L’Intelligenza Artificiale vista da destra e da sinistra
Secondo FdI il settore va de-regolamentato per favorire gli investimenti privati. Anche americani. Per il Pd invece deve essere Bruxelles a promuovere lo sviluppo di infrastrutture digitali europee. Se n’è parlato in una tavola rotonda organizzata da TPI in collaborazione con il Parlamento Ue
A che punto è il percorso verso la costituzione di una effettiva sovranità digitale europea? Che tipo di strategia adottare rispetto all’oligopolio statunitense delle Big Tech? Come gestire le smisurate potenzialità dell’Intelligenza Artificiale e i rischi che queste implicano per gli esseri umani?
Sono alcune delle domande attorno a cui si è discusso lo scorso 5 settembre allo spazio “Esperienza Europa – David Sassoli”, in piazza Venezia a Roma, in occasione di una tavola rotonda organizzata da TPI in collaborazione con il Parlamento europeo, dal titolo “La grande sfida dell’Intelligenza Artificiale – Pericoli e potenzialità della più grande innovazione del nuovo secolo”.
All’evento – moderato dal vicedirettore del nostro giornale, Stefano Mentana – hanno partecipato gli eurodeputati Brando Benifei, del Partito Democratico, e Stefano Cavedagna, di Fratelli d’Italia, entrambi membri della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo.
Visioni opposte
In Europa, nel campo dell’Intelligenza Artificiale, siamo in forte ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina: almeno su questo punto, destra e sinistra sono concordi. E del resto non potrebbe essere altrimenti: basti ricordare che – come si legge nel Rapporto di Mario Draghi sulla Competitività dell’Ue – tra le aziende leader nel settore dei software, quelle europee assorbono appena il 7% della spesa in Ricerca e Sviluppo, a fronte del 71% di quelle statunitensi e al 15% delle cinesi.
Quanto alle politiche da intraprendere per colmare il gap, tuttavia, Fratelli d’Italia e Partito Democratico hanno due idee molto diverse, per non dire opposte tra loro.
Secondo il meloniano Cavedagna, il nocciolo del problema sta nel fatto che «oggi l’Ue non offre l’ambiente adatto per favorire la nascita di aziende di Intelligenza Artificiale che possano competere con gli altri grandi blocchi». L’eurodeputato argomenta sostenendo che vi sia un «problema enorme di apertura del mercato europeo rispetto a chi viene da fuori» e punta il dito anche contro le «scelte ideologiche in campo ambientale» che nei prossimi anni «faranno lievitare i costi energetici per chi vuole utilizzare o costruire un data center o vuole sviluppare A.I.». «Se rendiamo impossibile ai colossi extra-europei di operare in Europa facciamo un danno non solo a loro ma anche a noi stessi», osserva.
Ecco allora la soluzione suggerita dal partito della premier Giorgia Meloni: «Abbiamo troppe norme: se vogliamo competere dobbiamo de-regolamentare». «Da un lato – insiste Cavedagna –gli Usa fanno de-regolamentazione totale, dall’altro la Cina sostiene pesantemente il settore tecnologico con finanziamenti pubblici. Pensare di dire affidare lo sviluppo dell’A.I. europea solamente al pubblico è oggettivamente impensabile: il pubblico deve garantire al privato di poter investire e operare nel nostro spazio economico».
Completamente diversa è la visione del Partito Democratico. «Il nostro obiettivo deve essere quello di sviluppare infrastrutture europee sovrane riducendo progressivamente la dipendenza dalle tecnologie straniere», sottolinea Benifei. Secondo l’eudeputato dem, le politiche predisposte dall’Ue vanno già nella giusta direzione. Dal progetto EuroStack («un progetto importante di cui si discuterà sempre di più»), che prevede la realizzazione di un’infrastruttura digitale sovrana, inclusi servizi come il Digital It Wallet e l’Euro digitale, all’Ai Act, regolamento di cui lo stesso Benifei è stato relatore, entrato in vigore il primo agosto 2024. L’Ai Act, spiega il democratico, «punta a evitare che le grandi imprese tecnologiche americane o cinesi con tendenze oligopolistiche dettino da sole le condizioni per l’intero mercato: ad esempio, vieta che un sistema di Intelligenza Artificiale utilizzato nel campo delle risorse umane possa discriminare le lavoratrici donne».
Benifei, peraltro, si dice consapevole del fatto che «non ci si può sganciare da un giorno all’altro dalla dipendenza che abbiamo nei confronti degli Stati Uniti». «Occorre razionalità», dice: «Da una parte, dobbiamo evitare di disincentivare lo sviluppo di tecnologie sovrane europee. Ma d’altro canto, a condizioni e regole rigide, verificali, attuabili, non bisogna escludere di usare qualsiasi tecnologia extra-europea».
Sia Cavedagna sia Benifei plaudono poi alla A.I. Factory che sorge a Bologna su iniziativa dalla Commissione europea, progetto che mira a creare un ecosistema di Intelligenza Artificiale aperto, competitivo e integrato a livello europeo con al centro il supercomputer Leonardo. «Si tratta di un esempio ben riuscito di partnership pubblico-privato, frutto in particolare di una sinergia che ha coinvolto la Regione Emilia-Romagna e il Governo», commenta il bolognese Cavedagna. «Con investimenti come questo, osserva l’eurodeputato di FdI, l’Italia ha la possibilità di affermarsi come player globale, come la capitale europea dell’A.I.».
Macchine da limitare?
Una parziale convergenza tra destra e sinistra la si riscontra anche sulla necessità di mettere dei paletti all’Intelligenza Artificiale.
«Le macchine ragionano in modo utilitaristico e questo rischia di mettere a repentaglio il nostro sistema etico», fa notare Cavedagna. «Se chiediamo all’A.I. come risolvere il problema di un’azienda in crisi, probabilmente il sistema risponderebbe consigliandoci di licenziare tutti i lavoratori. Dobbiamo allora capire come apportare all’Intelligenza Artificiale l’essenza dell’essere umano: come difendere il diritto alla vita, il diritto al lavoro, la democrazia». «Su questo – prosegue l’eurodeputato di FdI – serve un intervento pubblico. Ma occorre coinvolgere l’intera società: non possiamo affidarci solo ai guru o ai moralizzatori. Altrimenti rischiamo di minare la libertà di espressione. Bisogna trovare un equilibrio senza eccedere negli estremismi».
Anche secondo Benifei «il controllo umano è importante». Ma «l’Ai Act – ribadisce – tratta già tutti questi aspetti con normative specifiche, che dovranno essere implementate dall’Ai Office europeo, che andrebbe potenziato». «Bisogna scongiurare il Far West: l’Intelligenza Artificiale deve essere regolata per garantirne un utilizzo sicuro», rimarca il dem.
Benifei punge poi la destra: «Purtroppo gli Usa di Trump, lo dico da presidente della delegazione Ue-Usa del Parlamento europeo, si stanno ritraendo da tutti gli accordi internazionali a tutela ad esempio della trasparenza nell’ambito dell’A.I. generativa: significa non contrastare gli abusi del deepfake…». Per l’eurodeputato democratico, «l’integrazione europea su questi temi va accelerata: occorre una politica comune nel campo dell’innovazione, che significa investimenti e regole». «Su questo – conclude Benifei con una battuta – servirebbero dei “volenterosi europei”».