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    Coronavirus, quei morti che nessuno può salutare, come durante una guerra (di F. Salamida)

    Le bare a Bergamo Credits: Ansa
    Di Fabio Salamida
    Pubblicato il 23 Mar. 2020 alle 09:53

    In questi giorni si parla molto di una delle più tragiche conseguenze della pandemia che stiamo affrontando: l’impossibilità di celebrare i funerali di chi muore infettato dal nemico invisibile. La descrive bene su queste pagine Luca Telese, in un bellissimo articolo che consiglio vivamente di leggere in cui parla della “fine di ogni rapporto tra la società civile e i suoi corpi”.

    La celebrazione dei morti, quel congedo che in alcune località del nostro Meridione passa ancora per lunghe litanie di donne velate ai piedi di bare scoperchiate in cui i defunti giacciono alla vista di parenti e amici che possono guardarlo, sfiorarlo e posare le labbra sul suo corpo per l’ultima volta, o semplicemente per i più comuni riti religiosi e laici che uniscono per il breve tempo di un ricordo collettivo le piccole e grandi comunità che si formano intorno a ognuno di noi, oggi sono negati. I corpi diventano cenere e torneranno, chissà quando, in anonime urne sigillate.

    È qualcosa che non siamo più abituati a vivere da generazioni: qualcosa che ci colpisce e ci fa inorridire “a debita distanza” quando avviene lontano da noi e dalla nostra quotidianità, quando i morti che nessuno può salutare corpi dilaniati dalle bombe in Siria o inghiottiti dal mare a largo delle nostre coste. In questa parte del pianeta l’ultimo momento della storia in cui si è perso il contatto con i corpi di così tanti defunti è stata la Seconda Guerra Mondiale. Ed è un dolore inedito, lacerante, totale: quel morto non è più un tuo caro, è un numero sempre più invisibile man mano che ne arrivano altri a rendere sempre più spaventoso il totale.

    Siamo un popolo che si porta dentro secoli di culture che in noi si sono incontrate e hanno trovato sintesi: persino questo cantare alle finestre e ai balconi per creare un senso di condivisione e di unità è forse figlio di riti più antichi. Esorcizzare la morte salutando per l’ultima volta il corpo di chi ci lascia, indugiare con lo sguardo fino a quando quel coperchio viene chiuso, accompagnare il feretro fino al luogo dove simbolicamente riposerà, È un pezzo della vita di ognuno di noi. Il nemico invisibile a molti ha tolto anche questo.

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