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Home » Politica

La Puglia verso le regionali: le politiche anti-Xylella sono davvero la soluzione?

Immagine di copertina
Credit: AGF

Le politiche nate per salvare la Puglia rischiano di alimentarne la distruzione. La corsa ai fondi, la logica del “nuovo a ogni costo” e la confusione tra rigenerazione e sostituzione stanno trasformando il Salento in un laboratorio di desertificazione programmata

Mentre in Puglia andava in scena il solito valzer politico — tra veti incrociati e candidature di Nichi Vendola, Michele Emiliano e Antonio De Caro — la regione bruciava. Dall’inizio di giugno a metà agosto sono andati in cenere quasi 10.000 ettari di vegetazione, un’area grande quanto un piccolo comune. Il Gargano e la provincia di Foggia restano l’epicentro del disastro, con oltre 4.800 ettari devastati, seguiti da Taranto, Lecce, la BAT e Bari, dove uliveti abbandonati e zone costiere sono state cancellate dal fuoco.

Secondo il rapporto “Italia in fumo” di Legambiente, la Puglia è terza in Italia per superficie bruciata, dopo Sicilia e Calabria, ma con un dato ancora più inquietante: pochi incendi, danni enormi. Segno che la macchina della prevenzione non funziona.

Dall’inizio dell’estate la Protezione Civile ha contato 1.851 interventi e 95 missioni aeree, costi milionari che si ripetono ogni anno senza risultati duraturi. È il sintomo di un territorio lasciato a sé stesso, tra politiche ambientali intermittenti e manutenzione del suolo inesistente. Dove l’intervento privato spesso colma — o sfrutta — il vuoto pubblico, boschi e parchi naturali diventano terreno di speculazione e incendio. Così, ogni estate, il patrimonio paesaggistico della Puglia si riduce: pinete, macchia mediterranea e biodiversità spariscono insieme all’immagine stessa di una delle regioni più belle del Mediterraneo.

Il 9 luglio 2025 la Baia delle Orte, tra le più preziose della costa otrantina, è stata inghiottita dal fuoco: oltre 100 ettari di pineta distrutti. Le indagini dei Carabinieri forestali hanno confermato la natura dolosa del rogo, con più punti d’innesco e segni di accelerante. Un gesto deliberato in un’area sospesa da anni tra tutela ambientale e appetiti economici.

Formalmente parte del Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca, la baia include una tenuta privata di 120 ettari gestita dalla Rapa Iti S.r.l.. Un mosaico di proprietà e competenze che genera conflitti continui tra conservazione e sfruttamento turistico, simbolo di una governance assente.

Pochi giorni dopo, a metà luglio, un vasto incendio ha devastato il Parco del Gargano, colpendo l’Oasi Lago Salso: oltre 800 ettari di pineta e zone umide ridotti in cenere. Anche qui la Procura di Foggia indaga per incendio boschivo doloso, dopo le denunce di WWF e Legambiente su possibili interessi speculativi. Il 31 luglio è toccato a Marina di Pulsano: 60 ettari di pineta costiera distrutti, villaggi evacuati, turisti in fuga. La Procura di Taranto indaga su 14 persone tra proprietari e gestori di terreni accusati di omessa manutenzione. L’episodio rivela il cortocircuito tra pubblico e privato: piani antincendio sulla carta, controlli deboli, confini amministrativi confusi. Nell’entroterra, la situazione non migliora.

Le campagne del Salento oscillano tra abbandono e speculazione. Mentre migliaia di ulivi colpiti da Xylella mostrano segni di ripresa, la Regione Puglia continua a ignorarlo, preferendo spingere sulla rigenerazione intensiva sostenuta dai grandi consorzi agricoli. Mai come quest’anno si sono viste tante campagne social che invitano a riconvertire gli uliveti nel nome di una “nuova riforestazione”. I

l piano regionale di Rigenerazione Olivicola offre contributi fino all’80% e la distribuzione gratuita di varietà resistenti (Leccino, Favolosa, Lecciana). Ma i fondi finanziano la ripiantumazione, non la cura dell’esistente. Così si moltiplicano i roghi dolosi o “consentiti”: bruciare gli ulivi secolari — spesso vivi, ma lenti a rinascere — diventa il modo più rapido per accedere ai bandi. Solo a luglio, oltre 260 ettari di uliveto sono andati in fumo nel Leccese, gran parte in zone infette da Xylella.

Il paradosso è evidente: le politiche nate per salvare la Puglia rischiano di alimentarne la distruzione. La corsa ai fondi, la logica del “nuovo a ogni costo” e la confusione tra rigenerazione e sostituzione stanno trasformando il Salento in un laboratorio di desertificazione programmata. E mentre la Xylella avanza verso Bari, comprendere le riprese spontanee ignorate e le fiamme sospette del Sud potrebbe evitare l’abbattimento di milioni di ulivi in tutta la regione.

Le politiche ambientali e la gestione del verde pubblico in Puglia non sembrano una priorità, nonostante si parli del vero patrimonio economico e identitario della regione. Ai margini delle strade restano sterpaglie, alberi secchi e rami colpiti dai fulmini anni fa, un combustibile invisibile che nessuno rimuove. Così, mentre le aree verdi diminuiscono e i prezzi crescono — per i turisti come per i residenti — prende forma una nuova gentrificazione, non solo sociale ma anche ambientale, dove la bellezza diventa privilegio e il paesaggio si consuma come una risorsa da sfruttare, non da custodire.

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