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La Corte penale internazionale emette un mandato di arresto per Netanyahu e Gallant per crimini di guerra: cosa succede ora

Immagine di copertina
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a destra) e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Credit: CHINE NOUVELLE/SIPA / AGF

Mandato di arresto per Netanyahu: cosa significa e che succede ora

Nella giornata di giovedì 21 novembre la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato d’arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Hamas, Deif, che però si ritiene sia morto in un raid con l’accusa è di “crimini di guerra e contro l’umanità”. Cosa significa? E cosa succede ora? Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Iniziamo col dire che la misura non è strettamente simbolica. Tutti i 124 Stati membri della Corte Penale Internazionale (CPI), infatti, hanno l’obbligo legale di arrestare ed estradare le persone su cui grava un mandato d’arresto emesso dalla Corte. Questo vale anche per il presidente russo Vladimir Putin, destinatario di un mandato d’arresto emesso nel marzo 2023. Tuttavia, finora, tale provvedimento non è stato eseguito. I Paesi che non adempiono ai propri obblighi nei confronti della Cpi possono essere deferiti, ma le sanzioni si riducono, di fatto, a un rimprovero verbale.

 

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Cosa succede ora e quali effetti avrà la sentenza

Il mandato di arresto emesso nei confronti di Netanyahu renderà più difficile gli spostamenti all’estero del primo ministro israeliano. I 124 Stati membri della Corte Penale Internazionale, infatti, sono obbligati a eseguire i mandati di arresto nel momento in cui un ricercato della Corte dovesse entrare nel loro territorio.

Quali sono i Paesi membri della CPI

La Corte Penale Internazionale, come detto, è costituita da 124 Stati membri: 33 dall’Africa, 19 dall’Europa orientale e 25 dall’Europa occidentale e altri Stati quali il Canada.

Tra i Paesi che non fanno parte della CPI ci sono, oltre a Israele stessa, Stati Uniti, Russia e Ucraina. Cina e India non riconoscono la giurisdizione della Corte, così come diversi Paesi del Medio Oriente, tra cui Egitto, Turchia, l’Arabia Saudita, nei quali Netanyahu potrà recarsi liberamente.

Le reazioni alla sentenza

Intanto, il presidente Usa uscente, Joe Biden, ha definito “scandalosa” la sentenza della CPI. “L’emissione di mandati di arresto da parte della CPI contro i leader israeliani è scandalosa. Voglio essere chiaro ancora una volta: qualunque cosa la Cpi possa insinuare, non c’è equivalenza, nessuna, tra Israele e Hamas. Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza” ha dichiarato Biden.

Il neo presidente Usa Donald Trump, che si insedierà a gennaio, secondo i media starebbe valutando sanzioni contro i funzionari della Corte, mentre il premier ungherese Viktor Orban ha invitato Netanyahu a Budapest sottolineando che l’Ungheria non rispetterà la sentenza della CPI. “Oggi inviterò il primo ministro israeliano Netanyahu a visitare l’Ungheria, dove gli garantirò, se verrà, che la sentenza della Corte penale internazionale non avrà alcun effetto in Ungheria e che non ne rispetteremo i termini” ha dichiarato Orban.

Dura la replica di Netanyahu che ha affermato: “Decisione antisemita: moderno processo Dreyfus e finirà così. Niente di più giusto della guerra che conduciamo a Gaza dopo che Hamas ha compiuto il più grande massacro contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto”.

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