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    Siri, Di Maio insisite: “La difesa delle istituzioni è un buon motivo per litigare”

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 26 Apr. 2019 alle 21:48 Aggiornato il 27 Apr. 2019 alle 10:36

    Il vicepremier Luigi Di Maio insiste nel chiedere le dimissioni del leghista Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture indagato per corruzione.

    “Anche da noi si sbaglia. Ma quando qualcuno di noi sbaglia, lo buttiamo fuori in 30 secondi. Io pretendo lo stesso dalle altre forze politiche soprattutto se stanno al governo”, dice il capo politico M5S a Caltanissetta per la campagna elettorale delle amministrative siciliane.

    “Se qualcuno viene coinvolto in inchieste, specialmente di mafia e corruzione, lo si manda in panchina”, rimarca Di Maio. “Poi eventualmente lo si richiama. Quando si litiga, non è importante la lite in sé, ma il perché si litiga. E il difendere le istituzioni dalle inchieste di mafia e corruzione è un buon motivo”.

    Quando Di Maio voleva ministro dell’Economia Siri, che aveva già patteggiato per bancarotta fraudolenta

    A pochi chilometri di distanza, dal palco di Gela, l’altro vicepremier Matteo Salvini allontana però l’ipotesi crisi di governo. “No, cambierà l’Europa”, risponde il leader della Lega a chi gli chiede se dopo le elezioni europee si tornerà al voto per le politiche.

    Intanto da Pechino per il summit sulla Via della Seta il premier Giuseppe Conte prende tempo. “Non mi sento condizionato, francamente. Ho letto le posizioni delle due forze politiche, che sono abbastanza note”, sottolinea il premier. “Non mi sento condizionato perché la mia linea è sempre quella, anticipata e poi esplicitata: mi è molto chiara, nessun condizionamento mi può turbare o dar pensiero”.

    Rimuovere il sottosegretario? “Se mi dovessi convincere di questa soluzione non ci saranno alternative. Ho il potere? Lo vedremo, a tempo debito”, spiega Conte.

    “Ieri ho parlato con Siri, gli ho detto che partivo per la Cina e non potevamo vederci. Mi sono scusato, perché c’è anche l’aspetto umano, una persona che attende di incontrare il suo presidente e gli deve spiegazioni che il presidente vuole ricevere”.

    “C’è una dimensione umana che non trascurerei”, sottolinea il premier. “È ovvio però che quando riassumerò la posizione del governo rispetto a questa posizione la considerazione umana verrà tenuta da conto ma non potrà essere determinante. C’è un percorso di razionalità”.

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