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Ascoltare è un diritto che troppo spesso viene negato: ecco perché

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A soffrire di problemi di udito è il 12% della popolazione, non solo gli anziani. E la pandemia ha ulteriormente complicato la situazione. (Photo: Kira Hofmann/dpa-Zentralbild/ZB)

Intervista di TPI a Corrado Canovi – segretario della federazione autoprotesisti

Per molti sarà una sorpresa, ma l’audioprotesista è una figura professionale che nel nostro paese è riconosciuta, al pari di un dentista. E l’Italia, in termini di dispositivi medici per l’udito, è eccellenza nel mondo. Ma molti sono ancora i problemi. Perché “sentire” è diverso da “ascoltare”.

Confindustria Dispositivi Medici è una federazione che rappresenta le aziende di un settore che vale, tra mercato interno ed export, circa 16,7 miliardi di euro. Al suo interno, Anifa si occupa del comparto specifico rappresentato da chi produce e commercializza dispositivi medici per l’udito, rivolgendosi a un’utenza composta da ben sette milioni di italiani.

Corrado Canovi è il segretario nazionale di Ana-Anap, la federazione degli audioprotesisti, le figure professionali che lavorano nei centri acustici, quindi a stretto contatto con i produttori di dispositivi per l’udito. A TPI spiega: “Ascolta la Vita, la campagna di Confindustria Dispositivi Medici, è un’iniziativa molto importante perché troppo spesso nel nostro paese si sottovaluta il problema della ipoacusia (calo o abbassamento dell’udito) che coinvolge qualcosa come 7 milioni di persone. Non sempre è facile trovare il giusto messaggio da comunicare, credo che invece questa iniziativa sia azzeccata e importante. Perché l’ipoacusia è un fenomeno subdolo”.

Perché lo definisce “subdolo”?

“Facciamo l’esempio della vista. Quando iniziamo ad accorgerci che stiamo perdendo la capacità di leggere un libro o vediamo sfocati oggetti a media distanza, interveniamo immediatamente. C’è voluto un po’ di tempo, ma oggi nessun bambino viene più preso in giro dai compagni di scuola perché porta gli occhiali. Per l’udito invece accade qualcosa di diverso, L’ipoacusia ti allontana lentamente dal mondo degli altri. L’udito è fondamentale per la nostra capacità cognitiva. Pensiamolo come un USB del cervello: arrivano informazioni decodificate. Senza USB certi file non possiamo aprirli. Succede la stessa cosa. Perdere l’udito significa perdere capacità di immagazzinare informazioni. Significa isolamento dagli altri. Ma difficilmente ai primi segni di calo dell’udito si pensa di farsi visitare o di informarsi sull’utilizzo di un apparecchio acustico. Esiste ancora uno ‘stigma’ sociale. Ma l’udito non si spegne mai. Non è come la vista. Non possiamo ‘chiudere le orecchie’ quando dormiamo. Rimane sempre acceso”.

Cosa hanno significato questi mesi di pandemia per gli audioprotesisti nei centri acustici?

“Da un lato c’è stato l’orgoglio di essere ritenuti un’ attività indispensabile. Abbiamo lavorato, anche se non c’è stata redditività. Il bacino di utenza si è ampliato molto. Noi italiani gesticoliamo molto e aiutati dal labiale anche gli over 60 con problemi di udito riescono a cavarsela. Ma se l’interlocutore indossa una mascherina le difficoltà aumentano di molto. E così è anche aumentato il senso di solitudine di tante persone. Non ‘sentire’ gli altri o le informazioni essenziali in un periodo di emergenza sanitaria aumenta l’ansia delle persone. In questi mesi tanti hanno avuto difficoltà ad accedere a una visita medica. Da noi, nei nostri centri, hanno la possibilità di risolvere il problema. Abbiamo fatto tanta assistenza alle persone, anche oltre il nostro compito specifico e questo ci inorgoglisce”.

Ci ha parlato di 7 milioni di italiani con problemi di udito. Sono molti. Siamo in linea con le medie degli altri paesi occidentali?

“Si. Il 12% circa della popolazione. Un dato omogeneo in tutti i paesi industrializzati. Certamente influisce l’allungamento della vita ma anche l’inquinamento acustico, un fenomeno generalizzato e ancora molto sottostimato. La vera differenza tra l’Italia e gli altri paesi europei sta nel fatto che noi non abbiamo un accesso immediato alla cura. Come dicevo prima, è anche un problema culturale, tipico dei popoli latini. Nei paesi del Nord Europa invece sono frequenti campagne nazionali sull’udito per educare le persone a un corretto stile di vita, a non sottovalutare il problema. Ci sono campagne di massa di screening, di sensibilizzazione. Da noi invece si fa ancora fatica a far passare un certo tipo di messaggio. In Europa oggi il calo dell’udito è un tema all’ordine del giorno. Perché legato alla sordità c’è un problema di indebolimento della popolazione anziana. E torniamo all’isolamento sociale cui accennavamo prima, amplificato dalla pandemia”.

C’è sfiducia nelle tecnologie?

“Ricordiamoci che il primo apparecchio acustico è il telefono. Dal punto di vista tecnologico, esattamente come per il telefono, l’evoluzione dei prodotti è stata incredibile. Oggi abbiamo apparecchi acustici con funzionalità BlueTooth, che misurano la febbre, che possono essere collegati a sistemi di domotica. Quello che però conta, e noi insistiamo molto su questo, è il fatto che ogni apparecchio deve essere calzato su misura sulla persona, sulle sue esigenze, sulle sue caratteristiche. Deve esserci un percorso attento e si deve essere seguiti”.

“Oggi possiamo correggere quasi tutti i tipi di sordità e serve professionalità. In Italia l’audioprotesista è una figura professionale ben definita e riconosciuta. Abbiamo un Ordine professionale, servono tre anni di università. Da questo punto di vista siamo un’eccellenza mondiale. E anche nella produzione di apparecchi acustici il nostro Paese è all’avanguardia. Le nostre aziende hanno sedi in tutto il mondo e la nostra tecnologia è la punta di diamante del settore. Quindi sì, si può e si deve avere fiducia nella nostra tecnologia. L’udito produce emozione. Dall’orecchio passano fiumi di emozioni. Pensiamo solo alla musica. Tutti i giovani sanno regolare il volume dei propri device elettronici. Manca invece un certo tipo di educazione ad un ascolto corretto”.

Come si può ricevere un rimborso per l’acquisto di un apparecchio acustico?

“Questo è un capitolo, purtroppo, ancora da scrivere. Ovvero: se si ha una invalidità civile per sordità del 33% si ha diritto a un rimborso. In altri casi no. Questa situazione nasce da un elenco dei dispositivi tecnologici che possono passare dal Servizio Sanitario Nazionale redatto nel 1999. Credo che ciascuno di noi, pensando al telefonino che usava nel 1999, possa farsi un’idea di come ci sia una grossa lacuna da colmare. Del resto, il nostro sistema sanitario che rimane comunque ancora oggi uno dei migliori al mondo, non prevede alcuna assistenza pubblica specifica per la cura dei denti o, appunto, dell’udito. Sicuramente ci troviamo in una situazione di mercato dove i prezzi, per molti anziani, sono ancora troppo alti. Ma dobbiamo tenere conto dei costi di produzione, che sono alti. Posso garantire che il margine di guadagno sul costo industriale del prodotto è davvero minimo. Ed è totalmente falso che in altri paesi d’Europa costino meno, anzi. Oltretutto va messo in conto anche il lavoro del professionista che segue il paziente, il suo decorso, la misurazione dell’udito e conseguentemente dell’apparecchio che deve essere realizzato su misura. Parliamo di un dispositivo medico seguito da un professionista. Certo, una defiscalizzazione alla radice aiuterebbe molto. Non solo noi ma soprattutto centinaia di migliaia di cittadine e cittadini”.

 

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