cantanti in circolazione. Una certezza. Lui si inginocchia al cospetto della regina dai capelli blu.

Maria Chiara Giannetta 7,5 – Nota al grande pubblico soprattutto per essere stata la protagonista della serie di Rai 1 Blanca, ha dimostrato ironia, freschezza e spigliatezza. Non era facile, specie venendo subito dopo Drusilla Foer. Impeccabile il dialogo tra due innamorati con Maurizio Lastrico. Quando la tv è scritta bene, basta una semplice idea per portare a casa un pezzo da urlo. Poi ci regala un intenso monologo che esalta le sue doti attoriali. È nata una giovane stella.

Matteo Romano 7 – Questo ragazzino di appena 19 anni con il visino angelico è probabilmente il migliore dei tre arrivati da Sanremo Giovani. Coraggiosissimo nel portare “Your Song” di Elton John, non sfigura e non ruffianeggia, anche grazie alla presenza di Malika Ayane, come sempre elegante e incantevole. Lei con la sua voce accarezza ogni brano, lui bravo a scegliere un pezzo nelle sue corde.

Irama 6 – Quanta caciara quando c’è Gianluca Grignani. Genio ribelle del rock italiano, trascina Irama e il pubblico dell’Ariston in uno dei suoi brani più riusciti, “La mia storia tra le dita”, già un grande classico della musica italiana. Grignani fa l’istrione, tanto da farci dubitare sul suo tasso alcolico, Irama prova a stargli dietro. Surreale, ma per certi versi indimenticabile.

Donatella Rettore e Ditonellapiaga 5,5 – Versione di “Nessuno mi può giudicare” piuttosto fedele all’originale, sia musicalmente che nell’interpretazione. Rettore un po’ più mogia del solito, e quando è così l’esibizione perde parecchio, soprattutto pensando alla grinta che ci metteva la Caselli. Alla fine portano a casa la pagnotta, ma ci saremmo aspettati più imprevedibilità e quel tocco di sregolatezza tipiche di Donatella.

Iva Zanicchi 8,5 – L’Aquila di Ligonchio omaggia la Pantera di Goro. E sono brividi. A 82 anni la voce graffiata di Iva è ancora lì, preziosa e intatta. Dieci spanne sopra tutti. Non possiamo che ringraziarla per questo sentito ricordo di un’altra straordinaria colonna della canzone italiana, Milva.

Ana Mena 4 – Un simpatico matrimonio napoletano, con Rocco Hunt a fare da spalla. O se preferite una serata da karaoke. Ma che poco si confà con il Festival di Sanremo. Forse Francesco Monte non aveva tutti i torti. Passiamo avanti.

La rappresentante di Lista 8 – Un cocktail di stili e generi. La Rappresentante di Lista, Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra. Che dream team! “Be my baby” scelta originale e coraggiosa. Una cover sperimentale e fatta con intelligenza. Il grande pubblico apprezzerà? Distopici.

Massimo Ranieri 5,5 – “Anna verrà” è una delle canzoni più intime e delicate della straordinaria produzione di Pino Daniele. Ranieri non si discute, tanto meno la sua voce, ma l’intesa con Nek non è apparsa delle migliori. Si seguivano poco. Peccato.

Michele Bravi 4,5 – Chi mi conosce sa bene quanto per me Lucio Battisti sia intoccabile. Bravi stona e non rende giustizia a un gioiellino come “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi”. Canta a mezza voce, in alcuni punti stona. Prova una performance teatrale ma la voce non lo assiste. Lesa maestà. Commovente il ricordo finale ai nonni che non ci sono più.

Mahmood e Blanco 9 – Prendono uno dei pezzi più belli di sempre, “Il cielo in una stanza”, e gli danno nuova linfa, modernizzandolo, ma senza snaturarlo. Con rispetto e delicatezza. L’armonizzazione delle loro voci è praticamente perfetta. L’alchimia tra i due risplende in questa bella versione di Paoli. Brividi anche questa sera. Superiori.

Rkomi 5,5 – Accompagnato dai Calibro 35, omaggia Vasco Rossi con un medley dei suoi successi. Non fa la versione karaoke di Vasco, ma zoppica vocalmente in alcuni punti. Chissà che ne pensa il rocker di Zocca. Sfrontato e sexy, si presenta a petto nudo, mettendo in mostra una certa quantità di muscoli. Alla fine fa le flessioni con Amadeus. Prossimo passo, Onlyfans.

Aka7even 6,5 – La voce di Arisa, che accompagna il giovane e talentuoso Aka7even, è patrimonio dell’umanità. Intonata come poche. Un diapason. Lui se la cava, al netto di qualche incertezza. Brividi per l’omaggio a un talento che se n’è andato via troppo presto, Alex Baroni. Se lo meritava.

Highsnob e Hu 5 – Cosa ci può essere di più difficile e rischioso di cantare Luigi Tenco a Sanremo? Lui, per rispetto di un mostro sacro, si copre i tatuaggi che gli contornano il volto, lei ha una voce interessante e melodiosa. Nel complesso la scelta appare troppo azzardata. Un po’ come Battisti, anche Tenco è intoccabile. “Mi sono innamorato di te” li sovrasta e travolge, mettendo a nudo i limiti vocali di Highsnob. Interessante l’innesto di Mr Rain.

Dargen D’Amico 7,5 – Dargen D’amico uno dei personaggi di questo Festival. Porta sul palco ironia e sano cazzeggio, gustosa “La bambola” in versione rap, fresca e originale. “Che poi in Italia facciamo di quelle cialtronerie, hai visto con il Presidente della Repubblica?”, dice uscendo di scena. King.

Giusy Ferreri 6 – Porta Battisti nel mondo di Giusy Ferreri. Non ha stonato, non ha sfigurato. Può piacere o meno, ma c’ha provato. Per il resto ho già scritto che per me Battisti è sacro, tipo Maradona per i napoletani. O la Liguria per Elisabetta Canalis.

Fabrizio Moro 6,5 – Porta una canzone difficilissima come “Uomini soli” dei Pooh in tonalità originale. Ci mette passione e si conferma un grande interprete. Lavora per sottrazione, leva manierismi e orpelli della versione originale, e ci permette di apprezzare ancora di più un testo che è un gioiellino.

Tananai 1 – Doveva essere un omaggio a Raffaella Carrà. Non ho capito una parola. Raffa, perdonali perché non sanno quello che fanno. Semicit.

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