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Home » Esteri

Venezuela: cosa si nasconde dietro il blocco di Maduro degli aiuti umanitari Usa lungo il confine con la Colombia

Immagine di copertina
Il ponte Tienditas tra Colombia e Venezuela

A preoccupare Maduro è la nomina ad inviato speciale degli Stati Uniti di Elliot Abrams, nome tristemente noto in America centrale, e il rischio che la storia si ripeta

Gli Stati Uniti, sostenitori del leader dell’opposizione Juan Guaidò, hanno inviato 50 tonnellate di aiuti umanitari in Venezuela attraverso la Colombia. Una volta arrivati al confine, però, hanno trovato la strada sbarrata.

Il presidente Maduro, sempre più contestato ma ancora sostenuto dai militari, non ha accettato la “gentile offerta” degli Usa e ha bloccato il ponte Tienditas, che collega la città colombiana di Cúcuta con Ureña in Venezuela, con due grandi container e un camion.

Secondo molti quotidiani – sia esteri che italiani – il leader chavista si rifiuta di accettare “l’elemosina” degli Stati Uniti, preferendo lasciar morire di fame il suo popolo piuttosto che cedere alle pressioni di Washington.

In realtà la questione è più complessa. Maduro, come scrive la stampa vicina al governo, teme che il presidente americano voglia organizzare un colpo di Stato per mettere a capo del paese Guaidò e impossessarsi così delle risorse petrolifere del Venezuela.

Semplici paranoie di un leader che vede sempre più prossima la fine del suo governo? Forse no.

Il ritorno di Elliot Abrams

A preoccupare Maduro sono principalmente due fattori. Il primo è la nomina ad inviato speciale degli Stati Uniti per il Venezuela di Elliot Abrams, un nome noto in America centrale.

Abrams è lo stesso funzionario che ha cercato di minimizzare il massacro di mille tra uomini, donne e bambini commesso ai tempi dell’amministrazione Reagan dalle milizie al soldo degli Usa in El Salvador.

Ma questo è solo il primo di una lunga lista di macchie (o di meriti, a seconda del punto di vista) sul curriculum di Abrams.

L’attuale inviato speciale ha anche appoggiato il dittatore del Guatemala Rios Montt, le giunte militari in Argentina e Cile e ha contribuito a finanziare di nascosto i ribelli Contra in Nicaragua.

La sua carriera ha subito un arresto nel 1991, quando è stato condannato per aver mentito al Congresso. Nel 1992, però, è stato perdonato da Bush senior e dieci anni dopo è stato nominato consulente speciale per il Medio Oriente.

Leggi anche: Venezuela, cosa pensano i 500mila italiani che vivono nel paese

Adams è stato fin da subito un sostenitore entusiasta dell’invasione dell’Iraq e – casualità che desta più di qualche sospetto – si trovava alla Casa Bianca al momento del fallito colpo di stato del 2002 contro il presidente venezuelano, Hugo Chávez. Secondo il periodico britannico The Observer fu proprio lui a dare il via libera al golpe.

Il ritorno di Abrams in America latina, quindi, non ha fatto che aumentare i timori di Maduro circa un’interferenza militare degli Stati Uniti.

L’appunto di Bolton mostrato “per errore”

Ad impensierire il leader chavista ha contribuito anche una nota che il Consigliere per la sicurezza americana John Bolton ha mostrato “per errore” alle telecamere. Sul suo taccuino si leggeva la frase “50mila soldati in Colombia”.

Un numero di militari troppo esiguo per rovesciare le sorti del Venezuela, ma comunque un dato da non sottovalutare.

Soprattutto se si considera che il presidente Trump e Bolton hanno più volte ricordato che “tutte le opzioni sono sul tavolo” e che vi è una stretta collaborazione tra l’esercito Usa e quello colombiano.

C’è quindi il rischio di un’invasione americana del Venezuela? È improbabile che gli Usa si spingano a tanto, potendo ricorrere come in passato a mezzi ben più sottili per influenzare le sorti del Paese, ma i timori di Maduro non sono poi così infondati.

Di certo a pagare le conseguenze di questo braccio di ferro continuano ad essere i cittadini venezuelani, sia quelli che ancora sono dalla parte di Maduro sia quelli che supportano – per necessità o per convinzione – Juan Guaidò.

Leggi anche: Altro che Venezuela, i veri interessi dell’Italia si chiamano Libia ed Egitto
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