Ecco perché tassare gli extra profitti delle banche è un errore (di G. Gambino)
Colpire le banche con una tassa al 40% è una misura negativa e persino diseducativa, ben più di quanto la destra abbia detto che lo fosse il reddito di cittadinanza. Colpirne 100 per ottenere indietro nulla, anzi, fare peggio e incattivire gli istituti di credito dinnanzi alle istanze dei cittadini
Colpire le banche con una tassa del 40% sui loro extra profitti del 2023 è una vera sciocchezza che, contrariamente al messaggio che questo Governo voleva far passare, è quanto di più ideologico e sbagliato ci sia.
Sotto molti aspetti, con l’approvazione di una serie di misure varate nell’ultimo Cdm, l’idea di controbilanciare lo smantellamento tout court del Reddito di cittadinanza con una drastica presa di posizione volta a ricavare, da parte dello Stato, fondi extra da “chi ha di più” per finanziare attività a favore di “chi ha di meno” poteva avere senso.
Ma al netto del fatto che l’execution è stata invece pessima, non siamo nemmeno certi che questa fosse l’idea di fondo nel ragionamento di chi ha deciso di applicare la “stangata” sulle banche. Anzi, al contrario, abbiamo già avuto modo di constatare da che parte penda la bilancia di questo governo quanto si tratta di prendere posizioni tra ricchi e poveri.
Il problema però è che la misura, sponsorizzata e annunciata dal vicepremier e ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini, non solo è miope ma rischia di far veramente male, e molto, a tutti: cittadini e imprese insieme. Salvaguardando – se mai – solo e unicamente lo Stato.
Tutt’altro che innocua, l’idea di tassare gli extra profitti delle banche avrebbe anche avuto senso, ad esempio, se tale misura fosse stata applicata in ugual misura ad altre multinazionali e big companies, nei settori che più hanno prodotto utili in questo ultimo anno. Applicare una tassa del 40% sui cosiddetti extra profitti delle banche è iniquo, ingiusto, populista e, peggio, nocivo.
Un danno grosso agli occhi di investitori e, nel lungo termine, anche agli occhi dei cittadini. Un boomerang che si ritorcerà contro gli stessi italiani. Un regalo targato Lega che avrà conseguenze non irrilevanti.
In primo luogo per un motivo ideologico, appunto. Volevano far passare il decreto come una misura popolare; invece è più semplicemente populista.
Volevano fare il regalo di Ferragosto al “popolo del fisco” e mandarlo in vacanza entusiasta per l’approccio muscolare del Governo nei confronti delle Banche, che per definizione nell’immaginario collettivo, agli occhi dei più (e per la verità ancor di più agli occhi di chi promuove decreti simili a questo), sono “speculatrici per definizione”. Ma otterranno esattamente il contrario.
Si potrebbe in effetti obiettare esattamente il contrario: con l’instabilità protagonista in tutti gli ultimi governi, il sistema bancario è ciò che ha reso solido il paese e che, tra mille difficoltà, ha sostenuto il modello sociale e produttivo italiano, con provvedimenti economici e sociali, anche di investimento a favore dei giovani, che sarebbero dovuti essere pertinenza e competenza del Governo, e che invece non lo sono mai stati.
Oltre a ciò, la stangata del governo Meloni sulle banche ha più il sapore di tutto ciò che un governo di centrodestra e liberale non dovrebbe mai fare. Ha il sapore di un paese da terzo mondo. Ha il sapore di Venezuela. Senza stupirsi, poi, se privati e imprese fuggano o cerchino riparo altrove.
Infine, c’è un tema di opportunità. Se tu Governo decidi di tassare le banche devi sapere che queste, nella loro naturale attività, potrebbero irrigidirsi nei confronti dei cittadini in seguito a una misura così drastica e per certi versi inaspettata. Il che vuol dire: maggiore diffidenza nel concedere crediti, difficoltà ad agevolare l’accensione di mutui e via dicendo.
Ecco perché, tutto sommato, è fortemente negativa e persino diseducativa – ben più di quanto la destra abbia detto del reddito di cittadinanza – la misura varata dal Governo per colpire le banche. Colpirne 100 per ottenere indietro nulla, anzi, fare peggio.