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    Top e flop delle regioni nella gestione della pandemia

    Di Barbara Di Giacomo
    Pubblicato il 1 Mag. 2021 alle 15:32 Aggiornato il 1 Mag. 2021 alle 15:33

    Grazie alla ormai famigerata riforma del titolo V della Costituzione, contentino approvato dal governo di centrosinistra nel 2001 per dare una parvenza di autonomia alle Regioni, soprattutto in materia sanitaria, abbiamo toccato con mano l’importanza dei singoli sistemi territoriali e ne abbiamo sperimentato la validità o l’inadeguatezza, anche grazie alle azioni intraprese dai relativi Governatori per arginare la pandemia di Covid.

    Se il Lazio e il Veneto, nonostante la differente appartenenza politica delle figure apicali, guidano la classifica delle Regioni che hanno risposto meglio all’emergenza, sotto parecchi punti di vista, lo dobbiamo all’efficacia di un sistema sanitario solido e non depauperato da privatizzazioni sconsiderate, sul modello americano, portate avanti negli ultimi anni, invece, ad esempio, dalla Regione Lombardia, fanalino di coda nella gestione pandemica, che ora sta cercando di recuperare gli evidenti errori passati, attraverso una campagna di vaccinazione finalmente più ragionata.

    Se il problema principale da affrontare è il collasso degli Ospedali, è ormai chiaro che, oltre alle necessarie chiusure nazionali, che devastano l’economia, è dirimente la gestione domiciliare dei malati di Covid paucisintomatici attraverso i medici di famiglia e la cura dei soggetti più gravi in strutture sanitarie in grado di fornire adeguati strumenti.

    Nel nostro paese è ormai evidente, visto l’elevato numero di decessi in rapporto alla popolazione (siamo al 3 per cento, il Messico è al 9, gli Stati Uniti all’1,8), che qualcosa, in questo senso, non ha funzionato. A più di un anno dall’inizio dell’emergenza, forse è arrivato il momento di mettere in fila tutto quello che è andato storto, per evitare di ripetere gli errori, e tutto quello che invece di buono, abbiamo imparato, grazie alle differenze nella gestione dei governatori regionali e alla preparazione dei relativi sistemi sanitari:

    ZAIA (Veneto):
    Autorevole più che autoritario, nella prima ondata ha azzeccato l’approccio, andando a testare a tappeto, grazie all’intuizione del prof. Crisanti (recentemente querelato proprio dalla Regione, ma questa è un’altra storia), l’intera popolazione di Vo’ Euganeo, uno dei primi focolai italiani, seguendo una linea illuminata. Linea che poi ha perso nella seconda ondata, tornando alle solite lusinghe propagandistiche in salsa leghista. Dopo aver vaccinato più di 1 milione e mezzo di cittadini, il Veneto si prepara ad aprire alle vaccinazioni ai cinquantenni dalla seconda metà di maggio. Voto 7

    ZINGARETTI (Lazio)
    Dopo un inizio incerto a base di aperitivi meneghini, l’ex segretario del PD ha sfruttato al meglio le risorse della Sanità laziale e senza mai cedere alla facile propaganda delle riaperture, ha portato la Regione nel ristretto circolo delle più virtuose nella gestione pandemica. Dal 30 aprile sono partite le prenotazioni per vaccinare i 58enni. Voto 8

    TOTI (Liguria)
    Tra dichiarazioni imbarazzanti sugli anziani non indispensabili all’economia- che tradiscono una linea aperturista ante litteram- e il primo posto per abitanti vaccinati nella classifica delle Regioni, l’ex delfino di Berlusconi sembra lo studente dotato, ma incostante, che passa l’anno per il rotto della cuffia. Voto 6

    EMILIANO (Puglia)
    L’unico, in un paese che si stracciava le vesti contro la DaD, a permettere ai genitori e agli alunni di scegliere se andare a scuola in presenza o no, mentre gli ospedali regionali erano al collasso. E’ stato criticato da tutti per aver fatto l’unica cosa davvero democratica in quest’anno in cui è stato permesso a tutti di dire e fare tutto: dal poter decidere se mettersi la mascherina ad aprile 2020, al volersi vaccinare nel 2021, al non credere all’esistenza del virus, o alla sua pericolosità. Emiliano ha lasciato alle famiglie la scelta di far tornare i ragazzi a scuola in presenza, in un momento drammaticamente delicato. Voto 7

    GIANI (Toscana)
    Il neo Governatore toscano è probabilmente il destinatario del duro attacco di Draghi, in uno dei suoi pochi interventi pubblici, che ha strigliato chi dà la precedenza nelle vaccinazioni agli under 30, piuttosto che agli ottantenni. Con l’ordinanza che ha permesso ad Avvocati e Magistrati di “saltare” la fila, ha, di fatto, messo tutti d’accordo: contro di lui. Voto 4

    BONACCINI (Emilia Romagna)
    Che il restyling piacione del governatore dem non fosse limitato all’utilizzo di un paio di aviator da vista, l’abbiamo capito quando ha iniziato in maniera schizofrenica ad appoggiare la linea aperturista degli avversari di Governo, spingendo per la riapertura degli Stadi in piena seconda ondata. Voto 4

    DE LUCA (Campania)
    Tra boutade a base di lanciafiamme e minacce di procedere con le vaccinazioni per categorie, il rieletto De Luca ha ispirato migliaia di meme, un po’ meno i suoi concittadini, che, attualmente, assistono inermi alla vaccinazione a tappeto degli abitanti di Procida, mentre la campagna per gli over 70 langue nel resto della Regione. Voto 4

    SOLINAS (Sardegna)
    Dopo aver continuato a tenere aperte le discoteche ad agosto inoltrato, nonostante la curva dei contagi iniziasse a salire, per salvare la stagione del Phi Beach e affini, ha concluso in bellezza a marzo 2021, approfittando delle regole da zona bianca in Sardegna, per allargarle ulteriormente, in assenza di una contemporanea campagna vaccinale e di sufficienti strutture sanitarie. Con il risultato ultimo di ripiombare, nel giro di un paio di settimane, nella zona più rossa d’Italia, nonostante numeri non così catastrofici, ma con gli ospedali al collasso. Pessimo. Voto 2

    FONTANA (Lombardia)
    Se si parla di modello Lazio o Veneto per indicare una linea da seguire nella lotta alla pandemia, bisognerebbe parlare della Lombardia come modello da non seguire, ma forse non solo. Fontana, con Gallera prima e con la Moratti dopo, ha inanellato una serie infinita di errori macroscopici, determinati anche dalla gestione sconsiderata delle amministrazioni precedenti (come dimenticare il “celeste” Formigoni) in materia sanitaria, che hanno portato la locomotiva economica italiana ai primi posti nella triste classifica mondiale delle zone con una letalità altissima. Dallo scandalo dei camici, alla mancata zona rossa nella Val Seriana, passando per il fiasco nelle prenotazioni gestite da Aria, (la società fortemente voluta dalla Lega per controllare gli acquisti della Regione), il caso Lombardia deve essere l’esempio da non seguire. Mai. Voto n.c.

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