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Russky Mir (di G. Gambino)

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Alexei ha 47 anni e vive nella regione di Rostov, nella Russia meridionale, vicino al confine ucraino. Quando Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina era terrorizzato. I suoi colleghi di ufficio, però, la pensavano diversamente: erano esaltati dalle gesta dello zar.

Così ha scritto un post sui social, denunciando l’orrore di quella operazione. Molti lo hanno attaccato, tra i commenti, e un funzionario della polizia locale gli ha intimato di cancellare il suo pensiero. Lui si è rifiutato. Il giorno dopo, al lavoro, il suo capo lo ha convocato per rimproverarlo e per imporgli di eliminare quel post, altrimenti sarebbe stato licenziato. Così Alexei è uscito dalla stanza, ha preso le sue cose e si è dimesso. Più tardi tre uomini armati sono andati a trovarlo a casa e lo hanno arrestato accusandolo di aver pubblicamente mancato di rispetto alla nazione.

È per zittire e annientare i russi come Alexei che Putin ha sferrato il più brutale attacco militare sul suolo europeo dalla Seconda guerra mondiale. Il conflitto in Ucraina sta facendo emergere le fratture interne della società russa, assai più divisa di quanto appaia dall’esterno. L’invasione, per le sue implicazioni militari e storiche su scala globale, esaspera la divisione fra chi è favorevole a una guerra e chi è contrario. Accende un faro di luce, ben più di qualsiasi indice di gradimento farlocco o elezione pilotata, sul volto nuovo di una società che per la prima volta, apertamente, mette in dubbio l’autorità (e la credibilità) di Putin.

Mentre il presidente russo tiene il mondo con il fiato sospeso, tutti ci chiediamo fino a che punto si spingerà, e per fare che cosa. Questo signore della guerra oggi ha deciso di: 1. invadere un Paese sovrano; 2. agitare lo spettro dell’atomica (l’abbandono della neutralità costituzionale in Bielorussia e la rinuncia allo status di paese denuclearizzato costituiscono un ulteriore segnale inquietante); 3. minacciare la terza guerra mondiale.

Putin ha attaccato l’Ucraina con il pretesto di liberare gli ucraini dai “nazisti che la governano” e di contenere l’espansionismo della Nato, ma la verità è che nella sua mente c’è molto di più.

Tanto per cominciare lo zar detesta gli ucraini (da sempre). Nessuno si aspettava questa guerra, anche perché il legame tra Russia e Ucraina è culturalmente profondo. E infatti si è guardato bene dal dire “andiamo a sconfiggere i nostri fratelli ucraini”, se mai ha usato la scusa della “de-nazificazione” e quella – sempreverde – che l’Occidente “minaccia di distruggerci”.

Terrorizzato dal Covid, negli ultimi due anni ha lasciato la Russia solo tre volte. Tiene i suoi interlocutori a quattro metri di distanza. È sempre più isolato e meno lucido. Irrazionale, quindi capace di tutto.

Il fatto è che Putin ha l’assoluta convinzione di avere un appuntamento con la storia e che, lì fuori, ad aspettarlo ci sia “Russky Mir”, la Galassia Russa. Ovvero gli ucraini (meglio: tutti i russofoni) vanno annessi e riuniti sotto una grande ala protettrice. Da lui guidata.

In questo quadro l’invasione ha perfettamente senso, dal punto di vista di Vlad the Mad, ed è coerente con il disegno di un mondo imperniato su due fronti sempre più polarizzati (Occidente VS Oriente), dilaniato da valori e idee radicalmente diversi. Quelli come il dissidente Alexei, e per estensione i liberal-democratici, da una parte; tutto il resto del mondo dall’altra, quella di Putin.

Il leader russo è convinto che il modello liberal-democratico occidentale (con tutto ciò che questo comporta, diritti compresi) sia la palla al piede che sta rallentando la corsa dell’Occidente nella sfida per governare il mondo e, di più, che sia una delle cause principali del declino geopolitico di Usa e Ue. A Putin basta farsi scudo con la Cina per ricordare che due potenze mondiali (la sua e quella di Xi) funzionano perfettamente, e meglio, quando governate da regimi autoritari.

Lo spettro del fascino real-politik-putiniano si espande oltre la Russia. Putin fa proseliti anche altrove nel mondo, in Occidente è ammirato dai non-allineati, gli anti-establishment, dagli estremisti di destra o dai Salvini-alike, oggi persino dai no vax, perché solletica gli animi di chi come lui crede che l’America (da cui l’Occidente dipende) sia ipocrita, nel fare le guerre, nei valori che impone alle nazioni che “colonizza” e anche nel modo in cui concepisce la società.

Siamo dunque di fronte a un folle totale o a un brillante e geniale stratega? Difficile dirlo. Lo zar ha gettato il mondo nel caos con una guerra che sta dimostrando di essere molto più ostica di quanto si credesse. E finora ha ottenuto l’esatto contrario di quanto auspicasse. Non che l’esercito russo non sia in grado di sconfiggere convenzionalmente le forze armate ucraine.

Ma un conto è essere militarmente superiori, un altro dimostrare di saper vincere una battaglia e poi una guerra. L’ultimo ventennio ci ha insegnato che invadere un Paese straniero e governarlo difficilmente coincidono. Inizia una nuova fase.

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