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Il populismo del reddito di cittadinanza (di G. Gambino)

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Il reddito di cittadinanza è oggetto di una campagna mediatica volta a demolirlo. Ed è sorprendente che chi oggi dovrebbe porsi come difensore di questo importante strumento sociale (sinistra e sindacati) sia silenzioso e assente. Mentre chi ne fa un gran parlare è la destra, che non perde occasione di elencarne i presunti fallimenti e le ridicole frodi di cui sono pieni i giornali con l’intento di ridurlo a brandelli. Che poi è come dire che per stanare chi non ha diritti sia necessario vietarli anche a chi invece quei diritti li ha. Follia.

E una volta tanto che persino Mario Draghi si schiera dalla parte degli ultimi, e non dei primi, vale la pena ricordare quali siano questi presunti e clamorosi danni che il reddito di cittadinanza avrebbe prodotto in questo ultimo biennio da quando è stato introdotto. Intanto un dato: a fronte di una spesa pari a circa 15 miliardi, i furbetti che se ne sarebbero appropriati ingiustamente ci sono costati poco più dell’1 per cento. Ma questa è solo una parte della mistificazione che viene quotidianamente perpetrata a danno del reddito: l’altra litania, forse più penosa, è quella che descrive gli italiani come dei buoni a nulla capaci solo di oziare (e di lamentarsi). Oppure, insulto forse persino peggiore, quali tutti furbacchioni e ansiosi di truffare lo Stato. Tu chiamalo se vuoi, populismo. Quello vero.

E allora non sorprende affatto se poi, dopo questa narrazione, la maggior parte degli italiani sia a favore della eliminazione del reddito (sondaggio Pagnoncelli per Corriere). Ebbene, davvero credete che esista qualcuno che non abbia voglia di avere un lavoro, una propria dimensione professionale con un contratto solido e stabile che possa garantirgli diritti e doveri, così come recita la nostra Costituzione? Pensate sul serio che esistano italiani che hanno voglia di vivere solo di sussidi a termine? A queste domande, in un qualsiasi dibattito, generalmente si solleva una mano: «Io! Io! Io ho offerto lavoro a un tipo, e tu pensa un po’, quello si è pure rifiutato! Non prendiamoci per i fondelli, questi non hanno voglia di lavorare e il reddito di cittadinanza è lo strumento perfetto. A danno della collettività».

Peccato che chi sposa questa tesi si dimentichi sempre di aggiungere due o tre cose. Come ad esempio che il mercato del lavoro in Italia è morto e sepolto, che non esiste mobilità sociale e che i salari medi, quasi in tutti i settori, sono ben al di sotto del costo reale della vita (altra follia!). Senza considerare poi che si continua ad associare lavoro a reddito, e viceversa, quando invece il primo dovrebbe intanto essere il frutto di politiche volte a incentivare nuove assunzioni e minor costo del lavoro per le imprese, e il secondo un diritto inalienabile per oltre 10 milioni di italiani in povertà. A cui, oltre che coperte e cibo caldo, andrebbe portato anche il modulo per il reddito di cittadinanza. In ballo c’è il futuro della social-democrazia.

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