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    Perché il Coronavirus sta disinnescando ultradestra e populisti

    Matteo Salvini.

    Quando il pericolo è reale, chi cerca di cavalcarlo non fa proseliti. Il commento di Fabio Salamida

    Di Fabio Salamida
    Pubblicato il 21 Apr. 2020 alle 19:35 Aggiornato il 21 Apr. 2020 alle 19:52

    Perché il Coronavirus sta disinnescando ultradestra e populisti

    Sembrerà un paradosso, ma il Coronavirus sta facendo crollare i consensi di destre e populisti. Già: in una situazione di crisi e di enorme preoccupazione, terreni teoricamente fertili per chi macina consensi sulla tensione inserendosi nelle lacerazioni sociali, ad arretrare sono proprio i partiti della cosiddetta “internazionale sovranista”. La tendenza, registrata da un’indagine di Europe Elects, coinvolge tutta l’Eurozona, Italia compresa. La società di ricerca indipendente ha analizzato le flessioni di vari partiti, dagli ultraconservatori tedeschi di Alternative fur Deutschland (Afd), che dall’inizio dell’emergenza hanno perso ben 4,5 punti percentuali, alla Lega di Matteo Salvini che ne ha lasciati per strada 2,8. In Austria, il Partito della Libertà (Fpo) ha ceduto il 3 per cento così come i finlandesi di Ps. Male anche gli olandesi del Pvv che perdono l’1,7 per cento.

    Il netto calo delle forze più divisive ha due principali motivazioni tra loro collegate. In primo luogo c’è la fiducia e la solidarietà dei popoli verso i governi che stanno gestendo l’emergenza. Prendiamo l’Italia: al netto delle polemiche sui decreti e sulla comunicazione, la popolarità del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è altissima. La stragrande maggioranza della popolazione segue le regole e la propaganda di Lega e Fratelli d’Italia è percepita da molti come un’azione di disturbo verso chi – pur commettendo degli errori – sta lavorando per salvare vite e per far uscire il Paese dall’emergenza. Sono tantissimi, ad esempio, a criticare Salvini sotto i tanti tweet che ogni giorno fa pubblicare per attaccare l’esecutivo e molti dei suoi stessi seguaci invocano collaborazione e meno polemiche, restando ovviamente inascoltati.

    C’è poi la percezione del pericolo, un pericolo reale e non artefatto o “percepito”. Un pericolo che mette decisamente in secondo piano la “costruzione del nemico”, cuore della propaganda di alcuni partiti. Insomma, se in tempi normali la figura mitologica del “palestrato migrante”, quello che arriva sul barcone con vestiti firmati e cellulare di ultima generazione per vivere sulle spalle degli italiani e rubare le loro mogli, funziona e crea una divisione tra “tifoserie” funzionale e ottenere consensi, sul Coronavirus non si riesce a costruire una narrazione fuorviante (e falsa) utile a raggiungere l’obiettivo.

    Oggi il bisogno di restare uniti è più forte dell’istinto di dividersi. Verrà poi il tempo di ripartire e di affrontare una crisi economica e sociale senza precedenti. Ai morti per Covid-19 si sostituiranno i nuovi disoccupati, le famiglie che faticheranno ad arrivare alla terza settimana del mese, la rabbia sociale che monterà in vaste fasce delle popolazioni. E ci sarà chi proverà nuovamente a cavalcare il malcontento per crescere nei consensi. Chissà che non si ritrovi davanti popoli più “vaccinati”, più immuni ai pifferai di Hamelin. Molto di ciò che chiameremo “rinascita” dipenderà proprio da questo.

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