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Ddl Zan, cos’è l’identità di genere e come funziona all’estero

Immagine di copertina
Credit: Ansa

Con l’avvicinarsi della discussione sul ddl Zan al Senato, si accende lo scontro tra chi sostiene la proposta di legge contro l’omotransfobia presentata dal deputato Pd e chi si oppone alla sua approvazione. Il terreno di scontro principale tra il centrodestra (e gli ambienti cattolici) e i fautori del ddl è il passaggio che riguarda l’identità di genere, un concetto diverso dall’orientamento sessuale. Ma cos’è l’identità di genere? Perché è così importante che sia inserita nel testo? E come funzionano le altre leggi in vigore all’estero su questo tema?

S&D

Cos’è l’identità di genere

Il testo del ddl Zan, già varato dalla Camera e ora all’esame del Senato, all’articolo 1 definisce i termini usati per descrivere le categorie oggetto di tutela. In particolare, fornisce le nozioni di sesso e di genere. Con sesso “si intende il sesso biologico o anagrafico”, mentre il genere è “Qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”.

Poi il testo definisce, in paragrafi separati, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. L’orientamento sessuale è “l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi”. Prescinde, dunque, dal sesso biologico o anagrafico di chi prova quest’attrazione.

L’identità di genere, invece, è “la percezione di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione“. Questo concetto, dunque, prescinde dal sesso biologico o anagrafico, e anche dall’orientamento sessuale. Ad esempio, può esserci un soggetto biologicamente donna che non si sente tale, o viceversa, al di là del fatto che ami un uomo o un’altra donna.

Tale definizione contenuta nel ddl Zan serve allo scopo di tutelare le persone trans dalle aggressioni transfobiche, a prescindere dall’eventuale percorso di transizione. Al contrario di quanto sostengono i detrattori del ddl Zan, il termine “identità di genere” è già presente nell’ordinamento giuridico italiano, perché vi ha fatto riferimento la Corte costituzionale nella sentenza 221 del 2015 in cui si stabilisce che l’identità di genere è un “elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona”.

Le obiezioni e la proposta di modifica

La principale obiezione mossa al concetto di identità di genere inserito nel ddl Zan è che propugnerebbe l’inesistenza di differenze tra i sessi biologici e aprirebbe alla possibilità di variare il proprio sesso a piacimento. Anche alcune sigle femministe (c.d. femminismo trans-escludente) si oppongono a questa definizione di identità di genere, perché considerano sbagliato aprire alle donne trans gli spazi condivisi tra donne, come ad esempio gli spogliatoi delle palestre, perché questo esporrebbe le donne cisgender (ovvero riconosciute come donne dalla nascita) al rischio di stupro.

Ieri il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, ha presentato le proposte di modifica al ddl Zan, che consiste principalmente nell’eliminare qualsiasi riferimento all’identità di genere dal testo. Anche Italia Viva di Matteo Renzi ha proposto un emendamento-compromesso con lo stralcio delle parti più controverse, sostituendo la definizione di identità di genere  con il riferimento alla “transfobia”.

Perché l’identità di genere è fondamentale per i sostenitori del ddl Zan

La proposta di modifica, tuttavia, viene ritenuta “irricevibile” dal Pd, perché cancellare questo riferimento vorrebbe dire non tutelare le persone trans. Come ha spiegato il deputato dem e “padre” del provvedimento ddl Zan, “orientamento sessuale e identità di genere sono pilastri di un provvedimento ai quali è legata la tassatività penale della legge. Su questi principi non sono possibili mediazioni, perché ne va della vita delle persone”. Inoltre, “l’identità di genere ha a che fare con una percezione precoce del proprio genere e non è – come rilevano alcuni che contestano il concetto – la possibilità di cambiare il proprio sesso da un giorno all’altro”.

Come funzionano le leggi all’estero sul tema

Il concetto di identità di genere è presente anche nell’ordinamento internazionale. È contenuto infatti nella Raccomandazione 15/2015 della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza e nella Raccomandazione sulle misure per combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o l’identità di genere del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Entrambe le raccomandazioni sono state adottate dall’Italia.

Alcuni Stati, inoltre, hanno adottato legislazioni più progressiste sul tema. In Irlanda, ad esempio, è possibile fare una statutory declaration, ovvero una dichiarazione davanti a un notaio, con penali per dichiarazioni infedeli, in cui si afferma di avere la convinta intenzione di vivere per il resto della vita nel genere scelto, capire le conseguenze della decisione, fare la dichiarazione delle tua propria libera volontà.

In Spagna lo scorso 29 giugno il governo ha approvato in Consiglio dei ministri una proposta di legge che riconosce ai cittadini la possibilità di cambiare il proprio genere a livello legale senza necessità di aver effettuato cure ormonali né di presentare referti medici. Secondo l’Esecutivo stesso, questa nuova norma garantisce alle persone il denominato “diritto all’autodeterminazione” dell’identità di genere.

Leggi anche: Ddl Zan: una grande opportunità per riscrivere le regole della convivenza sociale

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