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Per una difesa comune credibile l’Europa deve costruire un pilastro continentale della Nato connesso all’Ue

Immagine di copertina
Credit: © European Union 2014 - European Parliament

Anche con i nuovi, seppur ingenti, investimenti annunciati da Bruxelles, la presenza Usa nel Vecchio continente rimarrà essenziale per la sua sicurezza. Ma possiamo dare il nostro contributo

Ormai tra i leader europei circola una battuta, sempre più citata da giornalisti ed esperti: “L’Europa è l’unico continente in cui 500 milioni di europei chiedono a 350 milioni di americani di essere protetti da 150 milioni di russi”.  Eppure, dopo il rovinoso incontro tra i residenti Trump e Zelensky nello Studio Ovale, il disimpegno americano dall’Europa sembra più vicino che mai. È da circa 75 anni che gli europei non sentivano così concreta e tangibile l’esigenza di provvedere alla propria difesa, ossia da quando gli Stati Uniti, nel corso della Guerra fredda, si trovarono impegnati a gestire un complesso conflitto in Corea, con la partecipazione diretta e indiretta di Cina e Unione Sovietica nel conflitto. All’epoca sembrava che gli Usa, preoccupati dallo scoppio di una guerra mondiale su un doppio fronte, europeo e asiatico, fossero favorevoli a una difesa europea più forte e a un riarmo che avrebbe permesso al Vecchio continente di essere più autonomo da Washington. Il risultato fu una bozza di trattato per una Difesa europea, a cui contribuirono De Gasperi, Adenauer e i maggiori leader continentali dell’epoca. All’apparenza la situazione di oggi è opposta rispetto ad allora. Il conflitto in Ucraina è infatti alle porte dell’Europa e gli Stati Uniti, così come gli europei, sembrano totalmente concentrati sul contenimento della Russia e delle sue mire espansionistiche e in misura minore su ciò che accade in Asia o in Medio Oriente. Questo punto di vista è fallace e non ci fa capire l’attuale visione del mondo dell’amministrazione americana. Se alzassimo lo sguardo un attimo e provassimo a guardare la situazione internazionale con una prospettiva meno eurocentrica, ci accorgeremmo che anche oggi gli Stati Uniti si trovano in un quadro internazionale estremamente pericoloso.

Negli ultimi tre anni, numerosi centri di ricerca d’Oltreoceano si sono dedicati all’elaborazione di scenari possibili per un’eventuale invasione di Taiwan da parte della Cina. Secondo ciascuno di essi, il conflitto si estenderebbe ben oltre l’isola di Formosa e, secondo quasi tutte le proiezioni, porterebbe in guerra anche Giappone, Corea del Sud e probabilmente Filippine. Lo sforzo americano per contenere la Cina, seconda potenza globale, sarebbe totale; l’intera flotta ed aeronautica statunitense sarebbero coinvolte e probabilmente decimate. Al termine del tentativo di invasione probabilmente la Cina non prenderebbe Taiwan ma gli Stati Uniti non potrebbero più proiettare la propria potenza nel mondo, fondamentalmente rendendo le loro altre alleanze regionali, come la Nato con l’Europa, lettera morta. Il problema si avvertirebbe ben oltre i nostri confini, estendendosi a Medio Oriente, Africa occidentale e forse America del Sud. La risposta di Trump, come spesso accade visto lo stile della sua presidenza, è decisa e aggressiva: l’annessione della Groenlandia, la ricostruzione e “de-palestinizzazione” di Gaza e la pace in Ucraina sono tentativi sbrigativi di chiudere ogni fronte presente o futuro degli Stati Uniti, per concentrarsi sul conflitto che egli vede più probabile e pericoloso.

La fretta della Casa Bianca porta un’inevitabile tensione con gli europei, i quali comprendono il punto di vista americano (come dimostrano le varie strategie per l’Indo-pacifico sviluppate da Ue, Germania, Italia e altri Stati negli ultimi anni) ma dissentono fortemente sul metodo. La sfida europea ora è convogliare l’energia di Washington in una chiave costruttiva e non di fiera inconcludenza. Al momento, la reazione di Bruxelles e delle altre capitali europee all’accelerazione in politica estera di Trump ha confermato, più che smentire, le aspettative americane, dando fondamentalmente ragione a chi vede gli europei come opportunisti e incapaci di provvedere alla propria sicurezza. Il motto principale che si sente in questi giorni, ossia più soldi per la Difesa, conferma che non ci siano idee chiare su quale debba essere l’approccio strategico europeo. Ancora una volta la soluzione dell’Ue è quella di essere un pagante e non un giocatore (payer and not player). I fondi aggiuntivi che saranno a breve promessi dalla Commissione europea e presentati in un “libro bianco per la difesa” sono destinati soprattutto a due scopi: alla ricerca e sviluppo di nuove armi comuni e al riarmo degli Stati membri. Il primo scopo è giusto e nobile ma un po’ tardivo; dopo decenni di mancata ricerca l’Ue dovrà sforzarsi molto per recuperare il passo con Usa e Cina, anche perché queste tecnologie dovranno portare non solo a una conoscenza localizzata in alcuni Stati ma a uno sviluppo dell’intera base industriale e tecnologica europea. Il secondo scopo va nella direzione di ciò che vogliono i produttori di armi americane, ossia un grande quantitativo di ordini per droni, veicoli o HIMARS dall’Europa di cui beneficerà l’industria d’Oltreoceano. Nessuna delle due soluzioni andrà, purtroppo, ad incidere significativamente sulle capacità reali dei nostri Stati e quindi si dimostrerà, per il fine di un alleggerimento americano in Europa, inutile.

I motivi per il quale gli europei sono e rimarranno dipendenti dalla difesa americana si possono così riassumere: 1) l’assenza di volontà politica di agire gli uni al sostegno degli altri; 2) la carenza di reclute e della volontà politica di arruolarle; 3) l’assenza di una struttura di comando indipendente dagli Usa, che infatti coordinano il quartier generale Nato; 4) la carenza di armi atomiche. Gli investimenti europei non risolveranno nessuno di questi problemi e pertanto, anche se gli Stati Uniti apprezzeranno lo sforzo e i benefici che ne trarranno, la loro presenza rimarrà essenziale. Se un giorno questa presenza dovesse venir meno, gli europei sarebbero impreparati a difendersi e i loro investimenti, anche se si tradurranno in arsenali più nuovi ed efficienti, rimarranno inerti se privi di una testa di coordinamento e di una strategia politica. Quello che serve all’Europa è la costruzione di un pilastro europeo della Nato, sotto la guida politica del suo Segretario generale ma che sia operativa con un supporto minimo degli Stati Uniti. L’Alleanza atlantica dovrebbe prevedere un quartier generale esclusivamente europeo per eseguire missioni militari partecipate solo dagli Stati membri e capace di tradurre in capacità operativa la volontà politica di questi ultimi. Così come ogni missione Nato funziona su base volontaria, così anche questa forza esclusivamente europea dell’Alleanza seguirebbe la stessa ratio, non essendo vincolata da veti e unanimità, come l’attuale Consiglio europeo. Al contempo, si potrebbe garantire una totale sovrapposizione diplomatico-militare tra questa gamba europea della Nato e le strutture deputate alla debole Politica di Sicurezza e Difesa dell’Ue, dando di riflesso maggiore forza politica e negoziale proprio a Bruxelles.

La creazione di un pilastro europeo della Nato, connesso più o meno formalmente all’Ue, avrebbe diversi vantaggi. Da una parte questo rassicurerebbe gli americani sulla volontà europea di sostenere investimenti con reali capacità operative. Dall’altra si rafforzerebbe un senso di solidarietà europea, spingendo gli Stati membri dell’Ue a un maggiore coordinamento e interoperabilità. Questo porterà allo sviluppo di una cultura strategica europea che veda i confini dell’Unione come realmente condivisi e che porti a individuare quali capacità Usa debbano essere sopperite per l’intervento nei diversi scenari di crisi. La costruzione di un pilastro europeo della Nato implica, nell’immediato, creare una capacità di deterrenza nei confronti della Russia e magari riuscire a dispiegare un giorno una missione in Ucraina indipendente dagli Usa (e magari a guida europea e non britannica…). Lo scenario che si delineerebbe è molto simile a ciò che gli Stati Uniti chiedono e auspicano oggi dall’Europa. Il pilastro europeo potrebbe rassicurare non solo Washington ma anche i nostri alleati, come il Giappone e la Corea del Sud, sulla nostra credibilità come attori di sicurezza regionale e, solo allora, in prospettiva globale. L’alternativa ad uno sforzo operativo e alla capacità di agire come europei in scenari di crisi è la minaccia statunitense di disimpegnarsi dalla Nato (vedasi il recente intervento di Elon Musk…), per riportare gli europei a un bagno di realtà e a una politica all’altezza dei tempi che viviamo.

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