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    Pakistan, medici picchiati brutalmente dalla polizia per aver protestato contro la mancanza di DPI

    Credits: Twitter
    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 10 Apr. 2020 alle 16:39 Aggiornato il 11 Apr. 2020 alle 11:25

    Coronavirus, medici picchiati dalla polizia in Pakistan

    In Pakistan i medici del Balochistan, regione epicentro del virus, hanno denunciato una situazione “deplorevole” nella gestione dell’epidemia di Coronavirus, che semplicemente “non si può curare”. E la polizia ha represso brutalmente le rivolte esplose per le condizioni di lavoro negli ospedali. Un medico che ha preso parte a un sit-in organizzato per protestare contro la mancanza di dispositivi di protezione individuale, Amanullah, ha dichiarato al Guardian di essere stato “picchiato e umiliato” dalla polizia.

    “All’inizio, ho pensato: ‘Come può la polizia usare la violenza contro chi combatte il Codiv-19 in prima linea, quella stessa polizia che giorni fa ci ha ringraziato per come stavamo gestendo l’emergenza?’. Ma mi sbagliavo, siamo stati trascinati per strada, scaraventati nelle camionette”, ha detto il medico, intervistato nella stazione di polizia dove è stato condotto dagli agenti. Amanullah è solo uno dei 60 operatori sanitari arrestati tra la notte di lunedì 6 e martedì 7 aprile dopo il sit-in di protesta a Quetta. Mentre nel suo ospedale, racconta, 16 medici sono già risultati positivi al Covid-19.

    Doctors and medical staff in Pakistan were beaten by police while protesting the lack of personal protective equipment available to them to safely treat coronavirus patients pic.twitter.com/TkkC9d9Dro

    Dall’inizio dell’epidemia in Pakistan sono stati registrati in tutto 4mila casi di Coronavirus, ma il tasso di tamponi effettuati è molto basso, e i dottori credono che i dati reali siano molto più alti. “Non abbiamo idea del numero di pazienti che abbiamo infettato o che saranno contagiati, siamo sotto stress, siamo traumatizzati”, ha continuato il medico. “Per questo abbiamo deciso di protestare e chiedere le protezioni: non solo per noi stessi ma per i pazienti, per salvare più vite”. Il numero di ventilatori negli ospedali del Balochistan è pari a 19.

    Younas Elahi, un dottore che lavora in un ospedale a Quetta, ha detto che per gli operatori che lavorano nella regione trattare i pazienti equivale al suicidio. Per questo alcuni hanno deciso di smettere di lavorare. “Siamo vulnerabili e disperati, i pazienti ci chiedono aiuto, ci chiedono di curarli, ma noi non possiamo toccarli. Credo che l’epidemia sia semplicemente incurabile in Balochistan”.

    Il governo, dal canto suo, ha accusato i medici di non aver saputo utilizzare le protezioni in modo adeguato, e le istituzioni locali di averle mal distribuite. “Il governo federale ha consegnato almeno il triplo del materiale richiesto, ma la gestione irrazionale ha fatto sì che raggiungessero le persone sbagliate”. Dal 2010 il potere esecutivo sulla sanità pubblica in Pakistan è stato devoluto ai governi regionali, dove i fondi sono stati tagliati e c’è stata una gestione confusionaria delle risorse, motivo per cui adesso ogni regione ha standard diversi di assistenza sanitaria. E da quando l’epidemia di Coronavirus è esplosa, anche nel Paese asiatico è iniziato un rimpallo di responsabilità tra governo centrale e amministrazioni locali sulla gestione dell’emergenza.

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