Carraro e gli altri: la folle corsa alla presidenza del Coni

Otto candidati per la successione a Malagò. I favoriti sono Buonfiglio (Federcanoa) e Pancalli (Comitato Paralimpico). Ma all’ultimo si fa avanti anche l’inossidabile Franco Carraro. Che, a 85 anni suonati, punta all’ennesima poltrona
La folle corsa alla presidenza del Coni ha già registrato un notevole colpo di scena. Nei giorni scorsi sono state annunciate le candidature in vista del voto del 26 giugno. I candidati a prendere il posto di Giovanni Malagò, costretto a farsi da parte per il limite dei tre mandati, sono ben 8 a fronte di 81 elettori: non sono mai stati così tanti. Ma la grande novità è anche che tra loro c’è Franco Carraro. Sì, proprio lui: il classe 1939 – 85 anni compiuti lo scorso dicembre – che è già stato presidente del Comitato Olimpico, sì, ma negli anni Ottanta.
La sua candidatura è arrivata all’ultimo. A poche ore dal gong Carraro ha sciolto le riserve, presentato la documentazione necessaria e, anticipando la concorrenza, inviato il proprio programma agli elettori. Una sorpresa per tanti. In particolare per coloro che ipotizzavano la discesa in campo di un altro Carraro: Luigi, suo figlio, oggi a capo della Federazione internazionale del Padel. E invece, ecco il colpo di teatro.
Franco Carraro è il grande nome che potrebbe far saltare gli schemi di una partita elettorale molto incerta. Fino ad oggi, infatti, i voti si dividevano principalmente tra Luciano Buonfiglio, presidente della Federcanoa, che ha ricevuto la benedizione di Malagò, e Luca Pancalli, numero uno del Comitato Paralimpico e sostenuto dall’opposizione. Al momento, però, nessuno dei due, per ragioni diverse, ha la maggioranza necessaria per essere eletto (si vocifera che contino su circa 30 voti a testa, mentre per essere proclamati al primo colpo ne servono 41).
Carraro potrebbe così essere il punto di compromesso: conosce tutti i presidenti, ha esperienza ed è gradito sia ad Angelo Binaghi – il potente presidente della Federazione Tennis – sia a Giovanni Petrucci – presidente Federbasket, classe ’45 e, a detta di molti, regista del ritorno in pista dell’ex presidente – ma anche Malagò potrebbe accettarlo.
Il Poltronissimo
Carraro non ha bisogno di presentazioni. Il “Poltronissimo” – come è stato soprannominato per le tante cariche ricoperte nel corso della sua lunghissima carriera – è stato: presidente del Milan quando giocava Rivera; ministro del Turismo e dello Spettacolo in quota Psi quando al governo c’erano De Mita e Andreotti; sindaco di Roma prima di Tangentopoli; presidente della Federcalcio durante i Mondiali di Argentina ’78 e poi anche ai tempi dello scandalo di Calciopoli. Quindi senatore di Forza Italia dal 2013 al 2018, membro del Comitato Olimpico Internazionale e attualmente capo della Divisione paralimpica della Figc.
Inoltre, ovviamente, è stato presidente del Coni dal 1978 al 1987: in totale tre mandati come Malagò. Da qui i dubbi su una sua candidatura, visto lo stop dato all’attuale presidente proprio in virtù del divieto di quarto mandato.
Tali dubbi, peraltro, sono stati sciolti, si fa per dire, dalla Commissione elettorale centrale (composta da Alvio La Face, Michele Signorini e Alessandro Cherubini), che – per il momento – ha ritenuto la candidatura «idonea e completa dei requisiti previsti dall’attuale Statuto Coni, alla luce della nota ufficiale pervenuta il 3 giugno 2025 dall’Autorità vigilante del Coni». «Trattandosi di questione che necessita di una interpretazione normativa primaria che non rientra nelle sue prerogative», si legge nella nota, la Commissione «rimette ogni eventuale ulteriore e definitiva valutazione nel merito ai competenti organi decisionali di grado superiore della precedente procedura ove attivati».
Carraro sostiene di aver ricoperto l’incarico quando erano in vigore le vecchie norme, che non contemplavano lo stop al quarto mandato. Le nuove norme, secondo l’interpretazione dei suoi legali, non sono retroattive. Inoltre la Consulta ha specificato più volte che il limite di mandati non può essere sproporzionato e che l’elemento chiave è la consecutività, quindi davanti a un eventuale giudice Carraro avrebbe anche quest’altro argomento da far valere.
Il rischio di ricorsi, prima e magari anche dopo il voto, però esiste. È concreto e per questo preoccupante: trascinare il Coni in un contenzioso legale potrebbe infatti mettere a rischio la stessa celebrazione dell’assemblea elettiva del 26 giugno, con lo spauracchio del commissariamento. Insomma, non una bella situazione in cui andarsi ad infilare.
Gli altri nomi in lizza
Oltre all’85enne Carraro, alla corsa per la presidenza del Coni partecipano altri sette candidati. In ordine alfabetico: Duccio Bartalucci, Luciano Buonfiglio, Mauro Checcoli, Pierluigi Giancamilli, Carlo Iannelli, Giuseppe Macchiarola e Luca Pancalli. La Commissione elettorale centrale ha invece escluso le candidature di Saimon Conti ed Ettore Thermes per assenza di requisiti.
Ma conosciamo meglio chi partecipa alla corsa. Partiamo da Duccio Bartalucci: classe 1952, romano ma nato a Modena, viene dal mondo dell’equitazione. Ha ricoperto l’incarico di commissario tecnico della squadra nazionale della Colombia, dopo esserlo stato a lungo per l’Italia. La sua carriera di uomo di cavalli è lunghissima prendendo avvio all’inizio degli anni Sessanta alla Società Ippica Romana. Tra le altre cose, è stato fondatore e presidente della società sportiva Lazio Equitazione Villa Glori Roma, presidente del Comitato regionale Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise della Federazione Italiana Sport Equestri e membro del comitati di presidenza della Polisportiva Lazio. «Oltre cinquant’anni vissuti nel mondo dello Sport, degli Sport Equestri in particolare, mi hanno regalato oltre ai requisiti le competenze e l’esperienza necessari a formulare la mia candidatura alla Presidenza del Comitato Olimpico Nazionale», le sue parole.
Luciano Buonfiglio, napoletano, 74 anni, è da venti alla guida di Canoa e Kayak. Come detto, è uno dei due favoriti all’elezione alla presidenza del Coni e ha avuto la “benedizione” di Giovanni Malagò. Semifinalista nel K4 a Montreal nel 1976, sarebbe il primo eletto “olimpico” in 110 anni di storia. «Chi me l’ha fatto fare? Sabatino Aracu, grande dirigente sportivo italiano: gli avevo chiesto di candidarsi se Malagò non avesse ottenuto il quarto mandato, mi ha invitato a presentarmi in prima persona», ha detto al Corriere della Sera. «Al Coni – ha aggiunto – serve esperienza. Il curriculum? Ho disputato le Olimpiadi, ho militato in un gruppo sportivo militare, le Fiamme Oro, sono stato manager internazionale di un colosso assicurativo, vicepresidente, presidente federale, membro di Consiglio e di Giunta del Coni. Le federazioni hanno tutte eguale dignità, quelle piccole e medie vivono di volontariato e vanno tutelate».
Altro candidato è Mauro Checcoli: nato a Bologna il primo marzo 1943, è un cavaliere, dirigente sportivo e progettista italiano, vincitore di due medaglie d’oro nell’equitazione ai Giochi olimpici di Tokyo 1964. Laureato in ingegneria, dopo la carriera sportiva, ha intrapreso l’attività di progettista architettonico. Dal 1978 al 1988 è stato presidente provinciale del Coni di Bologna ed è stato membro del Consiglio nazionale del Comitato olimpico. Dal 1988 al 1996 è stato presidente della Federazione Italiana Sport Equestri e nel 1998 è stato commissario straordinario della Federazione Italiana Medici Sportivi. Dal 1997 è presidente dell’Accademia Olimpica Nazionale Italiana, vicepresidente della Fondazione Giulio Onesti di Roma, presidente della Fondazione Insieme Vita e presidente dell’Associazione per il Microcredito Micro-Bò.
Come Carraro, si è candidato all’ultimo anche Pierluigi Giancamilli, dirigente del pentathlon moderno, rivale del presidente della federazione Fabrizio Bittner (responsabile sport di Forza Italia, legatissimo al capogruppo degli azzurri alla Camera Paolo Barelli, che è pure presidente della Federazione Italiana Nuoto).
Poi c’è Carlo Iannelli: avvocato, padre di Giovanni, ciclista dilettante morto in seguito a una caduta nella volata finale di una corsa a Molino dei Torti, in provincia di Alessandria, il 5 ottobre del 2019 durante l’87esima edizione del Circuito molinese. Morte per la quale da tempo chiede giustizia. Il suo programma? «Riportare l’Etica nello sport», ha scritto su Facebook.
Altro candidato è Giuseppe Macchiarola, medico sportivo delle squadre nazionali di boxe per sedici anni, presidente del Coni provinciale di Foggia, già consigliere della Federboxe e pochi mesi fa candidato presidente della stessa Fpi «per poter parlare ufficialmente in assemblea, criticare i due candidati prima amici e poi d’improvviso rivali, e quindi ritirare la mia candidatura».
Infine l’altro favorito: Luca Pancalli, fortemente sostenuto dall’opposizione dell’attuale presidenza. Nato a Roma il 16 aprile del 1964, è un dirigente sportivo, politico, pentatleta e nuotatore italiano. Dopo aver vinto tre campionati italiani giovanili di pentathlon moderno, dal 1978 al 1980 conquista un posto in nazionale juniores. A Vienna, dove si reca per un meeting internazionale, riporta nel giugno 1981 un grave incidente durante una frazione di gara a cavallo che gli procura una frattura alle vertebre cervicali, con conseguente lesione spinale e paralisi degli arti inferiori. Si laurea in Giurisprudenza nel novembre 1988. Partecipa a quattro edizioni dei Giochi paralimpici: Stoke Mandeville/New York 1984, Seul 1988, Barcellona 1992 e Atlanta 1996, sempre nel nuoto vincendo in tutto otto ori, sei argenti ed un bronzo. Ha inoltre vinto quattro titoli mondiali.
Nel 1993 Pancalli comincia l’avventura di dirigente sportivo e ha i primi contatti con il Coni: fonda, con Clay Regazzoni, la Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali. Nel 2000 viene eletto presidente della Federazione Italiana Sport Disabili, che grazie alla sua incessante azione diventa Comitato Italiano Paralimpico. Dal 2005 è confermato alla presidenza del comitato. Ricopre la carica di vicepresidente del Coni nei quadrienni 2004-2008 e 2008-2012. Dal 2005 al 2013 è segretario generale del Comitato Paralimpico Europeo. E ora? Il Coni?