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Home » Interviste

Omicidio Scopelliti, la figlia del magistrato a TPI: “Mio padre, che rifiutò 5 miliardi di lire, mi ha insegnato che la dignità non è in vendita”

Immagine di copertina
Antonino Scopelliti, procuratore della Cassazione assassinato il 9 agosto 1991

Nuove rivelazioni sull'assassinio del giudice di Cassazione, ucciso in Calabria il 9 agosto 1991, sulla base di un patto tra Cosa Nostra e 'ndrangheta. La figlia Rosanna Scopelliti racconta la ricerca di verità e giustizia della famiglia

“Con il maxiprocesso nelle mani di Antonino Scopelliti, non ci sarebbe stata nessuna fotocopia mancante, nessun errore. Nulla nelle tesi del pool antimafia di Palermo avrebbe vacillato. Papà è stato ucciso perché era così: non veniva temuto per la mediaticità o le doti investigative, ma per la sua conoscenza del diritto”.

Rosanna Scopelliti è la figlia di Antonino Scopelliti, procuratore della Cassazione ucciso in Calabria il 9 agosto 1991. A quasi 28 anni dalla sua morte, la procura di Reggio Calabria è giunta a una svolta nelle indagini sui responsabili di quell’omicidio: dietro l’assassinio di Scopelliti ci sarebbe un’alleanza Cosa Nostra-‘ndrangheta.

Sono 17 le persone che risultano indagate. Tra loro, anche il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, insieme ad altri membri della Cupola siciliana e a esponenti della ‘ndrangheta calabrese.

Scopelliti sarebbe stato ucciso dagli ‘ndranghetisti su richiesta di Totò Riina, che temeva l’esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa nostra. In cambio,

TPI ha intervistato Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato e presidente della Fondazione Antonino Scopelliti.

Cosa pensate delle nuove rivelazioni delle indagini? Di alleanza mafia-‘ndrangheta si parlava già dall’inizio, però finalmente sembra che si sia arrivati a dei risultati.

È sicuramente la conferma di una tesi messa in campo negli anni passati. Sicuramente con il ritrovamento dell’arma del delitto in Sicilia, notizia annunciata ad agosto 2018, qualche certezza in più noi, come familiari, l’abbiamo avuta. Ma c’è ancora molto da fare e da provare. Questo ci dà ancora più speranza nel lavoro che stanno facendo i magistrati della Dda di Reggio Calabria e sul fatto che la morte di mio padre, Antonio Scopelliti, sia inquadrabile nell’ambito di una vicinanza, di un connubio tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra.

Alla luce di quanto rivelato, la vice presidente della commissione antimafia Jole Santelli e il gruppo di Forza Italia ha chiesto al presidente Nicola Morra l’audizione in Commissione della Procura distrettuale di Reggio Calabria.

Sono molto contenta della proposta portata avanti dall’on. Santelli al presidente della Commissione antimafia. Nella scorsa legislatura la presidente Bindi aveva più volte sollecitato su eventuali elementi che riguardassero il caso Scopelliti. Sono felice che ci sia dall’attuale Commissione un particolare interesse. Spero che possano uscire fuori delle certezze, che a noi familiari servono molto.

Sono abbastanza ottimista e, soprattutto in questo momento, è importante che questo caso non cada nel dimenticatoio, come è successo all’indomani dell’omicidio e delle sentenze del primo processo Scopelliti. Avere questo risalto, non solo a livello mediatico, ma soprattutto a livello istituzionale, è un passo avanti.

Le indagini hanno fatto passi avanti anche grazie alle rivelazioni del pentito Maurizio Avola. Voi familiari lo avete mai incontrato? Avete intenzione di farlo?

No, per quanto mi riguarda sono notizie che apprendo dai giornali. Sapevo che i magistrati della Dda stavano lavorando, ma non so nulla di più. Si muove tutto all’interno di un filone d’indagine che loro stanno portando avanti e godono ovviamente del pieno sostegno e fiducia da parte di noi familiari.

Lei ha scritto che suo padre è stato ucciso dopo aver rifiutato “una cifra immensa”. Parla dei 5 miliardi di lire a cui fanno riferimento anche alcuni pentiti?

Sì, è la cifra di cui hanno parlato i pentiti e alla quale faceva riferimento anche il giudice Caponnetto, quando andava nelle scuole a raccontare che prima delle stragi di Falcone e Borsellino c’era stato anche l’omicidio calabrese del giudice Antonino Scopelliti. Parlo anche io oggi di quella cifra, quando incontro i ragazzi per le attività della Fondazione.

Lei aveva appena sette anni all’epoca, quando ha capito il valore di quel rifiuto?

È stata una decisione difficile da comprendere, perché negli occhi di una bambina c’è l’assenza del papà. Sono cresciuta desiderando che mio padre mi accompagnasse a scuola, che fosse severo con i miei fidanzatini, che mi accompagnasse al ballo dei 18 anni.

Sono stati tanti i momenti in cui mi sono chiesta perché l’avesse fatto e quanto ne fosse valsa la pena di quella decisione. Quando ti offrono una cifra del genere non ti lasciano possibilità di scegliere. Significa che accetti quella somma o firmi la tua condanna a morte.

Ho compreso quella decisione quando ho ripercorso la vita di papà e mi sono resa conto che non era solo mio padre: era davvero patrimonio di questo paese. Era una persona che per il diritto, per la legalità e la giustizia aveva sempre immolato la sua vita, anche quando era vivo. Noi vivevamo con misure di sicurezza molto stringenti. Non perché ce le imponessero, ma perché ce le imponeva mio padre, che aveva già visto bambini vittime delle ripercussioni mafiose.

Nel valutare l’intera vita di papà ho capito che non avrebbe fatto nulla di diverso dal rifiutare quei soldi. Ma era anche un insegnamento per me: c’è un bene che non può essere messo in vendita, ed è quello della propria dignità. Non si sarebbe più sentito degno neanche di guardarmi in faccia se avesse pensato anche solo un attimo di lasciarsi avvicinare e cedere a un compromesso.

Papà è stato ucciso perché era così. Non veniva temuto per la mediaticità o le doti investigative. Veniva temuto per la sua conoscenza del diritto. Quando scriveva o diceva qualcosa aveva tutti gli strumenti per portare avanti le sue tesi, con umiltà e con la sensibilità di una persona che sa di non essere infallibile.

In questi anni in cui la vostra famiglia ha lottato per la giustizia vi siete sentiti soli? C’è stato qualcuno che vi ha aiutati?

Per molti anni siamo rimasti soli. L’omicidio è avvenuto contestualmente allo sbarco della nave Vlora al porto di Bari, in un momento in cui la priorità erano i richiedenti asilo che arrivavano dall’Albania, inoltre eravamo a ridosso di Ferragosto.

In quei giorni Giovanni Falcone venne a Reggio Calabria e segnalò la presenza di Cosa Nostra dietro l’omicidio di papà, lo scrisse anche sulla stampa, sottolineando elementi che noi oggi riscontriamo con le notizie delle ultime ore.

Ci saremmo aspettati sicuramente una reazione che in Calabria non c’è stata, nemmeno nel paese di papà, che si è chiuso in un dolore che ha tenuto per sé, senza condividerlo con il resto del paese. Sono passati gli anni e di omicidio Scopelliti non si è più parlato. Non solo della morte del giudice, ma anche e soprattutto durante i processi. Come famiglia abbiamo vissuto un clima di isolamento e solitudine.

Sono contenta che oggi se ne parli di nuovo, perché questo mi offre anche l’occasione di provare soddisfazione per un lavoro che come figlia sono riuscita a costruire negli anni, con la fondazione che porta il nome di papà. Portiamo avanti la sua memoria nelle scuole, con gli studenti, e cerchiamo di mettere in pratica le caratteristiche di mio padre.

Lui era innanzitutto un calabrese, orgoglioso delle sue origini e dei suoi concittadini. Credeva molto nelle potenzialità del suo territorio, e noi cerchiamo di fare lo stesso. Era un magistrato che ci teneva anche al recupero delle persone che sbagliavano, proponeva percorsi di recupero alle persone che mandava in galera, perché non voleva che nessuno rimanesse indietro. Con la fondazione cerchiamo di fare anche questo.

Negli anni, nonostante il fatto che dell’omicidio Scopelliti si parlasse poco e solo da parte di alcuni addetti ai lavori, noi abbiamo avuto la tenacia di portare avanti la memoria di questo uomo e magistrato che ha semplicemente fatto il suo lavoro.

Per questo faceva paura: con il maxiprocesso nelle mani di Antonino Scopelliti, non ci sarebbe stata nessuna fotocopia mancante, nessun errore. Nulla nelle tesi del pool antimafia di Palermo avrebbe vacillato. Quindi lui era davvero un pericolo.

Come mai secondo voi queste verità stanno uscendo fuori solo adesso?

Penso che sia dovuto anche alla tenacia dei magistrati. Non si sono mai persi d’animo nel corso degli anni, nella loro ricerca della verità.

Con Cafiero de Raho alla procura di Reggio Calabria e adesso con Bombardieri e il lavoro incessante del procuratore Lombardo, il lavoro è stato fatto su più ampio raggio. Questo ci ha portato ad allargare il campo e a trovare delle verità che prima c’erano ma non si era trovato il legame con l’omicidio Scopelliti. Forse in questo caso il tempo ha fatto bene.

Ma è chiaro, questa è solo una piccola fiaccola di speranza. Non so dove ci porterà. Spero ci porti alla verità, non quella dei fatti, perché quella la conosco. Vorrei che questa verità fosse stabilita a livello giudiziario. Siamo in attesa, con cauto ottimismo, come si dice in questi casi. Gran parte del lavoro sta ai magistrati e all’impianto che loro hanno in mente.

>> Noi giudici calabresi che allontaniamo i figli dalle famiglie mafiose per stroncare la ‘ndrangheta
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