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Di nuovo in piazza

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Riprendono proteste e scontri in Turchia. Questa volta la scintilla è stata la morte di un manifestante ad Hatay

La notte di Lunedì 9 Settembre Ahmet Atakan, 22 anni, ha perso la vita durante una manifestazione a Hatay, nel sud est del Paese. Salgono così a sei le vittime delle proteste che si sono susseguite in Turchia dal mese di Maggio con l’occupazione di Gezi Park a Istanbul.

L’autopsia non avrebbe rivelato la causa del decesso, ma sarebbero solo state accertate delle ferite alla testa. Testimoni oculari che camminavano vicino ad Ahmet dicono di essere stati colpiti da un lacrimogeno e che dopo il dissiparsi del fumo hanno trovato il loro amico a terra con sangue alla testa.

Per i social media e alcuni giornali, Ahmet è morto colpito da un lacrimogeno alla testa. E non è un’ipotesi assurda.

Dall’inizio di Maggio, almeno dieci persone hanno perso un occhio e una persona a Istanbul è rimasta in coma per mesi perché colpiti dai proiettili lacrimogeni. Sempre ad Hatay, nel mese di Giungo, Abdullah Cömert è morto a causa delle ferite alla testa riportate durante una manifestazione.

Nonostante le ripetute critiche da parte dell’Unione Europea e le ammissioni di colpa da parte del governo riguardo all’abuso di violenza delle forze armate, la polizia turca ricorre ancora oggi alle misure repressive di qualche mese fa: lacrimogeni e idranti, usati a distanza troppo ridotta e puntati ad altezza d’uomo.

La manifestazione ad Hatay durante la quale Ahmet ha perso la vita segue la scia delle proteste nazionali riprese recentemente per opporsi alla costruzione di un autostrada che passerà all’interno del parco del Politecnico del Medio Oriente ad Ankara (Ödtu).

La costruzione della strada prevedrebbe la distruzione di una zona boscosa del campus universitario. Non solo gli studenti dell’Ödtu, ma anche attivisti del movimento “Diren” (“Resistenza”) in diverse parti del paese hanno organizzato cortei.

A seguito della morte di Ahmet sono riprese le manifestazioni e gli scontri con la polizia ad Ankara, Istanbul e Eskişehir, mentre in altre città si sono svolte manifestazioni minori. A Istanbul, le camionette della polizia hanno fatto irruzione nella strada pedonale e affollata di Istiklal, mentre i manifestanti hanno costruito barricate nelle strade secondarie per cercare di fermarle. Tra gli striscioni dei cortei, uno che ironizza tristemente su una frase ricorrente nei discorsi del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan (che ama ripetere «Noi sappiamo bene come…»): «Voi sì che sapete bene come uccidere».

Purtroppo gli incidenti mortali durante le manifestazioni e la repressione della polizia rischiano di portare gli attivisti a livelli di frustrazione e rabbia tali da aumentare gli episodi di vandalismo e gli attacchi contro le forze dell’ordine.

Intanto nel quartiere conservatore di Tophane a Istanbul continuano a verificarsi scontri tra gli abitanti e i manifestanti, come già era successo in estate. Il paese sembra aver scoperto delle rivalità sotterranee, esplose solo recentemente, anche perché incoraggiate e sfruttate dai politici. Risale solo a giugno la dichiarazione del primo ministro turco: “Mi costa fatica tenere a bada il nostro 50 per cento (di Turchi)”. Suona molto come una minaccia.

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