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    Fico: “Su Regeni cazzotto dall’Egitto”. Di Maio pensa al ritiro dell’ambasciatore ma Conte frena

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 3 Lug. 2020 alle 09:09 Aggiornato il 3 Lug. 2020 alle 15:51

    “L’incontro fra le procure è andato malissimo. L’Egitto ha dato un vero e proprio cazzotto in faccia all’Italia, a tutti gli italiani, al nostro Stato. Bisogna dare una risposta risoluta e veloce”. Lo ha detto il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico in un’intervista al Tg1 riferendosi alla videoconferenza del primo luglio tra i pm di Italia ed Egitto.

    Il presidente Fico, sempre vicino alla famiglia Regeni, nella serata di mercoledì aveva chiamato i genitori di Giulio, e a loro aveva accennato alla possibilità di richiamare l’ambasciatore Giampaolo Cantini. Un’idea che ha rilanciato la petizione online con la richiesta dei genitori di Giulio di ritirare l’ambasciatore italiano al Cairo e che ha ricevuto migliaia di sottoscrizioni. La petizione è stata pubblicata un anno fa sulla piattaforma online Change.org dal collettivo Giulio siamo noi, che chiede verità e giustizia sulla morte del ricercatore friulano. Il collettivo ha rilanciato l’iniziativa sui social dopo che la famiglia Regeni ha definito “fallimentare” l’incontro in videoconferenza dei procuratori romani con i magistrati del Cairo. Paola e Claudio Regeni hanno scritto ieri in una nota che “Richiamare l’ambasciatore oggi è l’unica strada percorribile”.

    Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sarebbe intenzionato a richiamare per consultazioni l’ambasciatore italiano al Cairo. Sebbene formalmente decida la Farnesina, tocca a Palazzo Chigi orientare le scelte cruciali sui dossier diplomatici. Sul punto il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, taglia corto: “Non credo che il ritiro dell’ambasciatore sia una soluzione, non l’ho mai creduto per un semplice motivo: l’ambasciatore è sostanzialmente il rappresentante del suo Paese in un altro Paese. Se si toglie l’ambasciatore di fatto si finisce di dialogare, ma a noi interessa dialogare perché dobbiamo avere la verità su Regeni”.

    E anche il premier Conte sembra non avere alcuna intenzione di ritirare l’ambasciatore e sconsiglia anche solo di richiamarlo per consultazioni: “Non sono aggiornato sull’incontro tra le due procure, acquisirò maggiori informazioni. Ovviamente da un incontro non è che ne deriva automaticamente un riposizionamento dell’Italia. Non c’è un’automatica e biunivoca corrispondenza tra Procura della Repubblica e Palazzo Chigi”.

    Intanto l’indagine della Procura di Roma sul rapimento e la morte di Giulio Regeni va avanti. Ed è una corsa contro il tempo perché entro il prossimo autunno il pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, dovrà chiudere il procedimento. Il 4 dicembre scadono, infatti, i due anni dall’iscrizione nel registro degli indagati di cinque ufficiali del servizi segreti del Cairo accusati di sequestro di persona. Nel registro sono iscritti ufficiali della National security, i servizi di sicurezza interna. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore  Magdi Sharif  e dell’agente Mhamoud Najem.

    Il vertice si è concluso senza che venisse fissato, fin da ora, un nuovo appuntamento tra i magistrati. Dal Cairo assicurano che “la Procura di Roma toccherà con mano la trasparenza della squadra di inquirenti egiziani e il desiderio di giungere alla verità nel prossimo periodo”.

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