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Alitalia ci mette su un 777 per viaggiare distanziati ma all’aeroporto siamo stretti come sardine

Immagine di copertina
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Perché Alitalia fa volare un 777 per andare in Sardegna?

Soldi pubblici in volo, ogni giorno, buttati per mantenere il distanziamento sugli aerei. Ma attenzione: solo in Italia. Nel resto d’Europa no. Siamo gli unici geni che hanno a cuore la salute dei cittadini o i più fessi? Aneddoto. Questa mattina mi sono imbarcato da Fiumicino su un volo per Cagliari: appena ho messo piede a bordo sono stato attraversato da un brivido e ho pensato – per un attimo – di aver commesso un errore madornale. Avevo davanti, infatti, l’inconfondibile arredo con dieci sedili e due corridoi di un Boeing 777, aereo di linea a fusoliera larga, utilizzato abitualmente per il voli a largo raggio.

In un primo momento ho pensato ad uno sbaglio al check in, e mi sono immaginato deportato a New York o a Dubai. Invece non mi ero sbagliato. Non io, almeno. In questi mesi, infatti, nei nostri aeroporti, sta funzionando così: Alitalia (che ha l’obbligo di collegare la Sardegna è la Sicilia per la continuità territoriale) sta mantenendo solo due voli al giorno tra Roma e Cagliari. Per rispondere all’enorme domanda dei passeggeri, dunque, non può usare aerei più piccoli, perché altrimenti sarebbe costretta a far volare la metà dei passeggeri (solo 70 per volta, vi pare possibile?). E l’Alitalia non può far volare 150 persone per volta, perché il distanziamento sociale imposto all’azienda, obbliga una distanza di sicurezza superiore al metro tra passeggero e passeggero.

Bene, direte voi, bisogna adeguarsi alle norme. Peccato, però, che siamo l’unico paese d’Europa a farlo. Possibile? Purtroppo sì. Tutti gli altri paesi, infatti, hanno recepito diversamente le direttive emanate dalle autorità europee in materia di salute e sicurezza aerea: le autorità raccomandano, ma – attenzione – non rendono obbligatorio, il distanziamento sociale in volo, a partire dagli studi che spiegano come il particolare sistema di iperventilazione degli abitacoli rappresenti una difesa naturale rispetto al contagio per aerosol con cui si trasmette il virus.

Questa particolare condizione ambientale, congiunta all’uso delle mascherine, è stata considerata sufficiente. Da tutti? Non dalle autorità competenti nel nostro paese, visto che l’ente volo, in ottemperanza alle direttive del comitato tecnico-scientifico, ha deciso di imporre negli aeromobili uno spazio interpersonale di sicurezza diverso. Per questo motivo, sui 777 il “riempimento” viene garantito con una disposizione “a scacchiera”, con due sedili vuoti tra passeggero e passeggero.

Bene, direte voi: si viaggia più sicuri. Male, aggiungerei, perché questo ha un doppio costo economico: più tasse aeroportuali, e meno voli di collegamento (persino per chi, come Sicilia e Sardegna, deve essere collegato per obbligo di legge, proprio per sopperire ai limiti imposti dalla condizione insulare). Male perché tutto questo accade solo da noi, malgrado la distanza suggerita dal regolamento europeo sia in teoria più alta, fino a un metro e mezzo.

Ed ecco la gabola che rende possibile questo paradosso. Gli altri paesi hanno adottato le regole che si leggono nelle prime linee guida dell’Easa (Agenzia europea per la sicurezza aerea) e dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) per regolare il ritorno ai viaggi in aereo nel Vecchio Continente dopo l’emergenza coronavirus. È vero dunque che nelle 28 pagine del loro articolatissimo documento Easa ed Ecdc portano a 1,5 metri lo spazio minimo tra due soggetti. Ma nello stesso documento scrivono che “dove consentito dal numero di passeggeri, dalla configurazione della cabina e dai requisiti sulla distribuzione dei pesi a bordo” le compagnie aeree “dovrebbero assicurare la distanza fisica” tra i viaggiatori con alcune deroghe di buonsenso.

Ed ecco la prima norma che consente di risparmiare molto spazio: famiglie e individui che viaggiano assieme “possono sedersi uno di fianco all’altro”. Ovvio. Solo già autorizza a recarsi in aeroporto con la loro macchina, seduti uno a fianco all’altro, perché mai dovrebbero distanziarsi in aereo?

Seconda deroga – e questo è il nodo più importante -: se il distanziamento non può essere garantito “per i tassi di riempimento, la posizione dei sedili o altre restrizioni operative”, allora il requisito base “diventa quello della mascherina”. Ed ecco il problema: interpretando in maniera estensiva questa norma, tutte le compagnie aeree europee hanno scelto di adottare (ovviamente) l’obbligo di mascherina e abbattimento del distanziamento sociale. L’Italia, invece, per motivi a dir poco oscuri, interpreta questa norma in maniera restrittiva e prescrive il distanziamento ad un metro (due sedili), anche se si indossa la mascherina.

C’è poi un’altra norma che produce l’effetto 777, e cioè il vincolo ad un numero di voli minimo che la compagnia deve osservare perché i suoi “lungoraggisti” non perdano il brevetto (requisito che le burocrazie celesti, malgrado il Covid, non hanno ancora rimosso). Fino ad ora sono state inutili, purtroppo, le richieste delle compagnie aeree alle autorità governative e sanitarie, con la richiesta (contenuta in una accorata lettera-appello) di consentire almeno gli stessi protocolli adottati dalle loro compagnie concorrenti in tutto il continente. Inutile dire che l’appello per ora è caduto nel vuoto.

La conseguenza per Alitalia – ma anche per tutte le altre compagnie – sono ingenti costi aggiuntivi, e il paradosso di un 777 utilizzato per un tratta di soli 50 minuti: come andare a caccia di zanzare con un bazooka. Una doppia follia per una compagnia che rischia di bruciare un ennesimo prestito ponte di 3 miliardi e che è sostenuta da anni con denaro pubblico. Ecco perché in questo momento, il piccolo caso del volo Roma-Cagliari è una perfetta fotografia del paese. Nessuno si chiede “chi paga”. Mentre dovremmo sapere che ogni centimetro di distanziamento (inutile) che manteniamo – dai ristoranti agli aerei, ai saloni per parrucchiere – ci costa miliardi di euro e 10 punti di Pil. Sarebbe il caso che qualcuno parlasse anche di questo, magari agli Stati generali.

Ps. Ovviamente, per poter arrivare a prendere gli stessi voli, l’ente aeroporti di Roma autorizza file con distanziamento sotto i 50 centimetri agli imbarchi, e autorizza gli stessi passeggeri a sedersi uno al fianco all’altro (distanziamento zero) nelle poltrone dell’aeroporto da cui partono. Quindi sprechiamo un 777 pagato da una azienda in deficit, per fare salire delle persone, che – se il contagio ci fosse davvero – si sarebbero già tutte contaminate prima di salire in questo splendido e distanziato aereo di gittata intercontinentale. Ma questo tema al comitato tecnico scientifico non interessa, perché il distanziamento non sono vere e motivate misure di profilassi, ma solo un (costoso) dogma di fede.

Leggi anche: 1. Con i soldi che il Governo oggi ha dato ad Alitalia potremmo costruire 7.500 posti di terapia intensiva (di E. Serafini) / 2. Nonostante la tragedia del Coronavirus, il Governo dà ad Alitalia quanto dà alla Sanità (di E. Serafini)

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