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Home » Opinioni

È tornato il calcio di Berlusconi, speriamo non torni anche la sua politica

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“Ma quante Champions ha vinto Veltroni?”.  In una lontana campagna elettorale Silvio Berlusconi mise in chiaro con il suo avversario che non ci sarebbe stata partita. Lui, Berlusconi, aveva collezionato vittorie in Italia e in Europa, dunque stava un gradino sopra per status e consensi. Berlusconi ha sempre mischiato politica e pallone, pur negando l’evidenza e anzi sottolineando spesso che solo il calcio è una cosa seria. Quando il 23 novembre 1993 decise di entrare in politica e all’ipermercato di Casalecchio di Reno disse che avrebbe scelto Fini sindaco di Roma se avesse votato nella Capitale, il suo pensiero in realtà era ancora turbato da quello che era successo al mattino. Un suo piccolo segreto in una giornata campale. Berlusconi era andato personalmente a cercare il montenegrino Dejan Savicevic, un geniale numero 10 del Milan, che aveva abbandonato furioso l’allenamento. La popolarità dell’uomo che voleva salvare l’Italia dal comunismo, e in realtà voleva solo salvare le sue imprese oberate dai debiti, va di pari passo con il calcio, ma non si tratta solo di elencare scudetti e Coppe.

Il potere dei soldi alimenta altri poteri, con i soldi si può comprare tutto e tutti: i fuoriclasse olandesi, Donadoni soffiato all’Avvocato Agnelli e se serve anche un giudice per aggiustare il Lodo Mondadori. Berlusconi comprende, condivide, strumentalizza gli umori e le passioni di chi lo segue in politica, negli affari, nello sport. Contrariamente a certi altri leader che si ritraggono dalla folla o dal popolo, lui ci si butta, racconta pure le barzellette. Le sue televisioni hanno conquistato gli italiani per anni, purtroppo, figuriamoci se non conosce il modo di comunicare, di farsi ascoltare, di blandire o corrompere chi lo circonda. Quando i tifosi, all’uscita di San Siro, gli si buttavano sul cofano dell’auto urlando la loro ammirazione scomposta e irriferibile, era felice, cosi come quando scendeva trionfante all’Arena di Milano con l’elicottero per il raduno dei suoi ragazzi o stilava il menù da consumare a Milanello, “niente crostate”.

I grandi giornali ironizzavano, alcuni potenti lo guardavano con distacco. Era un po’ quell’aria di sottovalutazione che si respirava in certe redazioni troppo snob e in alcuni ambienti finanziari che lo consideravano un parvenu quando Berlusconi creò Forza Italia, con la rete di vendita di Publitalia, e si presentò agli elettori. «L’Italia è il Paese che amo», eccetera eccetera. Berlusconi entrò a Palazzo Chigi, e ci tornò altre due volte più avanti, mentre il suo Milan, nello stesso anno, vinceva scudetto e Champions League. Ora Berlusconi è ritornato al calcio, è partito dalla serie C e ha portato il Monza nel campionato che conta per la prima volta in un secolo di storia. Per festeggiare ha promesso che “vinceremo lo scudetto e poi andremo in Champions League”. Esagerato. Come credergli? Dove vuole andare con il Monza? Sono ambizioni di un uomo di una certa età che si è pure appisolato all’Arena Garibaldi mentre i suoi gladiatori brianzoli lottavano per superare il Pisa. S’illude di rinnovare antichi successi, pensano in molti. Oppure no, ha qualche possibilità? Villa San Martino ad Arcore dista solo 6 chilometri da Monza, capitale della Brianza, diventata anche la terza squadra di Milano in Serie A con Inter e Milan. La Brianza, con le sue imprese e il suo lavoro di Lissone, Barlassina, Meda, Desio che animano nei prossimi giorni il Salone dell’arredamento e del design, è una specie di piccola Baviera all’interno di una Baviera italiana, cioè la Lombardia. È una zona piena di potenziali Berlusconi, disponibili a dare una mano per far grande la squadra di calcio del territorio.

Qui vive il proprietario di Mediaset, nella Villa delle cene eleganti i cui processi non finiscono mai e dove sono pronti i monumenti funebri per il titolare e gli amici se vorranno riposare in eterno tra queste mura. Qui, infine, è nato Adriano Galliani, senatore di Forza Italia, che con la sua Elettronica Industriale aiutava il neofita della Tv commerciale a rafforzare il segnale, alzava antenne e tirava cavi, come quando decisero di trasmettere in leggera differita il Mundialito, torneo estivo di calcio con blasonati club internazionali, per intaccare il monopolio della Rai. Galliani è oggi alla guida del Monza, dicono che farà fuoco e fiamme per stupire. Il gruppetto dei vecchi amici di Arcore è certamente tenace, speriamo si dedichino solo al calcio e non all’Italia.Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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