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    Nessuno vuole il governo Draghi, tranne due partiti

    Non convince né il Movimento Cinque Stelle né il centrodestra, e anche Pd e Leu sono cauti. Ognuna di queste forze politiche potrebbe essere di fatto obbligata a sostenerlo, ma fondamentalmente un esecutivo guidato da Mario Draghi non piace a nessuno

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 4 Feb. 2021 alle 08:49

    Molti tecnici, ma anche qualche profilo politico. Mario Draghi ha in mente un dream team per il suo esecutivo. Ma a consentirgli questa mossa devono essere prima di tutto gli equilibri parlamentari, che sembrano più precari che mai.

    L’ex numero uno della Bce non era ancora salito al Colle, che già la politica si interrogava sullo passo successivo. Chi sosterrà in Parlamento un esecutivo Draghi? Il capo dello Stato ha fatto appello a tutti i partiti, ma chi sarà disponibile a votargli la fiducia? In queste ore tutto il mondo politico sta cercando di riprendersi dal contraccolpo derivante dalla mossa di Mattarella. E, alla conta dei fatti, solo due partiti sono davvero e apertamente favorevoli a Mario Draghi: Italia Viva e Forza Italia. Insomma, la stampa (anche straniera) ha accolto l’ex governatore con grande entusiasmo come il salvatore del Paese, ma in Parlamento mancano i numeri.

    Solo due forze dalla sua parte

    I due “Sì” di Renzi e Berlusconi per Supermario erano davvero scontati. Il leader di Italia Viva, addirittura, rivendica di essere stato in qualche modo l’artefice dell’arrivo di Draghi. E ora fa un appello perché tutti lo sostengano: “Ora è il momento dei costruttori. Ora tutte le persone di buona volontà devono accogliere l’appello del Presidente Mattarella e sostenere il governo di Mario Draghi. Ora è il tempo della sobrietà. Zero polemiche, Viva l’Italia”.

    Forza Italia si era già schierata a favore di un governo istituzionale. E Mario Draghi è una personalità molto gradita agli azzurri: “La stima per Mario Draghi è antica, al punto che lo stesso Berlusconi ha più volte rivendicato di averlo voluto fortemente alla guida Bce”, fanno sapere dal quartier generale di Fi.

    Il “no” pentastellato, ma il Movimento è spaccato

    Con 191 deputati e 92 senatori, il gruppo dei Cinque Stelle continua ad essere il più numeroso. E per il momento la posizione ufficiale del partito è un no secco a Draghi. Vito Crimi ha detto: “Il MoVimento 5 Stelle già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l’unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi”. E lo stesso fondatore, Beppe Grillo, ha fatto sapere di essere contrario a un governo Draghi.

    Ma il partito è più che mai diviso in moltissime anime ed è dunque ancora presto per dire se tutti i parlamentari seguiranno la linea anti-Draghi. Sicuramente lo farà l’ala capeggiata da Alessandro Di Battista. Meno sicura quella di Di Maio, che ha detto come la pensa: nulla contro Draghi ma deve dare vita a un governo politico.

    Il Pd non vuole perdere l’alleanza giallorossa

    La situazione del Partito Democratico è molto delicata. La verità? I dem non possono dirlo, ma non vogliono Mario Draghi. Sono stati messi spalle al muro: potrebbero trovarsi nell’arduo impasse di sostenere – per senso di responsabilità e per fedeltà a Mattarella – un governo assieme a Lega e Forza Italia, con i Cinque Stelle unico grande partito all’opposizione, cosa che rischierebbe di compromettere qualsiasi ipotesi di alleanza strutturale futura. E Renzi di questo, già sorride sotto i baffi.

    Il Richelieu del Pd, Goffredo Bettini, conferma (neanche troppo velatamente) i malumori del centrosinistra per la mossa di Mattarella: in un editoriale uscito ieri sulle pagine del nostro giornale ricorda alcuni importanti meriti dell’alleanza giallorossa, quella che è riuscita a battere il sovranismo e che ha rimesso al centro i problemi sociali del Paese. Secondo lui, sarebbe un grande errore perdere questa prospettiva politica. Solo il ministro Dario Franceschini ha alzato la testa rispetto alla linea e ha chiesto apertamente anche ai Cinque Stelle “di evitare le elezioni e di dare appoggio a Draghi”.

    Leu critica Draghi

    La parte più a sinistra dell’ex maggioranza giallorossa è ancora più radicale nelle sue posizioni anti-Draghi. “Mi pare molto difficile sostenere un governo di questo tipo”, ha detto Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e parlamentare di Leu. Ma al momento non è un no è ballerino, il partito si è anzi riservato di ascoltare le proposte di Draghi prima di decidere la propria linea.

    La Lega incerta

    Passando al centrodestra, la Lega è pronta a sfilarsi. “Si apre una nuova fase. Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi. Vogliamo parlare di taglio di tasse e apertura dei cantieri con la prospettiva del voto. Voterà mezza Europa e lo faranno tante città italiane per cui la democrazia non può essere sospesa in questi mesi. Ma non sprechiamo questi mesi”: questa la posizione di Matteo Salvini.

    Quel “non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi” lascia trapelare la possibilità di un’astensione da parte della Lega che al suo interno ha personalità come Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia, grandi estimatori di Mario Draghi e favorevoli a un sì alla fiducia. Ma la linea politica, nel tentativo di trovare una quadra con l’intero centrodestra, non è stata ancora definita.

    Fdi per l’astensione di massa

    Le prime dichiarazioni di Giorgia Meloni schierano Fdi all’opposizione di Draghi, annunciando “un’astensione di massa”. Ma anche in questo caso occorrerà aspettare quali decisioni verranno prese dopo le consultazioni.

    Guido Crosetto, il vero ideologo dietro Fratelli d’Italia, in un’intervista con il direttore di TPI Giulio Gambino, ha detto che “Draghi potrebbe spaccare il centrodestra”.

    La paura del voto potrebbe cambiare le carte in tavola

    Insomma, nessuno vuole il governo Draghi. Ma durante questa crisi l’aggettivo più usato è stato “granitico”, e forse neanche questa volta i “no” saranno così granitici. Il motivo? La paura delle elezioni. Molti partiti dal ritorno alle urne con questa legge elettorale ne uscirebbero meno che dimezzati. La “strategia Draghi” di Mattarella si fonda su una certezza da Prima Repubblica: nessun parlamentare che sa di non essere rieletto vuole andare alle urne prima del tempo. Soprattutto in questo periodo più unico che raro, in cui ci sono ben 209 miliardi del Recovery Fund da spendere. Nessuno vuole Draghi, ma tutti potrebbero essere costretti a votarlo.

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